Capitolo 2

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GWEN POV

Sole.

È il mio primo pensiero questa mattina e mi induce a svegliarmi con il cuore che mi batte all'impazzata nel petto.

Ho avuto di nuovo lo stesso incubo, quello che mi tormenta da anni ma che non riesco a spiegarmi.

In quell'orribile stato fra il sonno e la veglia mi accascio per terra e sento qualcuno chiamarmi con voce attutita come se fra me e il mio interlocutore ci fosse una parete di vetro. Qualcuno mi afferra i polsi e quando tiro su il viso mi ritrovo davanti il volto di un ragazzo scheletrico.

L'incubo si interrompe lì e non va mai avanti rendendomi le notti insonni.

Prima di andare a letto, dopo un'estenuante litigata con mio padre, avevo lasciato le tende tirate e adesso la luce invade la stanza.

Mi passo una mano sul viso e mi alzo in piedi.

Il pavimento è freddo.

<<Cazzo!>> sbotto <<Dove sono le ciabatte?!>>

Rimango a saltellare da un piede all'altro mentre frugo sotto il letto con scarsi risultati.

<<Oh, al diavolo.>>sussurro.

Mi infilo un paio di Jeans, i miei amati stivali neri massicci e una felpa dello stesso colore.

Provo a legarmi i capelli, neri pure quelli, ma alla fine ci rinuncio, lasciandoli sciolti sulle spalle. Qualche mese fa ho tinto le punte di azzurro e adesso il colore sta lentamente scurendosi al blu.

Mi volto verso il comodino per prendere le sigarette ma non ve n'è traccia.

Apro tutti i cassetti spostando album da disegno e vecchie fotografie ma sembrano essersi volatilizzate.

<<Le avrà prese Isabelle.>> penso. <<Dovrò prepararmi psicologicamente ad un'altra bella strigliata da parte del mio adorato padre.>>

Scendo piano le scale cercando di non fare rumore per non svegliare nessuno, afferro le chiavi dal gancio vicino alla porta ed esco richiudendomela lentamente alle spalle.

Rimango ad osservare le villette davanti a casa mia con sguardo critico.

Sono tutte perfettamente uguali, con il giardino curato alla perfezione e la cassetta della posta appena lucidata.

Tutte tranne quella dei miei vicini, dove le erbacce crescono rigogliose come se non venissero curate da anni.

Un corvo nero come la pece è appollaiato sull'unico albero del loro giardino, un vecchio tronco contorto con i rami che toccano terra.

È un esemplare fantastico, con le piume lucide e gli occhietti come capocchie di spillo.

Non resisto alla tentazione e mi avvicino per osservarlo meglio.

<<Bello vero?>>

La voce proviene da dietro le mie spalle e mi fa voltare di scatto.

Davanti a me c'è il vicino.

<<Ti ho spaventato?>> chiede, inclinando la testa di lato in una sorta di muta domanda.

<<No, cioè... Forse si, un po'.>> ammetto.

Lui ride, facendo un passo per mettersi al mio fianco. Allunga una mano e il corvo spicca il volo.

Fa un giro sopra le nostre teste e poi va a posarsi sulla spalla del ragazzo.

<<Si chiama Marethyu, forse ti sembrerà un tantino macabro ma significa "morte".>>

L'uccello gracchia in risposta e si arruffa le piume con la testa.

<<Comunque mi chiamo Tate.>> riprende lui.

<<Io Gwen, piacere.>>

Mi fa un sorrisetto con l'angolo della bocca.

È carino in quel suo modo di fare.

Ha i capelli biondissimi, quasi bianchi, e gli occhi di un nocciola ambrato sorprendente.

<<Che c'è?>>

<<Niente, è solo che ho la mania di fissare in modo inconcepibile la gente che non conosco.>>

<<Anche io, di solito. Ma ti ho già guardato abbastanza ieri sera e non ne ho bisogno adesso.>>

Inarco un sopracciglio ma tengo la bocca chiusa.

<<Ti piacerà questo posto.>> dice lui alla fine. <<Nemmeno la scuola è tanto male. I professori sono severi e probabilmente ce l'avranno con te perché cominci le lezioni con due settimane di ritardo, ma in compenso c'è una buona compagnia.>>

<<Sono solo quattordici giorni.>> sbuffo.

<<Quattordici giorni in cui avresti potuto studiare anatomia.>>

<<Anatomia?>> chiedo.

<<Si, io la faccio perché ho scelto un percorso di specializzazione di tipo scientifico, non so cosa hai scelto tu.>>

<<Psicologia.>>

<<Allora sei salva.>>

Scoppiamo a ridere, mentre il corvo sbatte le ali apparentemente infastidito.

<<Gwen?>> la voce di Isabelle.

Ha sporto la testa fuori dalla porta di casa, i capelli biondi che gli svolazzano appena mossi dal vento.

<<È pronta la colazione.>>

Mi lancia un'ultima occhiata prima di rientrare.

<<Scusa Tate, devo entrare.>>

<<Ci si vede.>> dice lui.

Lo saluto con la mano mentre entro in casa. L'odore dei Pancake appena sfornati invade l'ingresso con il suo profumo dolciastro.

TATE POV

Guardo Gwen chiudersi la porta alle spalle e poi rimetto Marethyu sul ramo. L'uccello schiocca il becco un paio di volte prima di infilarsi la testa sotto l'ala.

Mi passo una mano fra i capelli incasinandoli ancora di più mentre tiro fuori il telefono.

<<Pronto?>> chiedo.

<<Tate sei tu?>>

<<Si, sono io. Ho due notizie: una buona e una cattiva.>>

<<Dimmi subito la buona.>>

<<La ragazza è quella giusta.>>

Sento l'uomo all'altro capo del cellulare tirare un sospiro di sollievo.

<<Dio.>> sussurra <<Per fortuna. Siamo rimasti così in pochi...>>

C'è una nota di rimpianto nella sua voce rotta.

<<E la cattiva?>>

<<Ha visto il corvo.>> rispondo.

A/N

Ta-ta-ta-taaaaan!

Eheheheh, vi lascio in sospeso senza dirvi niente così rimanete un po' sulle spine e vi cresce la curiosità per il prossimo capitolo u.u

Volevo specificare che per il personaggio di Tate mi sono ispirata a Evan Peters che in American Horror Story si chiama proprio così (amo quel nome), mentre per Gwen non ho preso spunto da nessuno perché non ho trovato una sola persona che la rispecchiasse al 100%.

Perciò immaginatevela come vi pare per ora.

Posterò presto il prossimo capitolo, promesso <3

Continuate a votare e commentare♡

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