Capitolo 5

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Marc si alza e la blocca. "Aspetta" e le circonda il polso con le sue dita. Silvia lo guarda. Ha uno sguardo gelido, uno sguardo che probabilmente stavolta non riesce a mascherare del tutto la delusione per le parole dette poco prima. Forse sì, doveva avere più tatto, ma ormai non può tornare indietro. La attira a sé con tutta la dolcezza di cui è capace. Lei rimane ferma, con le braccia lungo il corpo. Decide allora di invitarla a riaccomodarsi.

"Scusami", le prende le mani fra le sue e lascia un bacio leggero sul dorso. "Non mi ero immaginato una cosa del genere". Poi smette di guardarla negli occhi, e guarda di fronte a sé un punto imprecisato. "Riflettendoci bene, cioè Io non sono uno specialista in questo campo ma faccio un ragionamento logico. Perché imbottirti di queste schifezze?". Silvia lo fulmina con gli occhi. Ogni tanto qualche lampo si fa notare. Come si permette di dire una cosa così quando quelle gocce sono l'unico modo per cercare di andare avanti? Si divincola da lui. Marc cerca di spiegarsi meglio. "Intendo: curarti con gli psicofarmaci deve essere un supporto, non la base della tua vita. Tu devi cercare te stessa e non mi dire che sei una delle tante, una irrilevante perché so che non è così", fermando lei già pronta a ribattere. "Io voglio provarci. Trasferisciti qui, da me." I loro occhi in quel momento parlano chiaro: quelli di lei sono stupiti perché, sì, l'intenzione di vivere da sola in Italia c'era ma, appunto, sola; quelli di lui carichi di sfida, carichi ancora una volta di tentare il tutto per tutto come fosse l'ultima gara per vincere il titolo mondiale. "Perché vuoi soffrire ancora? Incomincia da te per una volta e lasciati andare." Silvia, seduta, guarda i suoi stessi piedi. Marc si sposta sempre più vicino a lei, riprendendole le mani. "Amore, fidati di me. Lascia che insieme costruiamo qualcosa di bello."

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