Prologo

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Vi siete mai sentiti impotenti avanti a determinate situazioni? Come se ciò che faceste in un certo qual modo agli occhi degli altri sembrerebbe un vero e proprio disastro?
Esistono persone al mondo il quale scopo molto spesso è ricordarti il tuo ruolo, e nella vita o sei qualcuno o non sei nessuno.
Esistono persone che hanno l'abilità di buttarti giù con nulla, di trasformare una giornata apparentemente perfetta in un totale incubo.
Persone che cercano di esserti vicine sempre ma che poi, una volta che non servi più, ti buttano come se fossi un oggetto.
Ma esistono anche persone pronte a tenderti una mano per rialzarti ogni qualvolta che qualcuno ti butta giù, ogni qualvolta tu ne abbia davvero bisogno.
Perché infondo non è bello essere soli,perché infondo abbiamo tutti bisogno di qualcuno al nostro fianco,perché la solitudine riesce a darti alla testa, riesce a distruggerti dentro e, per quanto tu voglia rimanere sola non è mai ciò che vuoi davvero.
Il calore di un abbraccio, il sapore di un bacio, il suono di parole dolci sussurrate nell'orecchio per non essere sentite da orecchie indiscrete.
Spesso la solitudine non compensa tutto questo, non compensa l'affetto anzi, ti reprime dal volerlo.

Improvvisamente la finestra del soggiorno di casa era diventata interessante, come se fosse l'unica cosa presente da poter guardare in questa casa.

"Sei solo una puttana".
Aveva detto tirandomi uno schiaffo sulla guancia.
E infondo era come mi sentivo, mi sentivo una puttana, sporca, usata.
Mi sentivo un dannato oggetto nelle mani di un bambino che non sapeva maneggiarlo e che, nel provarci, finiva col distruggerlo.

"Stiamo insieme da un anno e non hai ancora capito di non avere diritto di parola".
Aveva urlato ancora, e urlava, urlava davvero troppo.Dava di matto forse troppe volte ma stavolta, stavolta la situazione si era messa male.
Non aveva mai alzato le mani su di me, non l'aveva mai fatto.
Non era mai arrivato a tutto ciò.

"Sei una puttana".
Aveva urlato ancora colpendomi nuovamente al viso, forse un po' troppo forte ma aveva colpito.
Colpito non solo fuori ma anche dentro.
Sentivo il cuore pompare velocemente il sangue e gli occhi pizzicare nel tentativo subdolo di non scoppiare a piangere come una scolaretta.

"Ti piace usare la bocca? Usala per far qualcosa di buono, puttana".
Aveva detto costringendomi a farlo ,a farlo con lui, a perdere la mia verginità con lui, in quel modo così brutale che quasi mi vergognavo.
La mia prima volta non sarebbe dovuta essere così, non sarebbe dovuta essere con lui.

"Sei tu il problema di questa coppia".
E forse aveva ragione, forse avevo sbagliato io fin dal primo momento.

"Mi chiedo ancora come io faccia a stare con una come te".
Aveva urlato buttando a terra un vaso poco distante.

"Corinne".
mi sentii chiamare ma il suono arrivò del tutto ovattato alle mie orecchie.
Il mio sguardo era del tutto perso nel vuoto, i miei occhi erano tremendamente spenti, il sorriso sul mio viso era venuto a mancare e le gambe tremavano come foglie in autunno.

"Corinne".
Ancora, ancora il mio nome arrivò ovattato alle mie orecchie.
Mi portai entrambe le mani fra i capelli stringendoli appena fra le dita, soffocai un singhiozzo ma non piansi.

"Corinne".
Aveva detto stavolta un po' più forte, forse per farmi ascoltare, per attirare la mia attenzione.
E così fu.
Lo guardai, incontrai i suoi occhi azzurri ma non parlai, mi limitai a guardarlo con occhi spenti, privi di vitalità.

"Fai schifo a scopare".
Continuavo a sentire la sua voce nella testa, la sua voce che mi ricordava quanto fossi sottoposta a lui, quanto io fossi una pedina del suo gioco.

"Corinne".
Ma la mia attenzione era rivolta in un punto indefinito del muro alle sue spalle.

"Dimmi che mi ami,piccola".
Aveva detto con disprezzo ma glielo dissi.
Il problema in quel momento fu solo uno: la mia voce.
Il "ti amo" dalla mia bocca uscì come se fosse una domanda che cercava risposta.
Fu così che mi colpì nuovamente,stavolta non sul viso, si sarebbe visto troppo, ma alle gambe.

"La prossima volta dillo con più convinzione".
E così dicendo mi aveva letteralmente sbattuta fuori da casa sua, trattandomi come il suo solito oggetto, come se fossi la sua bambola.
Mi aveva trattata come non aveva mai fatto.
Mi aveva mostrato la sua vera faccia.
Mi aveva marchiata nonostante io non volessi.

"Corinne".
Ed ancora il mio nome arrivò ovattato alle mie orecchie.
Sentii le sue mani sul mio corpo, ma non mi irrigidii.
Lui non era il mio ragazzo, lui non mi avrebbe sfiorata neanche con un dito se non per stringermi forte fra le sue braccia.

Mi guardai il corpo, i lividi mi coprivano per metà, le braccia violacee non riuscivo a guardarle senza che conati di vomito potessero risalirmi per la gola, sentivo le gambe arrossate cedere ma non vi diedi importanza.

La mia mente vagava senza sosta fra i ricordi, i ricordi del pomeriggio stesso, i ricordi che bruciavano sulla mia pelle.

"Corinne".
Sentii ancora, stavolta con più lucidità.
Guardai nei suoi occhi, nelle sue pozze azzurre così simili alle mie.
Mi accolse tra le sue braccia stringendomi più che poteva.

"Sei una nullità".
Ed ancora la sua voce interrompeva i miei momenti di pace.
Ma cos'era la pace?
Cos'è la pace dovendo sottostare ad un ragazzo che neanche ti permette di uscire più con le tue amiche?
Cos'è la pace dovendo sottostare ad un ragazzo che ti impedisce di indossare vestiti e vuole addirittura farti lasciare le cheerleader solamente per gli "sguardi" che ti riserva la gente?
Cos'è la pace nella mia vita se devo sottostare a lui?

"Corinne".
E stavolta risposi, non a parole, ormai neanche parlavo più, annuii semplicemente stringendomi fra le braccia di mio fratello William.

"Lo vedi questo?la prossima volta avrai il privilegio di sentirlo sulla tua pelle".
Aveva detto indicando il coltellino poggiato sul tavolo.

Deglutii a fatica a quel ricordo, strinsi le mie esili braccia attorno al torace di mio fratello e affondai la testa sul suo petto.
Avevo reagito.

"Corinne".
E stavolta trovai il coraggio.
Stravolta risposi con la consapevolezza di non poter dire nulla.
"Sto bene Will." Avevo semplicemente detto.

"Non c'è niente di cui preoccuparsi" ennesima bugia.

Perché infondo non c'era nulla che lui potesse fare.
Perché infondo la mia vita era diventata un disastro nel momento in cui avevo iniziato a smettere di lottare.

Ehi belli
Come state?io spero bene!
Non chiedetemi perché ho scelto di scrivere questa storia,più che altro fermatevi a riflettere sul significato che io voglio darle.
Tratterà di tematiche abbastanza complicate,su cui vorrei che riflettesse.
Sia chiaro,non scrivo una storia del genere per le visualizzazioni ma per far fermare la gente a riflettere sul verso significato dell'amore.

Ed anche se io personalmente non credo all'amore,spero che voi lo facciate sempre.

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