Prologo

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Irlanda, 1864
 
Quella non era la prima volta che Brianna entrava di soppiatto nelle scuderie. Tendenzialmente, lo faceva per sfuggire alle attenzioni indesiderate di Richard, suo fratello maggiore, per cui il legame di sangue non era mai stato un problema. Più di una volta aveva cercato di costringerla ad aprire le gambe, e lei si era sempre difesa come suo padre le aveva insegnato. Non importava che fosse suo fratello; lei mirava sempre laggiù, con l'intento di fargli male, con l’intento di dissuaderlo. Non era giusto, era contro natura.

Brianna era riuscita a preservare la sua innocenza per molto tempo, almeno fino a quando non aveva compiuto diciassette anni e uno dei bastardi di suo padre, dispersi quasi ovunque tra l'Irlanda e la Scozia, non aveva deciso che era ormai troppo grande per non aver mai conosciuto un uomo. E così, nel giorno del suo compleanno, a Brianna Walsh era stata strappata la verginità contro il suo volere.

Erano trascorsi quattro anni, ma riusciva ancora a sentire su di sé le mani callose di quel ragazzo di cui non ricordava più il nome, la sua foga nel toglierle la sottoveste, un ginocchio che si insinuava tra le sue cosce per forzarla ad allargarle.  
Aveva versato molte lacrime dopo quel momento, ma non ne aveva mai fatto parola con nessuno. Aveva abbandonato anche l'idea di contrarre un matrimonio.
Chi mai l'avrebbe sposata se non possedeva più alcuna purezza?

Brianna non viveva più con l'intenzione di avere dei figli, una famiglia. Adesso, viveva semplicemente per un solo scopo: accumulare denaro per fuggire dall'Irlanda e costruire una nuova vita altrove.
Magari avrebbe trovato lavoro come istitutrice, o come dama di compagnia. Non le importava del modo, avrebbe fatto qualunque cosa pur di andarsene. Per questo, aveva scelto la via più semplice per arricchirsi: lavorare in un bordello.
In quel bordello, una volta, aveva lavorato anche sua nonna Olivia prima che si chiudesse in un convento e facesse perdere ogni traccia di sé eccetto per un figlio.
O meglio, una figlia. Sua madre.
Una madre a cui ormai, di lei, non importava più nulla.
 
Si toccò la spilla di rame che teneva agganciata tra i capelli e sospirò. Quei capelli erano un regalo di suo padre, rossi come il fuoco, come l'inferno. La spilla, invece, era stata un dono di Nana, la cuoca della casa che stava per abbandonare.
–Ti porterà fortuna ovunque andrai– le aveva detto un po' di anni prima.

Una settimana dopo, Brianna era stata stuprata, ma aveva scelto di tenere quell'oggetto come ultimo ricordo di Nana.

Si sistemò al meglio la spilla, verificò che il suo pugnale d'argento fosse dove l'aveva lasciato, all'interno del corpetto, e prese un profondo respiro. Un'altra notte stava per cominciare.
 
–Buonasera, Ferit– sussurrò rivolta al suo purosangue che scrollò l'enorme testa mentre lei cominciava a sellarlo.
–Andiamo a lavorare.

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