1. Giuramento

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Sussex, Autunno 1864


Gilbert Morgan non voleva diventare duca. E invece stava lì, davanti alla tomba di suo padre, mentre il reverendo Jamie sciorinava quelle parole di commiato e di addio che nessuno avrebbe mai voluto sentire. Sapeva che da quel momento in poi tutto sarebbe cambiato.

Era un cupo pomeriggio di novembre. Il vento si era alzato da poco e il cielo si era appena schiarito, e quella almeno era una benedizione. Aveva piovuto per dieci giorni di seguito. Anche il giorno in cui gli era stata spedita una missiva dall'Irlanda, che riportava la morte del duca di Morgan, e Gil era partito per riportare indietro il corpo aveva piovuto.
Il modo in cui Christopher Morgan era morto era surreale. Nessuno aveva saputo chi fosse stato il mittente di quella lettera, senza una firma, un sigillo. Recitava solo le circostanze in cui la morte era avvenuta.

A quanto pareva, Christopher Morgan era stato ritrovato con il collo spezzato e almeno una decina di pugnalate tra le scapole e le reni. Il suo volto, semisepolto dal fango, era irriconoscibile. Era subito apparso chiaro che si trattava di un omicidio.

Gil, in quel momento, non riusciva a far altro che guardare la tomba, e far slittare lo sguardo da sua madre alle sue sorelle, entrambe accompagnate dai mariti.
Il dolore negli occhi di Juliet Palmer si sarebbe potuto tagliare col coltello. Non piangeva più, ma grosse borse scure le circondavano gli occhi stanchi, la schiena non più dritta si incurvava in avanti come se non potesse più reggere il peso della morte di suo marito. Per quanto avesse cercato di nasconderlo, Gil l'aveva sentita gemere e piangere nei due giorni precedenti. Lui era rimasto immobile con un pugno premuto contro la porta della camera dei suoi genitori, senza reprimere il pianto, perché quale utilità avrebbe avuto? Non poteva fare niente.
Nessuno poteva fare qualcosa.

Tuttavia, percepire sul cuore il proprio dolore unito a quello di sua madre era equiparabile a una pugnalata al petto. Ricordava di aver pensato che non c'era più alcun futuro per loro, ma poi il raziocinio era tornato e Gil aveva compreso che sua madre in quel momento aveva bisogno di lui, come suo figlio aveva bisogno di lei.

Quel giorno Juliet indossava un abito nero che le copriva i piedi, i capelli raccolti in una crocchia austera, il viso celato da un velo del medesimo colore dell'abito. Anche Amanda e Abigail, le sue sorelle, erano vestite di nero e stavano accanto alla madre. A differenza sua, loro non avevano mai smesso di piangere.
Solo Juliet sembrava sopportare in silenzio, perché forse, ormai, non aveva più lacrime da versare. Gil sapeva quanto i suoi genitori si fossero amati, quanto quel tipo di amore avesse superato barriere e ostacoli, perdite e rimpianti, e ora temeva che sua madre non sarebbe riuscita ad andare avanti senza Christopher.
Tuttavia, sapeva anche di avere una madre forte, come lo erano poche donne. Gil credeva in lei come non aveva mai creduto in nessuno, nemmeno in se stesso.

Dall'altra parte della fossa scavata, Gil cercò lo sguardo di Juliet. Continuava a tenerlo abbassato, ma poi, come se l'avesse percepito su di sé, Juliet sollevò la testa e incontrò i suoi occhi.
'Ce la faremo' mimò Gil con le labbra e le lacrime che minacciavano disperatamente di scivolargli sulle guance. 'Troverò chi gli ha fatto questo, madre. E gliela farò pagare.'

Le labbra di Juliet fremettero dal pianto, ma anche quella volta non vacillò, non diede sfogo al dolore davanti al resto dei presenti al funerale.
Una duchessa non poteva mostrarsi fragile agli occhi degli altri.
Lo fissò a lungo e il suo sguardo sembrò voler dire: 'so che lo farai, ma non è la cosa giusta. La vendetta non lo è mai.'
Gil sapeva che aveva ragione, ma quello di suo padre era stato un assassinio. E se c'era una persona al mondo che non meritava quella fine, era Christopher Morgan.

Easton, uno degli inservienti più fidati di Gil, gli si avvicinò mestamente. -Vogliono che sia vendicato.
-Chi?
-Tutti loro, milord- rispose lui a fior di labbra. -Tutti noi- si corresse dopo un attimo di silenzio. -Non meritava di morire così. Era... era un uomo meraviglioso.

Era stato un padre meraviglioso. Gil lo sapeva. Ricordò tutti i momenti che avevano trascorso insieme, le prime cavalcate, le prime volte che Gil si era sfogato sugli amori occasionali che aveva avuto, perché l'amore vero non l'aveva ancora conosciuto, e Christopher gli parlava sempre di Juliet, di come l'aveva conosciuta, di quante ne avessero passate prima di poter essere felici e vivere un amore che era andato oltre ogni confine. Gil sorrideva sempre, fin dal momento in cui aveva iniziato a comprendere che l'amore vero esisteva anche se lui ancora non l'aveva conosciuto. Ricordò il sorriso di suo padre, gli occhi lucidi quando parlava di sua madre, quando parlava dei suoi figli.

E in quel momento, senza rendersene conto, arrivò la rabbia che sormontò il dolore, che gli chiuse la gola con un groppo più importante di quello che gli avevano provocato le lacrime. Strinse i pugni lungo i fianchi e irrigidì la schiena.
Incontrò di nuovo lo sguardo di sua madre e il cuore gli si incrinò come se vi fosse stata appena inferta una ferita tagliente.
-Lo vendicherò, Easton.

Poi, mentre la bara veniva calata nella fossa, perché era stato così che Christopher Morgan aveva voluto, chiuse gli occhi. -Ve lo giuro sulla sua tomba, madre mia- sussurrò in direzione di Juliet.
E sapeva che lei lo aveva sentito.

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