Il concerto è appena finito e mi dirigo verso il camerino. Cerco di non accelerare il passo ma è impossibile. Alcune persone mi riconoscono e mi chiamano ma non presto loro attenzione. Vedo Nanà al di là della sicurezza, le faccio un cenno e lei dà indicazione di farmi passare. In un attimo mi ritrovo dentro al camerino con tutti gli occhi puntati su di me. Guardo anche io alla ricerca degli unici occhi che mi interessano ma ne trovo un altro paio, nero, che mi fissa. Mi guarda con aria di sfida e odio. Non abbasso lo sguardo, accetto la sfida, non ho più paura, o almeno non di questo. Una frazione di secondo lunga minuti. Poi, superato il momento iniziale, tutti vengono da me a salutarmi lasciando praticamente da solo, dall'altra parte della stanza, quel paio di occhi neri. Tutto è frenetico, tutti mi chiedono come sto e mi dimostrano il loro affetto. Respiro e tutto ha il sapore di casa.
Qualcuno mi prende la mano e mi trascina via. È di nuovo Nanà. Mi fa cenno di seguirla.
"È qui" bussa e mi lascia da sola davanti alla porta. Non sento niente dall'altra parte. Mi sistemo i capelli, respiro e entro.
Chiudo la porta alle mie spalle e lascio il mondo fuori. Lei si gira, mi vede e mi viene incontro.
Le vado incontro anche io. Ci fermiamo a pochi centimetri di distanza, occhi negli occhi. Il suo volto è teso, così come il mio. Lei mi prende la mano per darmi forza e per farsi forza ma io ancora non ce la faccio. Vede i miei occhi tristi. Mi mette una mano sui fianchi e mi tira a sé.
"Ciao" ed è come un sospiro. È dovuta andare molto in fondo per riuscire a tirarlo fuori e quello che ne è uscito è un ciao appena sussurrato.
Con una mano le accarezzo il viso. Sento sotto le mie dita la sua pelle morbida. Ho sognato tutti i giorni di poterla toccare di nuovo e ora che lo sto facendo non mi sembra vero. Lei inclina la testa per prendersi tutta la mia carezza. Quando la mia mano è vicina alla sua bocca, la prende e la bacia. Adesso è lei che appoggia una sua mano sul mio viso e mi accarezza. Con una piccola pressione la trascina a sé. Chiudo gli occhi e sento le sue labbra posarsi sulle mie. Mi bacia piano, con dolcezza, come se volesse alleviare in questo modo il dolore che provo e che lei stessa sta provando. Sospiro come se con quel bacio avessi ripreso a respirare di nuovo.
"Ciao" adesso sono io che avvicino la mia bocca alla sua. La bacio con la stessa dolcezza usata da lei. Ci stacchiamo per riprendere fiato e solo adesso mi accorgo che stiamo sorridendo.
Lei accosta di nuovo il suo volto al mio. Chiudiamo gli occhi entrambe ma questa volta non mi bacia. Mi sfiora il viso con la punta del naso fino ad arrivare vicino all'orecchio.
"Mi sei mancata" un altro sussurro. Sento le lacrime salirmi agli occhi e questa volta non le trattengo. Lei sente la sua pelle umida. Allontana i nostri visi e guardandomi negli occhi sfiora con un dito il filo di lacrime che mi scorre lungo la guancia. Appoggio la mia fronte alla sua. Respiro.
"Dobbiamo parlare" Non so dove trovo la forza per dirlo. Non voglio parlare, voglio continuare a stare tra le sue braccia ma dobbiamo farlo.
Sento il suo corpo che si irrigidisce ma non stacca la testa dalla mia. Ha paura di questo confronto. Sa che molto dipenderà da questo ma non sa cosa aspettarsi da me.
"Chiamo un autista e ti faccio portare al mio albergo" cerca di prendere tempo.
"No" so benissimo che se andassimo in albergo finiremmo per non parlare.
Lei toglie le mani dai miei fianchi, si gira e le va ad appoggiare sul tavolo dietro di noi. Mi da le spalle e tiene la testa bassa. Aspetta le mie parole e intanto si tiene ben salda al tavolo perché teme che le possano fare male.
"Vi amate?" La mia domanda è secca. Inaspettata. E infatti lei non se l'aspetta. Lo capisco da come solleva la testa e mi guarda negli occhi riflessi nello specchio. Avrei potuto dire o chiedere qualsiasi cosa ma alla fine è questa l'unica cosa che conta.
"Non voglio sapere la risposta. Io la so già. Voglio che tu la dia a te stessa e che usi il coraggio per dimostrarmela"
Silenzio. Si lascia cadere su una sedia. La risposta le sta rimbalzando nella testa. Sa che non può dimostrarmi tutto ora, che ci vorrà del tempo. Ma sa che dovrà iniziare a dimostrarmela qui, ora. Quello che non sa è come.
Le vado vicino e mi inginocchio davanti a lei. Le prendo le mani. Sono gelate. Cerco di scaldargliele con le mie e a questo contatto lei sembra riaversi. Mi guarda negli occhi ma ancora non dice niente.
"IO ti amo" marco molto la voce su quell'io. "Sono venuta fino a New York per dimostrartelo e continuerò a farlo fino a quando ne avrò le forze"
Qualcuno bussa.
"Ana, i giornalisti ti stanno aspettando"
La voce di Nanà da dietro la porta ci fa tornare alla realtà.
Le bacio la testa. Mi alzo e mi dirigo verso la porta.
Fermami, fermami, fermami. Il tragitto è breve così come la mia silenziosa preghiera a lei.
"Nanà, entra!" Ana si alza dalla sedia per andare da lei. "Di all'autista di portarla al nostro albergo"
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New York - Settembre 2015 - A ChiAna Tale
FanfictionNon avrei ma pensato che prima o poi avrei postato questa storia ma visti gli eventi degli ultimi giorni eccola qua...questa storia é completente frutto della mia fantasia. L'ho scritta di getto, come uno stream of consciousness, quando nel 2015 Chi...