Capitolo 8 - Scelte

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Ascanio si staccò dalla parete alla quale era appoggiato da diversi minuti e attraversò la strada con aria noncurante

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Ascanio si staccò dalla parete alla quale era appoggiato da diversi minuti e attraversò la strada con aria noncurante. Indossava un paio di jeans e una felpa verde scuro. Occhiali da sole e scarpe da ginnastica. Un abbigliamento quasi anonimo, per passare inosservato, ma a stento ci riusciva. La sua statura da sola bastava a farlo notare: superava abbondantemente il metro e ottantacinque, le spalle erano grosse e ben definite. Tuttavia, nel suo lavoro se la cavava piuttosto bene e difficilmente qualcuno si accorgeva di essere pedinato da lui. Si infilò in un bar tenendo d'occhio il signore sulla cinquantina che stava seguendo. Anche lui era vestito in maniera anonima: un completo grigio scuro di qualità modesta, una camicia bianca e una cravatta grigia. Un impiegato come tanti, nemmeno troppo piacente secondo Ascanio, eppure la moglie era convinta che la tradisse. L'uomo si era seduto ad un tavolino e aveva aperto il giornale.

Ascanio ordinò un caffè e prese una brioches, poi si sedette a distanza. Il bar non era molto affollato. A parte lui e l'uomo che stava seguendo c'erano due signore che facevano colazione sedute ai tavoli fuori e due ragazzi vicino al bancone, che andarono via subito. Mangiò la sua brioches sfogliando il giornale e osservando i movimenti del signore. La ragazza al bancone gli portò un espresso e iniziò a conversare con lui. Era un cliente abituale. Ma a parte qualche battuta e le risate non sembrava che tra i due ci fosse qualcosa. Infatti, poco dopo aver bevuto il caffè, l'uomo chiuse il giornale ed uscì. Ascanio sapeva che sarebbe ritornato in ufficio. Nessuna donna lo avrebbe aspettato lì fuori. Non avrebbe preso il telefono per chiamare l'amante o per scriverle dei messaggi. Si era semplicemente preso una pausa di cinque minuti dal lavoro. Quindi anche lui se la prese comoda.

Si alzò e si diresse al bancone. La barista gli sorrise. Era molto giovane, poteva avere all'incirca ventidue anni. Portava i capelli neri legati in uno chignon e indossava un maglioncino nero e un paio di jeans. Aveva degli occhi bellissimi, azzurri quasi come quelli di Ascanio.

«Desideri qualcos'altro?» gli chiese in tono gentile.

«Vorrei un'informazione. Sono nuovo in città e mi chiedevo se potessi consigliarmi qualche locale carino dove trascorrere del tempo la sera.»

«Oh, beh... il centro storico ne è pieno e trovi tutto quello che vuoi: bar, pub, enoteche, discoteche. Molto carina è la zona dell'Oltrarno.»

«E tu mi accompagneresti una sera di queste?» propose lui.

La ragazza arrossì. «Io... ho già un ragazzo.»

«Ti sto chiedendo di farmi da guida, non è un appuntamento.»

Lei sorrise, le gote erano ancora arrossate per l'imbarazzo. Anche se non lo stava prendendo sul serio, rimase interdetta per qualche secondo. Lo guardò fisso negli occhi, cercando di capire le sue reali intenzioni. Ma era molto tentata e lusingata, Ascanio lo sapeva.

Quello scambio di sguardi si interruppe quando il cellulare di Ascanio iniziò a squillare. Sullo schermo comparve il nome di una donna: Rachele. La barista alzò un sopracciglio e scosse leggermente la testa sorridendo.

Ascanio rispose. «Pronto? Sì, dimmi... sto lavorando... adesso? Va bene.»

«È la tua ragazza?» chiese la barista.

«Un'amica. Devo andare, magari passo a trovarti qualche altra volta.»

Accennò un sorriso ed uscì. Il suo umore era cambiato.

Rachele era l'ultima persona che aveva voglia di sentire. Credeva di aver chiarito tutto con lei il giorno prima e invece voleva ancora parlare.

Percorse a piedi, a ritroso, tutto il tragitto che aveva fatto durante il pedinamento fino a raggiungere la sua automobile. Con l'umore più nero che mai entrò e partì.

Rachele abitava in un paese poco fuori Firenze, in un piccolo appartamento al secondo piano. Era una donna estremamente bella, dai lunghi capelli color del miele, grandi occhi da cerbiatta e un fisico mozzafiato. Ascanio se ne era invaghito dal primo momento in cui aveva posato gli occhi su di lei, una sera in un locale. L'interesse era stato reciproco e per un po' si erano frequentati. Ma sia lei che lui non amavano gli impegni sentimentali così si erano persi di vista fino a due settimane prima, quando Rachele lo aveva ricontattato per metterlo al corrente di una questione importante. Questione che lo aveva sconvolto, lasciandolo confuso, incazzato e impaurito.

Bussò alla porta e dopo qualche secondo Rachele aprì. Indossava un babydoll rosa antico di raso e una vestaglietta nera, anch'essa di raso. Era scalza. Gli fece un sorriso e si fece da parte per farlo entrare.

«Hai fatto presto.» Rachele chiuse la porta e andò a distendersi sul divano nel salottino che si apriva sulla destra. Sospirò con fare drammatico. «Queste nausee mi distruggono» disse, «perché non ti siedi?»

Ascanio non si mosse. Per la prima volta da quando la conosceva vederla in quella posizione, così sensuale e con le gambe scoperte non gli fece nessun effetto. Aveva un bruttissimo presentimento. «Ho da fare, Rachele. Cosa c'è di così urgente?»

«Ho deciso di tenerlo» rispose lei, serafica.

Ascanio si irrigidì. «Pensavo avessi deciso...»

«Ho cambiato idea. Sappi che non ho bisogno di te, non sei costretto a fare nulla. Ho solo pensato che fosse giusto che lo sapessi.»

Ascanio la fissò stupefatto. Quell'atteggiamento rilassato cominciava a dargli sui nervi. «Sai benissimo che potrebbe non essere mio. Voglio dire, quante volte siamo stati insieme, due? Tre?»

«Se è per questo ne basta una.»

«Oh, andiamo! Sai cosa intendo.»

Rachele aggrottò la fronte ma non si scompose. «Stai forse dicendo che sono una donna dai facili costumi?»

Ascanio fece roteare gli occhi al cielo. «No, non sto dicendo questo. Non mi interessa con quanti uomini vai a letto, rispetto la libertà altrui. Dico solo che non sono sicuro di essere il padre.»

«Io invece sì. Sono più che sicura.»

«Allora non ti dispiacerà se facciamo un test di paternità.»

Rachele rimase alcuni secondi in silenzio, fissandolo dritto negli occhi. «No, affatto» disse infine. «Però dovrai aspettare qualche settimana. Sono ancora al secondo mese.»

«Non c'è problema.»

Ascanio si avvicinò al divano e si accovacciò. Le accarezzò i capelli. «Posso chiederti come mai stai facendo questa scelta?»

Rachele si spostò per poterlo guardare negli occhi. Allungò una mano e fece scorrere le dita delicate sul suo bellissimo viso. «Sento che è la cosa giusta da fare. Ho paura, sì, ho tanta paura ma allo stesso tempo lo desidero con tutta me stessa. Io e te... non ci conosciamo per niente, non ti chiederei mai di impegnarti in questa cosa. So che sarò da sola, so che sarà difficile, ma io questo bambino lo voglio.»

Ascanio le diede un bacio sulla fronte e si alzò. La dolcezza e l'intensità di quelle parole lo avevano toccato. Avrebbe voluto dirle che non sarebbe stata sola, che lui non era più un ragazzino e che si sarebbe assunto le sue responsabilità ma tutto quello che riuscì a dire fu: «ti chiamo dopo».

Poi uscì, con un peso sullo stomaco e la testa piena di pensieri.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 09, 2019 ⏰

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