Rideva e la sua risata si sperdeva per le stradine fatte di pietra lavica e malta bianca; gli piaceva il tempo che stava trascorrendo in vacanza con il suo migliore amico poiché pensava che fosse il rimedio migliore per ricordarsi sempre chi era e chi fosse stato prima di tutto quello che adesso possedeva e che lo aveva reso non più un semplice ragazzino con il pallone tra i piedi ma qualcosa di più importante, o almeno così si diceva in giro di lui.
Si mise una mano sulla bocca per non fare tanto chiasso ma gli sorridevano gli occhi per la contentezza.
« ma l'hai prenotato almeno il tavolo?»guardò Matteo sperando che gli dicesse di si altrimenti anche stasera ,come quella precedente, gli sarebbe toccatto aspettare un'oretta buona alla ricerca di un tavolo che venisse liberato.
«si, ho chiamato ed ho prenotato a nome mio» cosi da evitare che la voce si spargesse troppo in fretta tra le piccole vie di Lipari.
Era stato catturato dal colore delle case, dalle piante di fico d'india e dai numerosi gechi che passeggiavano tranquilli sulle pareti esterne delle case, anche in pieno pomeriggio con il sole cocente a 40 gradi.
Quando arrivarono nel ristorante, costruito quasi sul mare, Federico si guardò intorno ancora una volta; gli piacevano i colori e il buon odore di pesce che veniva dalla cucina e che gli stava inebriando il naso.
«buonasera signori, avete prenotato un tavolo?» il cameriere gli sorrise in attesa di una risposta ma fu Matteo ad occuparsene osservando come Federico, nonostante avesse girato parecchi posti del mondo, continuasse a lasciarsi meravigliare dai dettagli di casa sua , casa che peraltro non avrebbe mai cambiato con nessun'altro posto al mondo.
Si accomodarono poco distante da un'altro tavolo in cui sedevano un uomo ed un bambino, suo figlio ipotizzò, e accanto a loro c'erano altri due posti utilizzati ma momentaneamente vacanti.
C'era un tranquillo silenzio spezzato dal rumore delle posate che sbattevano sulla porcellana dei piatti e soprattutto da qualche voce storpiata da bocconi pieni e pance sazie.
«spaghettata con le vongole» ordinò per se mentre il cameriere, fortunatamente discreto pur avendolo chiaramente riconosciuto, si trattenne e si limitò ,almeno momentaneamente, a scrivere i loro ordini sul suo taccuino di pelle marrone.
«e come ti dicevo, Fabio si è lanciato sull'amaca e si è spezzata la corda ed è finito come un cojione per terra. La ragazza di Michele l'ha guardato incazzata...che figura di merda» Federico non riusciva ancora a smettere di ridere. Cavoli, se l'era perso e questo un po' lo faceva rattristire ma poi pensando a quello per cui più volte si era sacrificato si rese conto che ne valeva sempre e comunque la pena.
«ma almeno gli avete chiesto cosa si è fatto?» Matteo lo guardò e poi ancora scoppiarono a ridere.
No che non glielo avevano chiesto, almeno non subito perché si erano messi a ridere come folli ma nulla di strano, alla fine non è questo quello che fa un migliore amico?
Federico non vedeva l'ora di tornare a casa sua a Massa Carrara solo per vedersi circondato da quei volti a cui era incredibilmente affezionato; voleva sedersi a tavola accanto Francesca a commentare ragazze ,le ragazze che entravano ed uscivano dal locale e poi magari avrebbero parlato della formula uno o della moto gp, oppure si sarebbe seduto sulla solita sdraio di plastica sotto il terrazzo della villa di Beatrice e avrebbero giocato a taboo creando guerre e polemiche, anche adesso anche a 25 anni suonati.
All'improvviso il suo flusso di pensieri venne interrotto da una bellissima donna, o almeno questo fu quello che pensò Federico.
Aveva un vestito lungo e leggero dal color rosso anguria, teneva per le mani una bambina dai lunghi capelli rosso rame intrecciati e con l'altra mano si accarezzava leggermente il ventre quasi a proteggerlo mentre superava tutti i tavoli per andarsi a sedere al suo posto, di fronte al marito.
Fu come se all'improvviso l'immagine che quella potesse essere sua moglie si interrompesse sul più bello.
La guardò sul volto e per assurdo gli parve di averla vista e di conoscerla ma non sapeva ne dove ne quando.
Evitò di guardarla ancora per paura di farsi beccare ma il suo volto rimase nella sua testa anche quando si versò del vino bianco frizzantino nel bicchiere mentre i loro antipasti arrivavano al tavolo e il suo appetito si apriva.
«Fè, a cosa stai pensando?» Matteo lo guardò incuriosito conoscendo bene ogni singola ruga di quel volto che aveva visto mutare in tutti quegli anni di amicizia che li legavano.
«nulla» però sorrise contento che Matteo fosse rimasto l'amico di sempre.
Il sapore dei gamberi gli solleticò il palato e lo trasportò per un breve istante altrove, a casa sua con la sua famiglia e con sua madre dietro ai fornelli a vizziarlo perché era stato troppo tempo via da casa, da quelle quattro mura a da quelle due braccia verso cui Federico, anche se avesse avuto 50 anni, avrebbe sempre corso anche rischiado di inciampare sui propri passi.
In fondo nella vita, il tempo vola.
«M A R I N A» la giovane donna lo dettò a sua figlia mentre quest'ultima impugnava tra le sue manine piccole un pennarello giallo e scriveva su un foglio pieno di scarabocchi e abbozzi di disegni.
Quel nome gli risuonò nella mente e poi all'improvviso trovò il suo posto in essa e proprio mentre la guardò ancora una volta si disse che era impossibile non riconoscerla, aveva lo stesso volto di quando era bambina anche se adesso era diventata madre. Gli apparvero in mente quegli occhi verdi,simili ai suoi e quelle lentiggini sul ponte del naso e sugli zigomi, gli apparve quel sorriso privo di alcuni denti e quel profumo di uva che facevano sempre i suoi vestiti.
Le venne in mente sua nonna Erminia, la mamma di sua madre, quella donna cosi minuta e vispa che aveva guidato la sua panda vecchio modello color verde bottiglia fino ad una settimana prima di lasciarli tutti spiazzati mentre li salutava per andare in un posto migliore.
Era piccolo, forse aveva da poco finito il primo anno di scuole elementari , quando sua nonna ogni martedì mattina d'estate alle nove in punto passava a prenderlo da casa sua e se lo protava dietro a fare la spesa.
Lo portava prima dal fioraio a comprare i gerani e poi al cimitero a far visita al nonno Pippo , dicevano il padre nostro ,l'ave maria e l'eterno riposo, Federico sbagliava sempre a farsi la croce ma era bambino e poco importava. Quando si erano fatte già le undici allora nonna Ermina e suo nipote salivano ancora sulla macchina e andavano da Ernesto, il fruttivendolo due strade più avanti della casa di Federico.
Ernesto lo conosceva bene Federico perché lo vedeva sfrecciare sempre con la bici e ogni volta pregava Iddio che non cadesse e si sbucciasse le ginocchia, ogni tanto Federico quando si sentiva temerario toglieva via la mano dal manubrio e lo salutava e allora Ernesto lo salutava altrettanto e gli sorrideva, sapeva che quel bambino avrebbe raggiunto grandi obiettivi ,altre volte magari invece si fermava e gli rubava una pesca e la mangiava cosi, ma Paola sapeva che da Ernesto la frutta era fresca e che nessun medicinale avrebbe mai toccato la sua roba genuina.
Poi oltre alle pesche c'era Marina, la piccola peli di carota che a Federico piaceva un po', la vedeva sempre seduta su una cassetta di legno ,la stessa con cui suo padre portava la frutta dalla campagna al negozio, e stava li a pettinare la sua pigotta con i capelli fatto di fili di lana gialla.
Federico aveva provato a parlarle, ma questa non gli dava mai retta anche quando Federico le proponeva di giocare con lui alle figurine di dragon ball, a volte le sembrava cosi strana perche chi mai non avrebbe voluto giocare con Federico Bernardeschi?
Era un bambino cosi ben voluto dai suoi amichetti e il fatto che Marina lo ignorasse lo faceva arrabbiare cosi un giorno aveva fatto accidentalmente cadere la cassetta delle patate sulla testa di Marina e quest'ultima si era fatta male e per questo aveva pianto.
Federico si era sentito in colpa e per nulla contento cosi mentre correva con la sua bici per quelle stradine che ormai conosceva a memoria si era fermato a raccogliere delle bianche margheritine da campo e gliele aveva portate e quella fu la prima volta che Marina gli parlò e gli disse: « so che sei stato tu con le patate, sei un bambino monello» ma poi gli aveva sorriso e si era presa i fiori.
Era per Marina che Federico ogni martedì mattina si alzava e andava con la nonna da Ernesto, c'erano giorni in cui però Marina non andava e rimaneva a casa con la mamma e allora Federico sbuffava arrabbiato ed Ernesto sorrideva ,cosi prima che lui e sua nonna Erminia andassero via , lo fermava e gli scompigliava i capelli mentre gli diceva: «ti saluto Marina e gli dico che sei passato per vederla» e a Federico gli si imporporavano le guance di rosso mentre scappava per rintanarsi dentro la panda della nonna.
Poi Marina era cresciuta come lei, aveva iniziato le scuole elementari ma non nella stessq scuola di Federico però frequentavano la stessa parrocchia ed ogni sabato pomeriggio si vedevano tutti nell'oratorio per il catechismo. Federico essendo più grande era anche più avanti ma loro si vedevano lo stesso, ogni tanto Marina gli portava un frutto perché a Federico la frutta piaceva tantissimo...soprattutto le pesche e Federico allora gli dava la sua caramella alla menta, quella che il nonno Federico gli dava sempre insieme alle mille lire per comprare il gelato, sia che fosse inverno sia che fosse estate.
Un giorno,Federico sapeva che Marina avesse fatto gli anni perché quasi tutte le sue compagnette erano state invate e invece lui no; aveva pensato di non parlarle più e di tenerle il broncio per tutta la vita ma poi si era accorto che nessuno maschietto era stato invitato cosi Federico si era lasciato convincere che non è che non volesse invitarlo è che proprio non aveva invitato nessun'altro e cosi aveva chiesto alla mamma di passare dal negozio di giocattoli.
Federico era da un po che pensava di regalare una nuova bambola alla sua amica Marina, quella che si portava sempre dietro aveva un bel po di capelli in meno e cosi lui voleva regargliene una tutta nuova con i capelli tutti al loro posto. L'aveva comprata poi l'aveva incartata con altra carta stracciata via dai suoi quaderni per la scuola e vi aveva fatto sopra tantissime macchinine, come se a Marina le macchinine potessero piacerle.
Le aveva scritto: " Tanti Auguri stella marina, questa bambola è più bella" e poi gliel'aveva portata giusto in tempo per fermarsi a mangiare la torta.
Marina le aveva dato il primo bacio sulla guancia e Federico era diventanto rosso rossissimo e si era sfregato quel punto cosi tanto che a momenti si sarebbe scorticato la pelle.
Con quella stessa bambola era finito per giocarci anche lui, certo l'avevano fatta giocare insieme a Goku e a Vegeta ma l'importante era che si divertissero.
Qualche volta giocavano a nascondino, altre volte a mosca cieca e Federico non voleva saperne di perdere e quando perdeva trovava sempre un modo per avere la sua vittoria, tipo tirarle i bei capelli lunghi che Marina lasciava sciolti sulle spalle.
Ogni tanto le finivano in faccia e le si appiccivano alla bocca piena di lucida labbra e Federico la burlava sempre ma poi un giorno d'estate, quando il sole picchiava davvero forte, Marina non faceva altro che spostarsi i capelli da un lato all'altro della sua spalla e interrompeva il gioco e cosi Federico e Matteo erano costretti a fermarsi allora, il primo dei due, penso bene di insegnarle una cosa che lui aveva imparato quando suo nonno Federico era andato a raccogliere le spighe per fare le ceste.
Le trecce.
Gli intrecciò i capelli come gli aveva insegnato il nonno e per insegnarlo a Marina glielo fece vedere sui capelli della sua bambola.
Era andato avanti cosi per un po' di mesi, giocavano quasi tutti i pomeriggi d'estate, mentre d'inverno si aspettavano fuori dal cancello dell'oratorio per salutarsi, quando ritornava l'estate si vedevano ogni martedi mattina ma poi all'improvviso Marina non era andata più in parrocchia e la nonna aveva cambiato fruttivendolo perché Ernesto un martedì sera aveva chiuso la saracinesca e non l'aveva più riaperta, o almeno non più a Massa Carrara.
«è andata in Germania» le aveva detto sua madre quando Federico aveva chiesto che fine avesse fatto la sua Marina.
«Germania?! È che cosa è?!» gli sembrava un altro pianeta, un posto cosi lontano,anzi lontanissimo come Firenze o forse di più.
«Fede -Matteo gli schioccò due dita in faccia- Fè...Federico» Federico scosse la testa come a riprendersi.
«oi bro, ma stai bene...ti vedo strano» lo guardò ancora incuriosito di cosa gli stesse capitando e si girò anche lui a guardare la direzione in cui Federico steva guardando.
«bro, è sposata ed ha due figli e uno in arrivo a quanto pare...non scherziamo» Federico lo guardò contrariato.
«sei proprio un ciula» glielo disse in torinese ma non era difficile capire cosa intendesse.
Matteo rise mentre addentava un grissino pronto a completare il suo cocktail di gamberi in salsa rosa e poi Federico, dopo aver pulito la sua bocca con il tovagliolo di pezza, gli sorrise dicendogli -«quella è Marina» -e sia Federico che Matteo di Marina ne conoscevano una sola.Questo è un piccolo regalo per voi per scusarmi della mia assenza su questo profilo. Grazie per la pazienza che avete nei miei confronti.
Vi voglio bene.
Sempre vostra Girasole 🌻 ♥️