Maelstrøm

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Chiuse la lampo del suo pesante giubbotto mentre si accingeva a chiudere anche  la porta di casa stavolta provando a non lasciarci qualche dito tra la serratura e lo stipite.
Fuori la luce era tenue come una carezza, dolce lenta e soffice, nel cielo dai colori aspri, aspri come il vento che le soffiava addosso ed intorno.
Sorrise perché era la natura e si senti viva, viva come mai si era sentita prima sebbene uno starnuto la colse all'improvviso.
Mannaggia, stava per beccarsi un bel raffreddore e di certo non sarebbe stato l'ultimo da qui al lontano Giugno mese in cui le basse temperature sarebbero state sostituite dai timidi quindici gradi estivi.
Il suo sguardo si perse oltre quei tetti bassi che creavano leggere onde calme, in quel mare in tempesta scuro e tumultuoso, che si infrangevano sulla sabbia insolita.
«ciao Jenny» la salutò a gran voce un passante che la riconobbe e che la distrasse mentre era intenta a cercare le chiavi del lucchetto della sua bici.
«halo Jhonas» lo salutò alzando una mano, ben nascosta sotto strati di guanti e maglioni.
Maledetta lei e quelle borse in tessuto che comprava per infilarci dentro mezza casa; se lo ripeteva ogni volta che doveva imparare ad apprezzare il minimalismo ma alla fine finiva sempre per portarsi dietro qualsiasi cosa, persino un gomitolo di lana e i ferri con la quale stava lavorando, durante l'ora buca a scuola o durante le verifiche in classe mentre i suoi studenti se ne stavano buoni a completare i quiz, a quei maglioni di lana che portava al negozietto in fondo alla strada dove le due signore di sessant'anni ,Inger e Berit, li acquistavano ed in cambio le davano qualche soldo per arrotondare lo stupendio.
Si sa, al nord la vita è cara.
Quando trovò le chiavi in mezzo a tutto quel marasma di cianfrusaglie e penne, la metà delle quali non utilizzava per via del fatto che non scrivevano più, si chinò sulla ruota anteriore per rimuovere il lucchetto è pregò che il ghiaccio non le rendesse tutto più difficile; spezzare la chiave all'interno del lucchetto, due volte nella stessa settimana, sarebbe stato un buon sospetto di sfiga o di allineamenti di pianeti contro di lei.
Quando si mise in sella alla sua bici, benché fosse del tutto strano e pericoloso, dato che la strada non era sicura ed il cielo non prometteva bene, percorse il solito tragitto di tutti i giorni e con il freddo sulle gote imporporate e il pesante cappellino a tenerle calda la testa e ad ostruirgli un po' la visuale, sorrise al giorno che le si apriva dinnanzi.
Tutte le mattine faceva la stessa routine, e il fatto che a quarant'anni avesse stravolto la sua vita, come se un bel boomerang le fosse ritornato indietro da una vita precedente, si era rivelata la migliore occasione che potesse augurarsi.
Tutto quello che aveva lasciato: la frenesia della sua città, il chiasso e la folla di gente che la abitavano erano stati sostituiti dal rumore del mare in sottofondo, le solite navi in partenza o in arrivo dai porti, il garrito dei gabbiani e quell'inconfondibile puzza di pesce marcio che a lungo andare aveva messo ko le sue narici, alla fine  però non era stato terribile come all'inizio aveva temuto.
Non aveva più una macchina in suo possesso, viveva in casa con altre due persone, una delle quali a stento conosceva e gli spazi così piccoli a sua disposizione, benché avesse da sempre sofferto di claustrofobia, alla fine erano diventati sinonimo di casa.
Come per ogni cambiamento, anche per quello di Jenny c'era stato all'inizio del drammatico, certamente Trømso non poteva definirsi la più accogliente delle città d'Europa eppure, adesso, quella era casa sua.
Non pensava che sarebbe mai riuscita a dirlo.
Si fermò alla caffetteria,poco prima del cancello della scuola dove insegnava, appoggiò la sua bici al muretto di legno ed entrò dentro, c'era pochissima gente, altre due persone oltre lei, il barista la riconobbe senza alcun problema e senza domandarle nulla si prese il permesso di prepararle la solita tazza di tea bollente che Jenny avrebbe bevuto, a piccoli sorsi, durante le ore che sarebbe rimasta a scuola.
«questo è tuo - le porse la tazza di cartone già richiusa- hai visto che tempaccio stamattina? Sicuramente prima di questa sera inizierà a nevicare» il sorriso di Jeppe la sorprese ancora.
Come poteva, un uomo nato e cresciuto in mezzo alla neve, continuare ad entusiasmarsi come un bambino per essa?
Ecco perché aveva scelto la Norvegia, perché in qualche modo le sembrava che qua su, un po' lontani dai luoghi comuni e dalle frasi fatte, la gente riuscisse ancora a meravigliarsi dell'ovvio e questo per lei aveva un sapore di magia.
«speriamo riesca a tornare indietro stasera , sono venuta giù da casa con la bici» ed Jeppe rise, forse perché credette che Jenny era pazza o semplicemente perché lei era goffa, scalmanata ed eccentrica, con tutti quei colori accesi abbinati male tra loro, quasi facessero a botte.
«buon lavoro» la salutò prima che potesse uscire fuori e questa volta Jen si mantenne al manico del passamani per evitare di finire con il culo per terra e tutto il tea caldo sui suoi vestiti.
Mentre prese a sorseggiare il tea per tenersi al caldo, con l'altra mano reggeva il manubrio della bici mentre percorreva gli ultimi metri a piedi provando a non rompersi la faccia sulla patina di ghiaccio.
Circa un mese dopo che era arriva a Trømso, era finita in ospedale con un piede fratturato e tutto il volto graffiato dalla sabbia del mare che il vento furioso aveva trascinato sull'asfalto della città, non era stato proprio il migliore degli inizi e neppure un buon saluto di benvenuto ma alla fine non poteva incolpare nessuno se non se stessa e la sua goffagine che sin da piccola l'aveva contraddistinta in mezzo a tutte gli altri sette miliardi di esseri umani che popolavano la terra.
Lo aveva già detto che all'inizio non era stato per niente facile?
Beh, di certo non l'avrebbe mai più dimenticato.
Quando arrivò dentro l'edificio scolastico, una struttura totalmente diversa da quelle tipiche e classiche della sua città, si diresse direttamente in classe ad aspettare i suoi alunni; le vetrate della stanza lasciavano ancora intravedere il paesaggio esterno e per questo mentre era intenta a pensare al tema che gli avrebbe assegnato, si perse ad osservare le luci lontane del porto proprio mentre una barca lo stava salutando immettendosi nelle profonde acque dei fiordi norvegesi.
Con il tempo aveva imparato a capire il perché non ci si abitua mai al nord, perché quest'ultimo ha il potere di stupirti sempre.
Il segreto? La natura pura e non contaminata.
«god morgen Jenny» la salutarono i suoi alunni mentre popolavano i banchi.
Ah, si in Norvegia si usa sempre dare del tu perché non esiste la terza persona, non quando ci si riferisce a quella persona parlando di essa direttamente a quest'ultima.
«god morgen folkens» e con quel saluto ai suoi ragazzi era appena iniziata la sua tipica giornata lavorativa.
Consegnò loro le schede nelle quali avrebbero dovuto lavorare, assegnò l'argomento del tema e fece partire il timer sull'orologio affisso alla parete, la dove nella sua città invece ci sarebbe stato il crocifisso.
Quando si rimise al suo posto, continuò da dove aveva lasciato lo sguardo prima, a pensarci bene perché la Norvegia le era piaciuta?
Le case erano quasi tutte uguali, sia dentro che fuori; al nord non è importante rendere le case ospitali o quanto meno uniche tra loro in modo tale che ognuna di esse potesse rappresentare coloro che vi abitavano dentro.
Sapete tutto quello sbattimento che generalmente le italiane hanno quando devono arredare casa? Bene, dimenticate conoletamente tutto.
Certo, non che Jenny avesse avuto chissà quante opportunità per visitarne alcune, negli ultimi tre anni che si era trasferita a Trømso, era stata invitata una sola volta a casa di un suo collega e aveva fatto un'epica figura di mer*a.
Avevano cenato, imbarazzati, davanti un film di qui Jen aveva capito veramente poco per via del fatto che era in lingua norvegese e poi si era sentita estramente confusa, il suo collega l'aveva invitata a cena a casa sua eppure non la stava corteggiando come si era aspettata che facesse e questo l'aveva messa in una situazione tale per cui aveva iniziato ad impanicarsi.
Aveva l'alilo che le puzzava? O magari forse le ascelle, o peggio ancora i piedi perché miei cari, in Norvegia le scarpe vanno rigorosamente lasciate fuori dalla porta di casa.
No no, non ve le rubano.
Mica siamo in Italia.
Quindi, attenzione alla puzza di formaggio, ai calzini spaiati o peggio ancora a quelli bucati.
Comunque, Mikkel che è il famoso collega di cui vi stava parlando, non l'aveva corteggiata ne le aveva minimamente fatto capire che avesse dell'interesse per lei e quindi Jenny era finita per stare sui carboni ardenti tutta la serata e a sentirsi stordita quando lo stesso gentilissimo ed educatissimo collega se ne era uscito con un rutto capace di tramortire le parete di casa.
Si miei cari, proprio cosi, un rutto degno della polposition nella gara dei rutti alle Olimpiadi invernali e no, non si era scusato e non si era mortificato, si era comportato come se nulla fosse successo.
Jenny si sentiva in un qualche scherzo.
Era rimasta li fino ai titoli di coda poi, usando la scusa della scuola, si era alzata dal divano e lo aveva salutato mentre si dirigeva alla porta di casa.
E si ragazzi, Mikkel non l'aveva accompagnata alla porta ma il peggio doveva ancora arrivare perché mentre Jenny era china su se stessa, con una mano intenta ad infilarsi gli scarponcini da neve anti sesso ma indubbiamente fondamentali per rimanere illesi, aveva pensato bene si aprire la bocca, pessima idea mia cara Jen, e salutarlo ancora con un bel « takk for alt» quasi urlato per farsi sentire meglio e aveva chiuso la porta andandosene via.
Vi starete chiedendo, e beh che c'è di male? Takk for alt è letteralmente tradotto con: grazie di tutto; anzi educata lei che nonostante la serata con quel cafone è stata persino carina da salutarlo ringraziandolo per cosa poi, per delle aringhe e un film che non aveva neppure capito.
Eh no signori miei, perché la cara Jen aveva appena fatto la peggiore delle figure della sua vita.
Avete presente che ogni posto ha i propri usi ed i propri costumi? Un po come in Inghilterra che non puoi fare il segno di yolo o il due con l'indice ed il medio con i polpastrelli rivolti verso la gente perché stai mandando a fanculo qualcuno o in India che per dire si fanno di no con la testa e per dire no fanno di si con la testa, insomma quelle cose che forse non imparerai mai nella vita, bene...miei cari, Takk for alt in Norvegia è tipicamente utilizzato durante i funerali per ringraziare il defunto di tutto quello che ha fatto in vita per gli altri.
Si, meglio informarsi prima.
Cambiare città sarebbe stato difficile, ma cambiare con una città così nuova e diversa dalla sua era stata una sfida.
«tiden har gått ut» disse ai suoi mentre la campanella suonava decretando appunto che il tempo fosse scaduto.
I ragazzi si alzarono dai propri posti lasciando il foglio sul banco e poi ordinatamente lasciarono l'aula per dirigersi alla prossima lezione.
Jenny si era apprestata a raccogliere i fogli dai banchi e ad inserirli nella propria borsa di lavoro , e mentre già si sistemava per aspettare l'arrivo della classe successiva ,dalla porta aperta della sua aula ,vide passare alcuni dei suoi colleghi e sebbene adesso ci avesse fatto l'abitudine, all'inizio si era chiesta come mai nessuno si fermava qualche minuto a chiacchierare con i colleghi.
Lei aveva sempre fatto cosi, magari si parlava di qualche pettegolezzo stupido o semplicemente ci si raccontava qualche aneddoto personale, ma adesso tutto era completamente diverso.
Quando si era trasferita qui, aveva avuto solo "un'amica" che poi non era altro che la signora che le aveva affittato la stanza in quel piccolo appartamento.
Agli inizi l'aveva presa come punto di riferimento, specie un giorno quando alle sette della sera era uscita a fare la spesa,non avendo più nulla nel frigorifero, e si era ritrovata per strada con tutti i negozi chiusi; mica lo sapeva che alle sette i norvegesi smettono di lavorare, d'altronde con quel buio e quel freddo chi rimarrebbe fuori a congelare?
È che si doveva abituare, sapete...prenderci la mano,ecco.
«Jenny - si sentì chiamare mentre era intenta a sfogliare le pagine della lezione che avrebbe dovuto spiegare- posso disturbarti?» alzó gli occhi riconoscendo uno dei suoi alunni.
Lars, per l'appunto, le andò incontro e le porse tra le mani un insolito biglietto da visita.
«dalla settimana prossima inizia il mese dei Russ, e a me e al mio gruppo ci piacerebbe molto se tu venissi a vederci per strada» Jenny gli sorrise grata ed annui con la testa.
«grazie Lars e mi raccomando, non dimenticare di studiare» ed il ragazzo rise tra le labbra e la salutò battendo un cinque imbarazzato alla porta.
Si rigirò tra le mani quel piccolo rettangolo di carta ed osservò la fototessera di Lars che corrispondeva alla stessa che teneva sul suo badge scolastico.
Le venne da sorridere perché a guardarlo in foto non avrebbe mai detto quanto vivace fosse eppure, nonostante non spiccasse tra i migliori alunni di quel corso era però allo stesso tempo uno dei pochi il cui nome aveva imparato per primo.
Lars Hagen, biondo come il sole di mezzanotte e con due pozzi azzurri al posto degli occhi, sembrava quasi che fosse stato disegnato di proposito per quanto belli fossero i suoi tratti somatici.
Infilò il bigliettino all'interno della sua borsa e poi si alzò nel frattempo che il gruppo successivo di ragazzi iniziava ad accomodarsi ai propri posti.
Passò le altre due ore della sua giornata a spiegare letteratura russa in norvegese, che detta così sembrava proprio una delle sette fatiche di Ercole.
I ragazzi delle classi inferiori, specie quelli che avevano iniziato il college lo stesso anno che si era trasferita a Trømso, erano stati il collante di tutto perché l'avevano fatta crescere insieme a loro benché lei di anni ne possedesse parecchi per poter avanzare la pretesa di continuare a crescere.
Li guardò chiacchierare tra loro,nell'attesa che tutti avessero occupato i propri posti e si chiese semmai lontanamente si sarebbe immaginata un giorno di finire cosi su a nord d'Europa.
Probabilmente, anzi sicuramente, se Alberto non l'avesse lasciata a due giorni dal loro matrimonio lei qui non ci sarebbe venuta forse neanche per le vacanze e non perché non amava viaggiare o perché sbobbava i posti del nord, semplicemente la vita che faceva prima era diversa.
Ricordava che negli anni in cui aveva conosciuto il suo ex fidanzato e ci era stata insieme, poche volte Jen aveva realmente fatto ciò che le diceva il cuore, spesso era stata quella a scendere ai compromessi e si era sacrificata per la relazione...un po' come sua madre da piccola le aveva sempre insegnsto.
Ecco, questa ad esempio era una enorme differenza tra la Norvegia e l'Italia.
In Italia le mamme insegnano alle proprie bambine che bisogna rinunciare a qualcosa per ottenerne un'altra, qui invece le bambine sanno che se vogliono qualcosa posso ottenerla semolicemente praticando la legge più semplice che vige nel mondo.
Il desiderio.
Tanto più la desideri, tanto più altre sono le possibilità di poterla ottenere, pochi compromessi quando si tratta di qualcosa che ci rende felici.
«d'accordo ragazzi, oggi riprendiamo da dove ci siamo lasciati l'ultima volta» così apri il libro che si era portata dietro e prima di iniziare a spiegare chiese ai suoi ragazzi di ripassare velocemente l'argomento della scorsa lezione.
«Biancheggia una vela solitaria
Nella nebbia azzurra del mare!
Cosa cerca nel paese lontano?
Cos'ha lasciato nel paese natale?» iniziò a leggere la poesia di Lermontov e le parve in qualche istante di averla vissuta.
«Giocano le onde – il vento sibila,
E l'albero si piega e geme...» continuò alzando gli occhi verso i ragazzi che parevano quasi assorti.
«Ahimè, – la fortuna non cerca
E dalla fortuna non viene!» disse con enfasi catturando anche l'ultimo briciolo di attenzione che vagava nella stanza.
«Sotto ha la corrente azzurra,
Sopra, del sole l'effige dorata...
Ma essa,- fece una pausa breve- inquieta,- rifece ancora un'altra pausa- cerca la tempesta,
Come se in questa, la quiete fosse data!» concluse poggiando il libretto di carta sulla scrivania e si alzò appoggiando i suoi fianchi al bordo della cattedra.
Non volava neppure una mosca, facile a dirsi in un posto come la Norvegia, ma insomma ci siamo capiti.
«qualcuno vuole spiegarmi di cosa ci sta parlando l'autore?» domando in generale alla classe.
Un paio di mani si alzarono e diede la possibilità a tutti di parlare.
«dell'imprevedibilità della vita» e lei annui appuntando sulla lavagna,con il gessetto, l'optione che Hanna le aveva suggerito.
«tu Inga, cosa ne pensi?» chiamò in causa la più timida delle ragazze e difatti le si imporporarono le gote.
«ci parla di quelli come Jose, che hanno lasciato la propria patria per trasferirsi altrove in cerca di lavoro» e anche questa volta Jenny appuntò tutto sulla lavagna.
«tu Jose, pensi che Inga abbia ragione?» e il ragazzo spagnolo annui concorde, d'altronde anche lei aveva avuto la stessa optione.
«magari potrebbe parlare di voi ragazzi, del momento in cui lasciate i giochi da bambini per diventare  giovani donne e giovani uomini adulti»propose a sua volta.
«come una vela solitaria che ormeggia tra le nebbia , il vento ed il mare in tempesta, che ormeggia nell'adolescenza» spiegò ancora meglio e si accorse con piacere che molti tra loro stavano prendendo appunti, alcuni annuivano concordi, altri continuavano a riflettere.
«vi lascio questa semplice consegna per casa, provate a scrivere una poesia,lunga o breve che sia, in anonimo e poi in classe ne leggeremo una per volta e proveremo a vedere se nel lettore suscita le stesse emozioni ed i stessi pensieri di chi la scrive» un modo come un altro per conoscersi.
Alla fine, potevano questi norvegesi imparare qualcosa dagli italiani.
Quando anche l'ultima campanella della giornata suonò, accompagnata dallo stridore dele sedie sul pavimento, dalle zip degli zaini che venivano chiusi e da quella folla di ragazzi che abbandonavano le classi per ritornarsene a casa, lei ebbe tutto il tempo di rimettere a posto il materiale e dirigersi poi al portone della scuola.
Fuori il freddo si era accanito e per questo un brivido le percorse la schiena proprio mentre stava per sfregarsi le mani tra loro nel vano tentativo di tenerle vive e attaccate ai polsi delle sue braccia.
«Jenny, aspettami un secondo...ho lasciato un libro nel mio armadietto, vado a riprenderlo e facciamo la strada di ritorno insieme» Rikke le sorrise e poi la vide sparire all'interno dell'edificio.
Guardò la volta celeste e non si stupì affatto se fosse scura come a mezzanotte nonostante fossero solo le diciassette del pomeriggio.
In inverno in Norvegia fa luce solo dalle dieci a mezzogiorno e poi si vive perennemente in un tramonto calante verso la notte buia e silenziosa.
«oh, grazie per avermi aspettata. Cerchi quslcosa?» Rikke di ritorno l'aveva osservata mentre Jenny si perdeva ad osservare,come sempre il cielo.
«stasera danno aurora boreale forza 4» le disse.
La prima volta che l'aveva vista mentre squarciava il cielo ,attraversandolo da parte a parte, era rimasta in silenzio con la bocca spalancata.
Un turbinio di strane emozioni l'avevano rivestita cosi come i sinuosi movimenti delle luci del nord erano avanzate leggiadre in quel letto scuro che faceva da tetto al mondo.
Aveva pianto,e ancora non sapeva il perche.
«si, Ingrid dice che rimarrà sveglia tutta la notte per correggere i compiti e che probabilmente si godrà lo spettacolo» Jenny annui comprendendo bene cosa volesse dire rimanere svegli tutta la notte a causa delle verifiche,anche per lei questa notte avrebbe visto lo stesso scenario.
«speriamo suo marito non colga l'occasione» rispose scatenando l'ilaritá generale.
Quando si era trasferita, tra le tante cose nuove a cui aveva dovuto far fronte, aveva altresì dovuto imparare un po' di meccanismi.
Il primo tra tutti? Beh in Norvegia il sesso non è per nulla un argomento taboo e l'età media dei ragazzini che iniziano a fare sesso, quello vero e non da autodidatta, corrisponde circa a quindici anni ma Jenny avrebbe potuto benissimo correggere il dato statistico essendo sicura che l'età in realtà oscillasse tra i tredici e i quattordici anni.
Perché? Beh, i genitori non sono discreti e a quanto pare tiene al caldo.
Termoregolazione l'avevano chiamato mentre la burlavano davanti ad un bicchiere di birra che le era costata un rene, quella sera prima delle feste di Natale quando era andata a cena con i colleghi, l'unico momento vero in cui in qualche modo parevano somigliare agli italiani.
Eh comunque si, i super alcolici in Norvegia costano quasi quanto un'intera cassetta di birre doppio malto comprate in un comune supermercato italiano.
«tu cosa fai questa sera?» le domandò Rikke
«provo a cucinare della vera pasta, sai non quella poltiglia che chiamate pasta e che mangiate voi che fa veramente schifo» simuló un conato di vomito e fece ridere la collega
«hei Italiana, non prenderci in giro sai?» la spintonò leggermente con un colpo di fianchi e poi continuarono a chiacchierare fino a che Jenny non si ritrovò davanti la porta di casa sua.
«buona serata Jenny, ci sentiamo a mezzanotte se rimani sveglia per le luci» e la donna italiana annui con la testa e la salutò con la mano osservandola mentre continuava a percorrere in salita il tragitto breve che separava le loro due abitazioni.
Sapete che in Norvegia è difficile fare amicizia? I norvegesi sono molto riservati e tendono a farsi i fatti propri, quindi si per Jenny era stato difficile ma continuava a ripetersi che ne era valsa la pena.
Quando mise piede dentro casa, Vilde la giovane coinquilina diciottenne, sonnecchiava stravaccata sul divano mentre tutti i suoi evidenziatori erano sparpagliati sul pavimento.
Questa immagine le fece ricordare il periodo in cui anche lei aveva frequentato l'università , sorrise e si chinò a raccogliere il casino e pensò a quanto male le avrebbe fatto il braccio penzolante al suo risveglio.
Accese le luci calde della cucina, prese le pentole e il barattolo di salsa di pomodoro per fare del sugo, ovviamente cucinò qualcosa anche per la ragazza perché non sarebbe sopravvissuta se avesse continuato a mangiare fette di pane integrale con burro e kaviar.
Mentre era intenta a rigirare i mestoli di legno dentro le pentole, non si accorse nemmeno che dal cielo la neve iniziava a precipitare dando inizio all'inverno norvegese, il vento forte che soffiava era coperto dal rumore della cappa accesa che stava aspirando via il vapore delle pentole in bollore.
Stentava a credere che l'aurora ,questa notte, si sarebbe vista, ormai aveva capito che le luci del nord sono imprevedibili come spettacoli improvvisi che ti spiazzano,non la puoi prevedere ma solo aspettare.
«che buon odore, cosa cucini?» quasi urlò dallo spavento.
« Vilde, mi hai fatto prendere un colpo» si portò una mano al cuore e la ragazza le sorrise
«comunque, cucino la pasta italiana con salsa di pomodoro, ne ho messa pure per te...sai se Kate è in casa?» non la vedevano quasi mai, a volte sembrava un'ombra che si aggirava tra quellw stanze che tutte e tre abitavano.
«no,l'ho sentita uscire prima mentre studiavo...penso sia andata da Jørgen, hanno urlato al telefono per tutto il pomeriggio» Jenny annui e ringraziò il suo lavoro per tenerla lontana da casa almeno in questi periodi ma soprattutto per tenerla lontana dai drammi amorosi che affliggevano Kate.
Una cosa però l'aveva capita, in Norvegia le donne fanno un po' tutto da se.
Si scelgono il ragazzo che vogliono e lo corteggiano, se poi si stancano lo mollano e se lo rivogliono se lo riprendono...l'avete presente quella storia sulla parità dei sessi?
Beh, in Norvegia esiste davvero.
Incredibile no?! Beh, questi del nord ne sanno una in più del diavolo.
«Pensavo stesse con quel Tore, la settimana scorsa mi aveva detto che credeva sarebbero andati a vivere insieme» le disse mentre scolava la pasta provando a non scottarsi con l'acqua calda.
«Tore? No, Tore alla fine aveva già una moglie e un'altra amante» e a Jenny venne da ridere.
Si, giusto...tutto rigorosamente nella norma.
«andiamo a cenare dai, a stare dietro alle relazioni di Kate mi si apre un certo languorino» si toccò la pancia prima di prendere la ciotola di ceramica dove aveva messo la pasta e dirigersi al tavolo.
Cenarono raccontandosi qualcosa,nulla di particolare, poi misero la roba sporca nella lavastoviglie e la azionarono.
«vai in camera o rimani a lavorare in salotto?» le domandò e Jenny le indicó quella pila enorme di fogli che avrebbe dovuto correggere.
«non dimenticarti di vivere ogni tanto» la sua coinquilina la prese in giro salendo le scale per il piano superiore.
«me be ricorderò,ogni tanto» l'autoironia aveva imparato che facesse bene.
Mai prendersi troppo sul serio!
Effettivamente in tre anni che stava li, a parte quella cosa non definita con Mikkel, non aveva avuto più nulla...credeva persino che avesse le ragnatale li sotto da qualche parte.
Le avevano proposto di iscriversi a quei siti per incontri ma non era roba per lei e poi, questa cosa di corteggiare l'uomo le veniva strana.
Eppure in Italia aveva tanto urlato alla parità dei sessi e poi le pareva strano corteggiare un uomo, ma d'altronde valle a capire le donne italiane.
Con tutte quelle paranoie.
Si accomodò sulla sedia di legno dinnazi al tavolo e mettendosi comoda iniziò a corregere le verifiche utilizzando uno dei tanti pastelli a doppia punta blu scuro e rosso.
Le lancette dell'orologio scorrevano inesorabilmente e cosi anche la notte, e Jen per non crollare sui fogli si era alzata a farsi un caffe di quelli nordici che non sanno di niente e somigliano tanto ad acqua sporca colorata ma comunque era una abitudine con l'effetto placebo.
Le venne da starnutire e prima che spiacevoli fluidi potessero uscirgli via dal naso, si dai insomma il moccio, arricciò il naso e lo rimandò indietro.
Rimase interdetta per pochi secondi e poi scoppiò a ridere, stava iniziando a diventare norvegese anche lei...normalmente,quando non era in pubblico per non apparire maleducata, usava ancora soffiarsi il naso con il fazzoletto.
Ah si, in Norvegia non ci si può soffiare il naso in pubblico piuttosto devi tirare indietro e mandare giu.
Strani loro.
Non si rese conto che fosse appena passata tutta la notte se non quando le suonò la sveglia di tutte le mattine per cui si infilò in doccia e poi ebbe il tempo di sistemare un po' il salotto e rimettere tutto in borsa prima di ritornare a scuola.
Maledetta lei e quel dannato vizio di non guardare mai l'orologio.
Si ricordò di prendere le ciaspole dall'ingresso ,se non voleva finire nuovamente in ospedale, e con i costi della sanità norvegese non le conveniva per nulla, per cui imbardata come se stesse per andare in una spedizione artica, usci di casa.
La neve era alta e aveva ricoperto tutto e seppe con esattezza che sarebbero dovuti trascorrere un sacco di mesi prima che potesse ritornare a vedere i tetti neri della case.
All'inzio della strada c'era già uno dei tanti spargi sale che faceva largo alle macchine, qualcuno impugnava la pala e sgombrava l'ingresso, fortuna per lei che Vilde fosse uscita prima, e poi ancora qualche bambino tirava fuori il solito slittino e vi saliva sopra, quelli più grandi andavano di sci, lei ancora non si sentiva totalmente al sicuro con quegli affari lunghi ai piedi.
Camminò goffamente fino al panificio e una volta dentro ordinò un baegal al formaggio per il pranzo e glielo incartarono con della carta marrone; questa mattina le vie sembravano decisamente più popolate del solito ...sicuramente qualche nave di turisti era dovuta attraccare al porto, e sebbene fosse iniziato il freddo vero c'era ancora qualcuno che si avventurava nei freddi ghiacci dei fiordi norvegesi.
Non era strano per loro, in generale convivevano con questi flussi migratori di gente che arrivavano a Trømso per fare la solita escursione a largo per vedere le balene, oppure la caccia al granchio reale che negli anni aveva proliferaro cosi tanto che alla fine era diventato una minaccia per l'ecosistema e per questo lo stavo norvegese aveva dato loro il permesso di cacciarlo.
«turister ankommer!» commentò mentre la gente che stava prendendo qualcosa li dentro, annuì concorde con loro.
Erano arrivati i turisti.
Era impossibile non notarli, si muovevano in branco un po' come i pinguini imperatore che stanno tutti stretti e oscillano tra loro per riscaldarsi, chissà se anche lei era apparsa così la prima volta che era arrivata li,con quella sua valigia che aveva trascinato con fatica su per la collina.
«ha en fin dag! » la salutò la ragazza che l'aveva servita.
«buona giornata anche a te» le rispose mentre la vedeva affecendata a cambiare i prezzi del cibo per metterne di più cari.
Beh, in qualche modo dovevano pur guadagnarci.
Quando era arrivata li, anche lei era rimasta vittama delle piccole truffe ai turisti; un sabato mattina, quando la scuola era chiusa e aveva avuto del tempo da dedicare a se stessa, aveva percorso a piedi la strada fino al porto e si era avventurata dentro quei piccoli gazzebi in cui promettevano di vendere il migliore pesce fritto del mondo ma che alla fine sapeva tanto di bastoncini findus salvati da quella salsa strana che avevano creato e che gli era riuscita bene; si era lasciata catturare da quei banconi pieni di pesce strano, cosi nuovo per lei.
La prima volta che aveva visto e odorato il Tørrfisk, appeso a quelle bizzare quanto straordinarie capenne di legno, si era detta che fosse impossibile mandar giù una roba simile.
Puzzava cosi tanto, quasi quanto quell'odore nausebondo di squalo marcio della quale si vantavano ma che Jenny non avrebbe assaggiato mai neppure sotto tortura.
C'era stata pure la volta della rana pescatrice che l'aveva incuriosita per quel suo aspetto burbero, certamente pochi turisti avrebbero mai davvero acquistato del pesce fresco come souvenir dalla norvegia ma questi esemplari strani catturavano parecchio l'occhio.
Certo, la Norvegia era un posto incredibile straordinario dalla quale avrebbe imparato tante cose ma in fatto di cucina continuava a preferire l'Italia che mai l'aveva delusa.
Mentre percorreva il solito tragitto di sempre, notò che una delle tre case in fondo alla strada,quelle che per anni aveva viste con le imposte chiuse, adesso aveva la porta aperta e qualcuno stava continuando a portare dentro dei mobili.
Altra gente oltre lei si era fermata sul marciapiede e con discrezione allungava l'occhio in cerca di qualcuno nuovo che si fosse appena trasferito a Trømso.
Stava quasi arrivando a scuola quando finì rovinosamente con la faccia per terra a causa di qualcuno che gli scivolò addosso.
«auch» si lamentó percependo la neve gelida sul suo naso.
«mi scusi io sono nuovo e non so - le porse la mano per tirarla su dopo che l'aveva tramortita- non so usarle queste cose» dall'agitazione non si era neppure reso conto di aver parlato in italiano.
Jenny rimase sorpresa, a Trømso non aveva mai incontrato nessun italiano...no che in Norvegia non ce ne fossero ma era raro che si spingessero cosi a nord.
«non preoccuparti, so cosa significa» le rispose anche lei in Italiano mentre si scrollava di dosso tutta quella neve che si era attaccata ai suoi vestiti.
«tu sei italiana? Oh grazie al cielo!» la smorfia che assunse la sua faccia la fece scoppiare a ridere.
Eh si, grazie al cielo per lui che era italiana.
«oh, scusa non mi sono nemmeno presentato,io sono Federico» si presentò e le porse la mano
«Jenny, sei qui in vacanza?» almeno così avrebbe saputo se avesse continuato ad essere l'unica italiana in tutta Trømso o se finalmente qualcuno oltre lei gli avrebbe fatto compagnia.
«no, mi sono appena trasferito e quella- le indicó la famosa casa in fondo alla strada- è casa mia»





*spazio autrice*
Nuovo piccolo racconto per voi.
Questa volta mi sono sfidata ed ho provato con ironia e leggerezza a raccontarvi uno dei miei posti preferiti in assoluto.
Se qualcuno di voi c'è stato, che me lo faccia sapere qui sotto nei commenti.
😍😍
Comunque, ritornando al breve racconto volevo dirvi che tutto quello che c'è scritto sugli usi e i costumi dei norvegesi non è inventato ne è utilizzato a scopo discriminativo.
Ho semplicemente raccontanto delle abitudini di un posto che sembra sempre cosi lontano dal nostro ma che io amo in modo particolare.
Spero vi piaccia, almeno la metà di quanto piace a me.
Io vi aspetto numerosi qui sotto.
Sempre vostra, Girasole 🌻.
♥️

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 15, 2020 ⏰

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