Ci sono cose intorno a noi che nessuno mai si aspetterebbe di incontrare prima o poi nella sua vita. Sono quei piccoli dettagli che caratterizzano il mistero del mondo. Dettagli, per i quali forse basterebbe solo un po' più di concentrazione per individuarli. Personalmente da quando ne ho memoria, ho imparato molte cose fondamentali su di essa come ad esempio, che bisognerebbe osservare ciò che ci circonda senza per stabilirsi alcun tipo di supposizione ed ipotesi su quel che potrebbe riscontrare eventualmente il nostro sguardo. A mio parere, tutti quelli che ritengono di avere un buon cervello, se pur difficile, dovrebbero essere in grado di farlo. Al compimento dei miei diciassette anni, qualcuno che tuttora ritengo sia molto importante per me, mi Insegnò che la maggior parte delle persone preferiscono credere solo a quello che loro occhi possono osservare, e a dirla tutta, non aveva poi così torto. Sarà rifiuto? Non saprei dirvi, ma io, quasi mi dispiaccio per loro. Non tutto ciò che è ignoto è inesistente. Questo è quello che cerco di far capire a molti, ma fino ad oggi, nessuno è mai stato in grado di intendere cosa si celasse dietro tutta questa oscurità nascosta. Ammetto, che per coloro che sanno, in alcune occasioni avrebbero preferito non sapere. Forse anche a me sarà capitato, due o al massimo tre volte e non nego, che se non fossi stata conoscenza di quelle che sono state le ombre, oggi non sarei più la ragazza sicura e fiera di sé che tutti conoscono, bensì, la solita ragazzina timorosa e di paranoie di sempre. Sin da bambina, non ho mai creduto né nelle favole né nei misteri né nelle leggende e quasi, pur sembrando assurdo da parte mia dirlo, ma tutto quello che è accaduto, tutto ciò che so è realtà, ed è proprio questa strana realtà che fa ormai parte di quel che ora, è la mia storia.
Il tempo ad Underwood Hills era magnifico ai primi colori dell'alba quella mattina del 16 settembre. Al secondo piano, dalla mia piccola stanza, si poteva notare un cielo limpido e sereno che riusciva a trasmetterti un senso di pace e tranquillità se solo l'avessi voluto. Ricordo l'aria. Era così fresca. A dir poco piacevole al tatto. Come poter dimenticare quella sua purezza che con la luce del giorno mi sfiorava la pelle del viso? Era un'aria leggera, delicata. Appena entrata dalla piccola finestra socchiusa sul mio capo. Aprii gli occhi stendendo braccia e gambe tra le morbide lenzuola profumate di lavanda dando tono alla muscolatura ancora intorpidita dal sonno.
- Prevedo una giornata meravigliosa quest'oggi.- Mi dissi.
Ne ero del tutto convinta, si! Ero dell'ipotesi che nulla poteva infastidirmi quel giorno o be', nulla tranne la sveglia digitale sul comodino che iniziò a suonare in modo fastidiosamente ripetitivo alle 6:30 AM. Ricordo che nulla di diverso poteva turbarmi così tanto e per minuti interi, dopo averla posticipata, guardai il soffitto come se cercassi risposte alle quali non c'erano domande. Iniziai a ripetermi più e più volte chi io fossi e quali erano gli obblighi di vita ai quali ero costretta, ma in fondo, forse ma proprio forse, stavo semplicemente cercando delle valide motivazioni per non alzarmi da lì, da quel morbido e comodo materasso in lattice posto sul mio letto. Sapevo che se l'avessi fatto avrei rovinato quelli che erano i miei piani prestabiliti di un'intera giornata. Ma non potevo non concedermi altri soli due minuti per una preparazione psicologica per quello che avrei dovuto affrontare. Ebbene sì! Quella mattina, era il mio primo giorno di Liceo. Il primo giorno di una lunga serie di tanti altri dopo quelle fantastiche vacanze estive passate decisamente troppo in fretta. Ciò significava che avrei acquistato nuovamente le mie responsabilità, la monotonia avrebbe ripreso il suo corso, e il freddo, sarebbe ritornato a tenermi compagnia nelle gelide notti invernali. Ma in quel momento, pensavo soltanto che se avessi posticipato la sveglia di qualche altro minuto, avrei ritardato sicuramente alle lezioni. Rilassai così la muscolatura per un'ultima volta, e dopo che la sveglia riprese a suonare nuovamente, decisi finalmente di staccare la spina a quell'aggeggio irritante e metter piede a terra. Quella sì che era una soddisfazione. Il non sentir più tutto quel fracasso mi fece percepire un senso di sollievo e la cosa, iniziò a farsi fin troppo ridicola.
-Da quando in qua io, Violet Walker, perdo il senso delle mie responsabilità?- Mi domandai chiudendo le palpebre per un instante.
-Probabilmente ho solo bisogno di una doccia fredda giusto per schiarirmi un po' le idee.-
Ciò che avevo presupposto si rivelò vero. Con tutte le gocce d'acqua ghiacciata che mi caddero sulla testa, di colpo i miei pensieri si rassodarono. L'acqua mi diede più lucidità e la routine del lavarsi, diventò un qualcosa di estremamente rilassante e di quel passo, me la sarei presa davvero molto comoda. Il tempo passava e dopo aver avvolto il mio corpo attorno ad un asciugamano color salmone, optai tra i diversi indumenti nell'armadio da poter indossare. Alla fine, scelsi un maglione bordeaux, dei jeans chiari e delle scarpette sportive che messi insieme mi diedero un aspetto quasi singolare. Almeno, questo è quello che riuscì a vedere riflesso nell' antico specchio di mia madre.
-Eccomi qui! Sono ritornata ad essere quella che sono di solito. Ho un sorriso sicuro, i capelli sono perfettamente in ordine e mi sono vestita in modo accettabile, quindi si! Sono pronta!-
-Violet sbrigati! Farai tardi!-
La voce giungeva ansiosa del piano di sotto. Era mia madre. Mi sembrava alquanto agitata. Riuscii a capirlo dal tono vocale che aveva appena utilizzato. Diedi così un ultimo sguardo allo specchio scuotendo i capelli per dar loro volume e movimento. Mi assicurai che il volto avesse una fisionomia più allegra per potermi presentare, e avendo preso il piccolo zainetto grigio posato vicino la porta la sera precedente, scesi rapidamente giù, dove in cucina, con espressione totalmente diversa dalla mia, una voce mi fece trasalire riportandomi al presente.
- Eccoti qui finalmente! Ti va del caffè?Mamma l'ha appena preparato.-
Esitai nel rispondere quella domanda, ma accettai senza troppe pretese. Ne presi subito un sorso e a dirla tutta, come previsto, non aveva per niente un buon sapore. Forse sarà stato il retrogusto di bruciato che mi disgustò, ma sì! Mi serviva prenderne qualche goccia. Mi voltai verso Andrea dicendogli che una buona dose di caffeina era fondamentale di prima mattina per tenersi svegli e attivi nel corso della giornata e lui semplicemente annuì. Andrea, è mio fratello maggiore di poco più di un anno di differenza. Come tutti i fratelli anche tra noi ce ne sono stati di alti e bassi. Andrea è sempre stato un ragazzo che se ne stava spesso e volentieri sulle sue. Diceva che preferiva starsene solo con pochi piuttosto che dà retta a quelli che lui definiva come una mandria di imbecilli.
In famiglia, Lui era quello che di mattina si svegliava prima degli altri. Non so da dove venisse tutta questa forza di volontà ma da una parte avrei voluto averla anch'io. Alle mie spalle, mia mamma impegnata nel lavare i piatti mi chiese:
- Dormito bene Violet? Lo chiedo perché tuo fratello è stato insonne questa notte.-
-Ah davvero? Personalmente ho dormito come un angelo. Quel materasso, da quando l'hai cambiato riesco a farci sonni tranquilli. Lo adoro!-
Risposi accennandole un sorriso.
- Andrea Tu non dovresti andare da Lewis?-
Mi voltai verso di lui.
- No Violet! Non credo ci vedremo oggi. Ho parlato con lui prima al telefono e dice di aver una forte influenza!-
-influenza?-
-Si! Sai con raffreddore, muchi, tosse tremenda?-
-Ah-ah. Spiritoso.-
- Comunque sì! Resterà a casa.-
Rintuzzò continuando a portare alla bocca quel delizioso ultimo boccone di pancake ricoperto di sciroppo d'acero, prendendo dal tavolo il telecomando accendendo il vecchio e grosso televisore. Inizio a cambiare i canali in modo casuale. Sapeva che nostra madre avrebbe avuto da ridire e a dirla tutta non avrebbe torto. Le lezioni sarebbero iniziate a breve e tra tutte le cose che doveva ancora fare non avrebbe sicuramente fatto in tempo ad arrivare al college in orario. Le pretese di nostra madre continuarono ad aumentare, ma Andrea però, si limitò a non ascoltarle. Dopo poco però lui iniziò a fissarmi inarcando elegantemente il sopracciglio sinistro, come se cercasse di dirmi qualcosa.
- Dimmi.- Gli chiesi con voce calda e autorevole e lui rispose ponendomi una domanda a sua volta.
-E tu Violet? Non dovresti andare al Liceo con Emily e Madison?
Giusto! Quasi me ne dimenticavo. Le ragazze mi stavano aspettando da un bel po'.
-Perché me lo chiedi?-
- Tanto per Violet. Non è che potresti salutarmele?-
-Ehm... Si, certo!-
Scossi la testa stranita. Non sapevo il motivo per cui me l'avesse chiesto. Non aveva mai avuto alcun tipo di rapporto con loro. La cosa mi sembrava strana, ma non gli feci troppe domande.
Tra le luci del muro in legno di ciliegio di casa mia, mia madre guardava ripetutamente le lancette dell'orologio da polso, in attesa che segnassero le otto in punto per mandarci via da lì e godersi un po' di tranquillità con il nostro cane, Charlie.
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The Shadows Remain
FanfictionViolet, era una semplice studentessa liceale dai mille progetti per il futuro. Lei e suo fratello Andrea vivevano ad Underwood Hills, una tranquilla cittadina nei pressi di Atalanta con l'assenza di un padre ed una madre spesso ricoverata per un per...