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Un angelo pensai. Oppure una creatura affascinante mandata da Dio per distruggermi più di quanto io non lo sia già.
Non so chi sia, non so cosa ci faccia qui, ma so che tutto ciò non è un caso.
Affascinata e rapita dalle sue parole alquanto meravigliose che mai avevo sentito, rimango lì immobile a fissarlo. Lui fa altrettanto.
I nostri sguardi si scontrano, i nostri cuori tumultano e i nostri corpi fremono.
Il dolore nel mio petto non è sparito, il vuoto che sento è ancora lì.
Le lacrime non vogliono smettere di sgorgare e il cuore in tumulto, viene attraversato e tranciato da diversi spasmi.
L'angelo probabilmente diavolo, passa le sue dita setose sulle mie guance ascugandomi le lacrime. Dai suoi occhi vedo che è triste. Nel verde menta delle sue iridi, intravedo una nota di oscurità, un pizzico di verde scuro.
Una malinconia che non sembra avere fine turba la sua anima, un vuoto incolmato persiste nel suo cuore. I suoi occhi mi parlano, mi gridano contro.
Mi chiedono aiuto e lo vedo che sono stanchi. Stanchi della vita.
Non che io possa fare qualcosa però.
Anche io, sono turbata.
Anche io sono stanca. Ogni secondo che passa, il mio cuore viene attraversato e trafitto da spine pungenti, e il buco nero continua a risucchiare tutto lasciando solo vuoto.
Entrambi siamo vuoti, e questo sembra averlo capito anche lui.
Come se avessi visto troppo, come se avessi osservato la sua anima nuda, come se avessi scavato  troppo a fondo nel suo cuore, distoglie lo sguardo. Come se sostenere il mio fosse troppo arduo e doloroso.
Abbandona le mie mani e il poco calore che riusciva a trasmettermi con quel gesto fatto in modo così naturale, sparisce.  Si siede per terra davanti alla candela mentre il continuo gocciolare della pioggia persiste.
Non sapendo cosa fare, rimango in disparte, troppo spaventata e intimorita per avvicinarmi a lui.
Balza inpiedi raggungendomi a carponi mentre mi faccio piccina piccina
<<Non ti mangio mica, sai?  sono vegetariano dopo tutto>>dice con una nota di divertimento nella voce.
Io di rimando non rispondo. Non so cosa voglia da me, e il suo improvviso arrivo in questa catapecchia mi ha alquanto scosso in tutto e per tutto.
<<Con te non si può spicciare parole eh?>> Sospira<< Ho capito. Allora vorrà dire che comunicherò in un altro modo>> chiarì sorridendo e prendendomi nuovamente la mano, correndo fuori dalla baracca.
I piedi si muovono contro la mia volontà mentre vengo trascinata fuori.
Gli occhi vengono investiti dalla luce, visto che prima ero immersa nel buio. Anche se il cielo è grigio e pieno di nuvole, si intravedono barlumi di raggi di sole.
La sua mano stringe forte il mio polso, e alla luce della pioggia la sua pelle è più bianca di quanto lo sembrasse prima, pallido come un fantasma.
Corriamo lungo le strade di questa città. I miei sandali si riempiono di acqua piovana, ma non ci faccio caso.
Non ci faccio caso perché tutto attorno a me è meraviglioso.
I passanti ci scivolano dietro impassibili, avvolti nel grigio dei loro abiti e dalla monotonia dei loro ombrelli. Alberi qua e là si ergono inpiedi sovrastando i palazzi dai toni scuri, raccogliendo perle di pioggia.
L'asfalto duro e compatto procede ramificato per le vie mentre i nostri piedi sguazzano nelle pozze.
Tutto troppo strano.
Tutto troppo diverso dal villaggio, dove si ergevano imponenti querce sottostate da minute capanne di terra cotta e lastre di metallo, dove non esiste l'asfalto e le strade sono polverose e colorate di un rosso mattone. Dove quando le poche volte che piove, tira giù un acquazzone talmente potente da risultare fitto alla vista, dove i fiumi rinsecchiti si gonfiano e straripano.
Tutto troppo nuovo.
Una madre cammina con il figlio che la segue a ruota. Madre troppo indaffarata per rendersi conto che il figlio sta piangendo.
Chi sa che fine ha fatto, la mia, di madre.
Un madre troppo giovane per essere madre, morta dando vita a sua figlia.
Il padre non si sa chi sia, potrebbe essere uno di quei giovincelli che lei soddisfava in cambio di soldi, oppure potrebbe essere un ottantenne attratto dalle giovani donne.
Per vivere lei vendeva il suo corpo, giovani e vecchi hanno usufruito di lei per dissetare la loro infinita sete di passione, sfogando le loro frustrazioni sul suo corpo. Almeno così mi è stato detto da nonna, una donna arcuata e tozza con occhi talmente piccoli da sembrare inesistenti.
Corriamo per non so quanto tempo, fino a raggiungere il centro della città, circondata da magnifiche mura storiche. Avevo letto qualcosa sulle mura di Treviso, ma vederlo dal vivo è molto più elettrizzante. Le mura erano state costruite intorno alla città per proteggere gli abitanti dagli attacchi esterni,  i sotterranei erano un vero e proprio labirinto con camere d'attacco piene di cannoni, da cui i soldati attaccavano i nemici. Questa meraviglia architettonica erge ancora a pezzi, dando un tocco di classe alla città e molta storia.
Corriamo tra i passanti procedendo per una salita, appena arrivati in cima ci fermiamo.  I polmoni reclamano ossigeno mentre ci pieghiamo sulle ginocchia stanchi per la lunga corsa.
Una volta esserci ripresi rimango estasiata. Siamo sopra le mura, tutto attorno a noi è pieno di bancarelle che aspettano di esser aperte, un palco erge imponente in mezzo alla strada di ghiaia e sassi, dove musicisti sistemano i loro strumenti per un imminente concerto.
<<Qui sulle mura vengono organizzate continuamente delle feste>> disse <<io sono uno dei musicisti che dovrebbero esibirsi stasera, ma credo che darò buca>>
Non so da dove sia sbucato questo ragazzo dal viso di porcellana.
Non so perché mi abbia portato qui, ma devo ammettere che mi intriga molto.
Con pochi passi raggiunge il bordo dalle costruzione e si siede, con le gambe che penzolano nel vuoto. Mi indica di fare altrettanto e io lo imito.
Con i piedi abbandonati nel vuoto, osservo la notte che cala su di noi.
<<Baro! Vieni un attimo qui>> grida lui a un uomo sulla trentina che passava dietro di noi, occhiali spessi sul naso e capelli unti. Sulla maglia color lavanda sta appeso un cartellino con il nome: Luigi Baro.
<<Dimmi tutto Stokes>> disse l'uomo al ragazzo, guardandomi a malapena con la coda dell'occhio.
<<Ghiacciolo al limone e un latte al cioccolato, il più bollente possibile>>
L'uomo annuì prima di allontanarsi da noi dirigendosi ad una bancarella, il posto dove lavora suppongo.
Il buio soccombe lentamente su di noi, il freddo si fa sentire sempre di più.
Mi stringo nella canottiera, finché non sento una felpa coprirmi le spalle e un dolce sorriso, accompagnato da uno sguardo penetrante.

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