<<Quindi non parla mai?>> Disse posando la tazza sul tavolo. <<e sai anche il motivo? >>.
<<Non ne so nulla>> disse lui portandosi un biscotto alle labbra, abbassando lo sguardo.
Seduta in mezzo a loro, mi sento totalmente fuoriluogo.
Come una sconosciuta che si intrufula a casa di qualcuno all'ora di cena.
Come un morto in mezzo ai vivi.
<<Allora perché l'hai portata qui? >> disse con tono sprezzante, rivolgendomi uno sguardo truce.
<<Non iniziare Sam>> rispose lui sostenendo lo sguardo della sorella al posto mio <<non potevo lasciarla in quella catapecchia>>.
<<E perché no? >> domanda posando i gomiti sul tavolo e reggendosi il volto con un palmo della mano.
Abbasso lo sguardo.
Nemmeno io so perché mi ha portato a casa sua.
Non so perché mi ha portato via dal bar abbandonato, dove potevo dare libero sfogo ai miei sentimenti.
Non so perché mi ha recitato quella poesia.
Non so perché mi ha portata sulle splendide mura di Treviso, comprandomi anche un latte al cioccolato che al pensiero mi viene nuovamente l'acquolina.
Non so perché mi ha tenuta stressa a sé tutta la notte, con l'intento di farmi addormentare.
Cosa impossibile, visto che ha ronfato tutta notte.
Al pensiero mi lascio sfuggire una leggera risata mentre due paia di occhi, una color prato e una color ghiaccio, si posano su di me guardandomi senza capire.
Mi schiarisco la gola colta in flagrante mentre porto la tazza di tè alle labbra.
<<È per caso pazza?>> domanda la giovane donna con tono per nulla ironico.
<<Smettila Sam>> sbotta lui guardando in modo cagnesco la donna.
<<Sicuro che non sia una puttana?>>
<<Sam!>> urla all'improvviso sbattendo violentemente le mani sul tavolo facendomi sussultare.
<<devi smetterla! >>
<<Io non posso portarmi qualcuno in casa e tu si? Non ti sembra un po' ingiusto, eh Aiden? >> risponde a tono lei alzandosi in piedi a sostenere lo sguardo del fratello.
Incollo le labbra alla tazza mantenendo lo sguardo basso e tacendo, troppo spaventata dai loro animi irrequieti.
Vedo la sua mano stringersi in un pugno stretto, fino a far diventare lo nocche bianche, più di quanto lo siano già.
Poi, lentamente, si rilassa sciogliendo il pugno e tornandosi a sedere.
<<È complicato da spiegare Sam>> disse sbuffando inzuppando un biscotto nel suo latte.
<<In qualche modo devi farlo>> rispose lei mentre le pupille color ghiaccio le brillavano.
<<Vedi, diciamo che aveva bisogno di aiuto>>
<<In che senso di aiuto?>>
<<Di aiuto>>
<<Spiegati>>
<<Mi sono spiegato>>
<<Non ti sei spiegato>>
<<Sei tu che devi spiegare>>
<<Io non devo spiegare nulla>>
<<Si invece, devi spiegare quella cosa che devi spiegarmi >>
<<Ciò che dici non ha senso>>
<<Tu non hai un senso>>
<<Ora spiega>>
<<Spiegare cosa? >>
<<Aiden! >> sbraita lei tamburellando le dita sul tavolo in attesa di risposta, sbuffando spazientita.
Sorrido tra me e me nel vederli battibeccare come due bambini.
Lui invece di rimando sospira, alzando lo sguardo su quello della sorella.
<<Stava soffrendo, e l'ho aiutata>>
<<Soffrendo in che senso? >>
<<Nel senso che ho detto>>
<<Ci sono molti tipi di sofferenza, Aiden>> ribadisce lei posandosi contro lo schienale della sedia, accavallando le gambe. <<Spiegati meglio >>
Dopo minuti interminabili nella quale Aiden non ha proferito parola, sua sorella si alza dalla sedia sbuffando, afferrando le chiavi e la borsa.
<<Non scopate troppo e tu, Aiden, ricorda il preservativo altrimenti finirete per sfornare bambini. Ricorda che il sesso è come la matematica: sottrai i vestiti, dividi le gambe e spera di non moltiplicarti. Vado a lavoro, ciao. >> concluse con tono freddo prima di chiudersi la porta alle spalle.
Un lungo sospiro esce dalle labbra del ragazzo mentre tengo ancora la tazza incollata alle mie di labbra, notando solo ora che il mio tè si è freddato.
<<Mi dispiace tu debba assistere a ciò, purtroppo mia sorella è fatta così>> disse alzandosi dalla sedia e posando la sua tazza nel lavandino, per poi girarsi verso di me.
<<Quella felpa sta meglio a te che a me>> sorride tornando a sedersi al suo posto, davanti a me, cercando il mio sguardo.
Appena incrocio le sue iridi color prato, rabbrividisco per l'intensità mentre il mio cuore prende a galoppare a tutta velocità. Sorridiamo.
<<ho passato una bella nottata con te>> allarga il sorriso rivelando i denti bianchi come la neve, per poi alzarsi nuovamente e correre verso la sua stanza, lasciandomi lì confusa.
Poggio la tazza sul tavolo mentre la sua morte mi si para nuovamente davanti agli occhi.
Stringo le labbra tra i denti per trattenere le lacrime.
Sembra che fin da quando sono nata il fato e l'universo ce l'abbiano con me.
Nella mia misera e insulsa vita, le uniche cose che conosco bene sono l'odio e l'abbandono.
Quando in mezzo ai campi, il capo villaggio veniva a bastonarci se non lavoravamo in fretta.
Un uomo dai sessant'anni circa, alto e con qualche segno di vecchiaia sul volto. Arrivava da dietro e ti tirava una bastonata forte e decisa sul fondoschiena, intimorendoti con tono fermo e deciso. Non potevi reagire, non potevi lamentarti. Se osavi fiatare, rischiavi una punizione ben peggiore.
Bastonava tutti, tranne lei. Lei che ogni volta che quell'uomo mi metteva le mani addosso, cominciava a protestare. Ogni volta le dicevo di lasciar stare, che non serviva a nulla, che si stava solo gettando in un fosso. Ma lei non mi ascoltava, così il capo villaggio le riservava un trattamento più crudele e spietato.
Ogni volta, era la stessa storia.
Diceva: <<anche oggi hai osato contraddirmi, sta sera vieni nella mia capanna e riciverai la tua punizione>>.
Diceva così ogni volta, e poi, la sera, quando il sole si nascondeva dalla luna e le stelle luccicavano come diamanti in cielo, lui la violentava.
Tornava da me piena di lividi e uno strano modo di camminare.
Aveva gli occhi gonfi dal pianto e arrossati, ma sorrideva.
<<Sono solo dei lividi da nulla, non preoccuparti>> diceva.
Ma lei non sapeva che io sapevo tutto.
Ogni notte passavo di lì, e sentivo quel porco divorare le sue carni mentre lei piangeva dal dolore. <<Non fiatare, o ci sentirà tutto il villaggio! >> diceva, e subito lei taceva, soffrendo in silenzio mentre lui dissetava la sua sete di passione e si sfogava sul suo corpo.
Ed è proprio lì, davanti a tanta violenza, che mi accovacciavo davanti alla capanna di abusi e piangevo per lei.
Sfogavo la sua ira e svuotavo il suo cuore dal dolore.
Il problema però è che non era l'unica a subire tali violenze.
Quasi tutte le ragazze del villaggio, quasi tutte erano abusate sessualmente da quel maniaco, e alcune hanno pure avuto figli da lui, mentendo però alla famiglia dicendo che era stata un'avventura da una notte con un donzello qualunque, troppo intimorite e spaventate per dire che è stato il capo villaggio. Così, venivano scomunicate dalla famiglia e abbandonate per strada con il figlio a parere loro "che non dovrebbe nemmeno esistere", a lemosinare qualche spiccio per comprare un tozzo di pane e sfamare la propria creatura.
Sospiro cacciando via dalla mia mente tali ricordi dolorosi, alzandomi e raggiungendo il ragazzo in camera sua. Mi fermo davanti all'uscio della porta socchiusa e subito mi si gela il sangue.
<<Grazie mille John, mi sei stato veramente d'aiuto. >>
<<Di nulla fratello, ma dimmi, a cosa ti serve questa valigia tutta rotta? Se stava nel bar abbandonato non pensi che potrebbe essere di qualche barbone? >>
<<Ti spiegheró tutto a tempo debito, ma ora ho veramente da fare>>
<<Va bene, ma sappi che mi devi minimo una birra. Solo un pazzo come te chiede al suo migliore amico di portarsi dietro una scala per consegnare una valigia così anticuata dalla finestra. E sono un pazzo io ad aver accettato>> afferma il suo amico con una leggera risata.
Da quel poco che riesco a vedere, è un ragazzo con i capelli biondo cenere e gli occhi color nocciola. Un viso pulito e lineamenti spigolosi, labbra sottili e orecchino al destro. Non riesco ben a definire se sia alto o meno. Si salutano prima che lui chiuda la finestra. Sospira davanti alla valigia sul letto, per poi aprirla.
Sento il cuore iniziare a battermi all'impazzata mentre sento l'ansia prendere il possesso del mio corpo.
Prende un documento tra le mani, uno abbastanza vecchio e di carta giallastra.
<<Shiva... Wendrago Shiva>> fa un ampio sorriso mentre rabbrividisco nel sentire il mio nome bagnare le sue labbra.
Prende un'altro documento tra le mani leggendo il nome:
<< Wendrago Mila>> il cuore che prima galoppava, ora perde battiti nel sentire il suo nome.
Gli occhi si offuscano mentre entro nella stanza, le lacrime mi rigano le guance quando gli strappo il documento dalla mano.
<<No! >> urlo stringendo il labbro tra i denti, mentre le lacrime continuano a scorrere imperterrite
<<Si invece. Si cazzo! >> urla di rimando lui, spiazzandomi del tutto.
<<ho bisogno di conoscerti, ho bisogno di sapere chi sei, non posso aiutarti altrimenti! >> si avvicina lentamente a me, portandomi ad indietreggiare di qualche passo.
<<È per lei che stai male, giusto? >> indica il documento di Mila ormai accartocciato, stretto nella mia mano.
<<dimmi, è morta? >> sbarro gli occhi, mentre migliaia di lacrime fanno a gara per chi esce prima.
<<No! Non dirlo! Lei non è morta, è ancora qui, è ancora qui con me! È proprio qui al mio fianco, non la vedi? >> dico cominciando a singhiozzare, mentre il vuoto nel cuore si apre sempre di più <<lei è proprio qui, mi sta tenendo la mano e mi sta sorridendo, possibile che non la vedi?! La mia Mila è proprio qui! Lei non è morta! >> concludo a denti stretti mentre sento il cuore pulsare dal dolore
<<Si che è morta invece, lo sospettavo e ora ne sono sicuro. È morta cazzo, è morta! Devi capirlo! È morta! >>
<<Smettila! >> lo affronto posando le mani sul suo petto colpendolo diverse volte. <<non è morta! Lei non è morta, non può esser morta! >> mette dolcemente le mani fredde attorno al mio collo facendomi rabbrividire per il contatto, costringendomi a guardarlo negli occhi.
<<È morta. Che ti piaccia o no devi accettarlo>> conclude con tono freddo mentre le sue iridi color smeraldo cercano di penetrare il mio seguardo sciolto dal pianto.
Indietreggio lentamente, come se il suo corpo fosse improvvisamente diventato un pezzo di ferro rovente, cadendo infine sulle mie gambe, troppo esili per poter reggere tutto questo dolore.
Si avvicina a carponi sollevandomi da un braccio senza usare la minima forza che possiede, trascinandomi fuori dalla stanza.
<<Lasciami! >> urlo cercando di liberarmi dalla sua presa, mentre la rafforza di più.
Non risponde andando verso la porta di casa, prendendo prima una pala continuando a trascinarmi fuori mentre urlo di mollare la presa.
Vengo sommersa da una miriade di emozioni: paura, ansia, terrore e senso di vomito.
Cosa vorrà fare con quella pala? Intende uccidermi e sotterrarmi da qualche parte?
Rabbrividisco dal terrore.
<<Lasciami, ti prego! >> grido per l'ennesima volta senza riceve risposta, mentre mi carica di peso dentro una jeep per poi partire a tutta velocità, non degnandoni nemmeno di uno sguardo.
Tremo dalla testa ai piedi, mentre le lacrime fuoriescono coppiose.
La mia ora è ormai giunta.
Mi porterà in un posto abbandonato, mi ucciderà come si uccide un moscerino e mi getterà in un fosso.
Dopo tutto non ho più nulla da perdere, giusto?
Un'anima in pena abbandonata nel buio, destinata a vagare in eterno.
Questa sono io.
Se morissi, almeno smetterei di soffrire no?
<<Ti farò vedere che è morta>> dice mentre saliamo ai piedi di una collina, fino a che non spegne il motore della jeep.
Anche se morire darebbe pace alla mia anima, l'idea mi terrorizza e tutti i miei buoni propositi spariscono.
Scendo dalla jeep cominciando a correre lontano da lui, notando solo ora di essere scalza e di avvere addosso solo il suo maglione che mi aveva prestato.
<<Torna qui! >> lo sento urlare mentre mi insegue, facendomi andare più veloce.
Caccio ogni tanto uno sguardo dietro di me, e ogni volta è sempre più vicino.
Corro con tutte le mie forze mentre sento i sassi graffiarmi i piedi e l'aria fredda penetrarmi nelle ossa, facendo anche volare le mie treccine all'indietro.
Mi si mozza il fiato quando sento una mano gelida afferrarmi il braccio e tirarmi con forza indietro, strattonandomi dalla parte opposta in cui correvo.
<<Mollami! >> urlo piantando i piedi a terra, ma venendo comunque trascinata, sentendo il vento freddo sbattermi in faccia.
<<Non voglio morire! >> sbotto con un lamento pieno di lacrime e singhiozzi, sentendo la sua presa sul mio braccio diventare più salda.
Arriviamo al centro della collina dove sta un cumulo di terra e una lastra di legno conficcata nel terreno.
<<Non ho intenzione di ucciderti, ma non scappare.>> dice prima di prendere la palla e cominciando a scavare un fosso accanto all cumulo di terreno.
Mi avvicinò di più in quella zona, e mi si gela il sangue nel leggere ciò che sta scritto nell'astra di legno conficcata nel terreno. "Loren Stokes. Ti voglio bene mamma".
Istintivamente poso lo sguardo su di lui, ancora impegnato a scavare con la mascella serrata.
<<Aiden, per caso... >>
<<Si, è mia madre. Ed è morta>>.
Sento il cuore riempirsi di tristezza mentre continuo ad osservarlo.
Quindi, sua madre è morta?
Chi sà quanto avrà sofferto.
Subito, l'immagine di un piccolo Aiden che viene baciato dalla madre si insinua nella mia mente.
Un piccolo Aiden che tiene la mano della mamma il primo giorno di scuola.
Un Aiden che compie i quindici anni con la mamma e la famiglia.
Un Aiden che viene devastato dal dolore, scoprendo della sua morte.
Pensavo di essere l'unica a conoscere il dolore come le mie tasche, ma sbagliavo.
Anche lui è un anima tormentata abbandonato nel buio, destinato a vagare in eterno.
Dopo aver finito di scavare la fossa la riempie di sassi, per poi ricoprire nuovamente il tutto con la terra.
Prende dalla jeep un'asta di legno tirando fuori dalla tasca un pennarello nero, incidendo un nome e cognome sopra. "Mila Wendrago".
Conficca con forza la lastra davanti alla tomba.
<<Vedi, é morta>>
Osservo la tomba con scritto il suo nome, per poi osservare quella di sua madre.
Passo lo sguardo su entrambe le tombe, più volte e sempre più velocemente, fino a lanciare un urlo.
Urlo per il dolore che ci tocca sopportare.
Urlo perché colui chiamato Dio ci ha voltato le spalle, abbandonandoci tra le tenebre.
Urlo perché non ne posso più, perché sono stanca di soffrire senza aver fatto nulla di male, urlo perché non ce la faccio più.
Vengo scossa da brividi mentre mi brucia la gola, sentendo le sue braccia avvolgermi e stringermi forte al suo corpo, facendomi rabbrividire.
Prima ancora che possa reppliccare o opponermi a tale vicinanza, il suo viso si avvicina pericolosamente al mio, e le sue labbra premono contro le mie.
Ansimo mentre vengo tranciata da mille brividi, un tocco sublime e inaspettato, che fa esplodere il mio cuore di piacere. Tanto leggero, quanto intenso.
Ricambio da subito aggrappandomi a lui come se fosse la mia ancora di salvezza.
Come se fosse un bicchiere d'acqua fresca dopo aver attraversato il deserto, come un bagno caldo dopo esser stati fuori con la tempesta.
Gemo dal piacere mentre le nostre lingue si inseguono in una danza passionale fino a intrecciarsi tra di loro, inseparabili.
Si stacca lentamente rimanendo però a un soffio dalle mie labbra, stringendomi di più conto il suo corpo. Le sue mani si allacciano al mio collo mentre un il freddo di qualcosa di metallico tocca il mio petto: il ciondolo con l'ala di un angelo. Ce l'ha pure lui, al collo.
Solo ora mi rendo conto di essere senza fiato.
<<Riuscirò a colmare il vuoto che hai nel cuore, Shiva. >>
<<Anche io, Aiden.>>
Due anime abbandonate nel buio legate da un filo invisibile.

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Vuoto
RomanceUn'anima tormentata fin dalla nascita, abbandonata tra le fauci delle tenebre. Perde l'unica persona che realmente conta per lei. Un vuoto incolmato persiste nel suo cuore, vuoto che cresce sempre di più. Si trova in un posto a lei nuovo. Da sola...