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Premetto che questo sarà un capitolo abbastanza lungo, ma anche pieno di colpi di scena :)
Buona lettura!

Lo osservo di sottecchi con il mio latte e cioccolato in mano, talmente caldo da riuscire a scaldare tutto il mio corpo,tranne la mia anima. Quella non si scalderà più.
Lui invece, con questo freddo mangia un ghiacciolo al limone, dondolando i piedi nel vuoto sotto di noi.
<<Da dove vieni? Si vede che non sei di queste parti, sopratutto dal tuo accento straniero quando ti ho sentita urlare lì in quella catapecchia tutta da sola. >> continua ad osservarmi sbattendo più volte le lunghe ciglia, in attesa di una mia risposta.
Risposta che però non arriva.
Ancora non mi fido, ancora non lo conosco, e la paura che possa farmi del male è troppa.
Abbasso lo sguardo sui miei sandali zuppi della pioggia ormai cessata, i piedi congelati. Anche i miei vestiti sono bagnati.
Il pensiero che lui abbia assistito al mio momento di pazzia, un momento così intimo, mi imbarazza. E non poco. Se solo potessi arrossire in questo momento sarei un pomodoro appena colto.
<<Non devo proprio piacerti se non mi vuoi nemmeno parlare>> dice divertito <<ma almeno dammi un segno che mi faccia capire che la mia presenza non è del tutto indesiderata>>
Non sapendo cosa fare, completamente presa alla sprovvista serro la mascella puntando lo sguardo sul vuoto sotto di me.
<<Va bene, ho capito>> sospira <<le parole devo proprio cavartele di bocca>> finisce il suo ghiacciolo e butta il bastoncino, che finisce chi sà dove sotto di noi. Si alza e mi porge la mano con un timido sorriso all'angolo della bocca.
Titubante accetto, alzandomi.
Camminiamo mano nella mano, fino a raggiungere una bancarella piena di collane, bracciali, bigiotteria e sfarzosi gioielli.
Una in particolare attira la mia attenzione, una coppia di ciondoli con le ali di un angelo.
Istintivamente ne prendo uno in mano, osservando l'ala dorata e sfavillante, retta da una catenina del medesimo colore.
Subito l'oggetto mi viene strappato bruscamente dalla mano dalla proprietaria della bancarella non ché venditrice. Di statura bassa e parecchio in carne, mi osserva con i suoi occhi neri come la pece, parlando con tono sprezzante e accusatorio.
<<Non si tocca nulla finché non si compra>> ripone con cura il ciondolo mentre continua a guardarmi male.
Ritraggo lentamente la mano, mentre lui se la ride sotto i baffi.

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Camminiamo per le strade ormai buie della città, per una meta a me sconosciuta.
Il freddo continua a penetrare nelle mie carni, avendo i vestiti ancora zuppi.
I sandali guizzano a ogni passo, riproducendo uno strano rumore.
Lui sta in silenzio, e le poche volte che parla è per indirizzarmi la prossima strada da imboccare e la curva da intraprendere.
Solo ora, mi rendo conto di non conoscere il suo nome.
È apparso dal nulla, come un fantasma mentre ero rannicchiata nel mio dolore, nella mia distruzione, in quella che è la mia vita.
Benpoco sò di questo ragazzo misterioso, se non il cognome pronunciato prima dall'inserviente Baro sulle mura.
E se volesse farmi del male? Se volosse approfittare di me? E se non fosse un angelo, ma un diavolo?
Pensieri macabri e visioni violente si rincorrono nella mia mente, cercando di prevenire ciò che potrebbe accadere mentre paura e insicurezza si insidiano sotto la mia pelle.
Sembra un seducente vampiro nel buio, con il suo volto pallido e gli abiti scuri.
Abbasso lo sguardo osservando la ghiaia compatta e ancora bagnaticcia sotto i miei piedi, finché, all'improvviso, sospira e esclama: <<Sai, se non fosse per la luce di questi lampioni ti avrei già persa nell'oscurità, anche grazie al tuo colore di pelle. Mi ricordi un cioccolatino fondente>> ridacchia mentre io non oso alzare lo sguardo per affrontare le sue iridi, anche se il suo commento mi ha leggermente incurvato l'angolo della bocca all'insù.
Giriamo a destra e sbuchiamo in una zona piena di palazzetti con ogni tonalità di grigio e giallo, finché non ne raggiungiamo una bianca.
Attraversiamo il cancello in ferro battuto, percorrendo il vialetto di sassi fino ad arrivare davanti ad una massiccia porta in legno.
Prontamente lui, infila la mano nei jeans neri prendendo un mazzetto di chiavi mentre sento la paura montare nel petto.
Per un secondo, l'idea di scappare barluma nella mia mente, ma subito ci ripenso.
Non ho soldi con me, e sono bagnata fino all'ultima trecina.
La mia valigia è rimasta nella baracca, e da sola non saprei ritrovare la strada.
Infine mi rassegno all'idea di seguirlo e pregare che non abbia brutte intenzioni.
Entrando nel palazzetto, saliamo le scale fino al secondo piano, dirigendoci alla seconda porta a destra.
Anche qui, apre la porta ed entriamo.
Subito la scena che ci si presenta davanti agli occhi è sconvolgente.
Una donna e un uomo. Nudi. Lui sdraiato sul divano. Lei sopra di lui.
Come d'istinto, mi copro gli occhi con le mani, sentendo l'imbarazzo toccare il mio cuore.
<<Sam! Per tutti gli dei!>> grida lui.
Avendo gli occhi coperti non riesco a vedere nulla, ma percepisco dei passi intorno a me e un urlo.
<<Aiden! Non credevo saresti tornato così presto!>> esclama la voce femminile mentre sento rumore di stoffa, come un vestito che veniva raccolto da terra.
Un'altra voce maschile ma più profonda eccheggia  con tono imbarazzato
<<Se per voi non è un disturbo, io andrei...>>
<<Disturbo un corno, fuori dai coglioni! >> urla lui, prima di sentire altri passi nella stanza e una porta sbattere prepotentemente.
<<Devi smetterla di portare in casa gli uomini che ti sbatti Sam! Quante volte te l'ho ripetuto eh?! >>
<<Avevi detto che uscivi, quindi essendo uscita prima da lavoro ne ho approfittato. E non guardarmi così! Se non sbaglio anche tu ti sei portato qualcuno da sbatterti o mi sbaglio?!>>
Grida la donna. Percepisco i suoi occhi osservarmi dalla testa ai piedi.
<< Invece ti sbagli di grosso! >>
<<A me non pare proprio! >>
Sento sbuffare prima che una mano mi afferri  entrambi i polsi, levandomi i palmi dagli occhi.
Una giovane donna sta in piedi davanti a me, capelli dorati e occhi di un azzurro intenso.
Un leggero intimo in pizzo viola copre la sua nudità, mentre continua ad osservarmi come se fossi un topo in mezzo alla biblioteca.
<<Rivestiti, noi andiamo in camera mia.>> dice lui con tono freddo trascinandomi in un corridoio buio e rinchiudendoci in una stanza.
Cammina a carponi fino a raggiungere il letto e stendersi.
Rimango immobile a guardarmi attorno.
La Stanza di medie dimensioni, dispospone di ampie finestre e un armadio, un comodino uno specchio e una scrivania piena di libri.
I muri sono bianchi con qualche poster quà e là.
Nulla a che vedere con la mia vecchia camera da letto, dove dormivo su un materasso messo per terra, dove non c'era nessun armadio per i vesititi, ma solo dei sacconi. Dove non c'era nessun poster, ma solo un muro pieno di macchie. Dove non c'erano mobili, ma solo attrezzi per il campo.
Un profondo e roco sospiro esce dalle sue labbra, facendomi fremere.
<<Perdona mia sorella Sam, ma è fatta così.>>
Si alza mettendosi seduto, e quando si rende conto che sono ancora davanti alla porta, con sguardo confuso, mi raggiunge a  passo veloce. Indietreggio fino a trovarmi appiattita contro la porta.
<<te l'ho già detto, sono vegetariano>> dice emettendo una leggera risata, mentre si fa pericolosamente vicino. Cerco di indietreggiare nuovamente mentre i miei occhi si tuffano nelle sue iridi.
<<Anche se... >> con il pollice mi accarezza il labbro inferiore, mentre vengo attraversata da brividi e uno strano sentimento si insinua nel mio petto, un sentimento a me sconosciuto.
Dal verde prato, le sue iridi passano a un verde più scuro e meno nitido, posandosi sulle mie labbra.
Rimango lì, immobile tra la porta e lui, mentre fremo dalla testa ai piedi.
Non so perché il mio corpo reagisce così.
<<Tu...>>
Vorrei dirgli di allontanarsi, di lasciarmi stare ma non ci riesco. Non riesco a far uscire un minimo verso dalla mia bocca.
Non so ancora cosa voglia da me, e la paura che sia un tipo losco mi consuma.
Desidero la sua lontananza, ma anche la sua vicinanza.
Desidero che mi stringa tra le sue braccia, ma anche non esser sfiorata da lui.
In questo momento, sono così.
Io sono un dente di leone, e lui il vento.
Arriva all'improvviso colpendomi con tutta la sua impetuosità, facendo spiccare il volo alla mia ragione, i miei sentimenti, il battito del mio cuore.
Poi, all'improvviso, come se fosse finalmente tornato in sé, come se si fosse reso conto di quello che stava per fare si allontana, distogliendo lo sguardo.
<<No, niente>>
Sento il petto bruciare e solo ora mi rendo contro di aver trettenuto il fiato.
Il cuore mi batte all'impazzata e sento che le gambe mi stanno per cedere.
Per un attimo, ho desiderato che non si fosse fermato, ma sono grata che lo abbia fatto.
<<Tieni, hai bisogno di una doccia calda. Il bagno è l'ultima porta in fondo al corridoio. Intanto vado a cercare qualcosa che puoi metterti. >>
Parla senza nemmeno guardarmi in faccia, porgendomi un asciugamano. Solo ora mi accorgo che ha le goti arrossate, un tocco di colore in quel viso pallido.
Quando prendo l'asciugamano in mano, striscia via uscendo dalla porta.
Sospiro, iniziando a spogliarmi dagli abiti fradici, per poi osservarmi davanti allo specchio.
Le lunghe treccine cadono dolci sulle spalle, coprendo parte del seno rotondo.
La vita stretta e una pancia un po' troppo piatta.
Occhi marroni come la pelle, Le scapole in vista.
Questa sono io. Questo è il mio corpo, modellato durante i duri anni di lavoro senza mai esser ripagato a dovere.
Aiden.
Così si chiama. Aiden Stokes.
Americano, credo.
Sospiro fasciandomi il corpo con l'asciugamano e uscendo dalla stanza, dirigendomi a l'ultima porta del corridoio.
Un bagno fornito di water, bidè, lavandino e box doccia, mi si para davanti.
Scivolo dentro il box doccia, levandomi l'asciugamano.
Apro il getto d'acqua lasciando che l'acqua bollente scivoli sul mio corpo, dandomi una sensazione di benessere mentre la mia mente vaga fino ad arrivare nuovamente a lui.
Subito un dolce tepore mi si accende nel cuore, mentre l'episodio di prima riappare davanti a me.
Se solo lo avesse fatto...
Dopo non so quanto tempo, esco dalla doccia e con l'asciugamano a coprirmi, torno in camera trovando il ragazzo indaffarato a farfugliare nell'armadio.
<<Vedo che hai finito>> percorre lo sguardo lungo il mio corpo gocciolante, per poi arrossire e distoglierlo subito dopo.
Un maglione grigio poggia con cura sopra la materasso, affiancato da un intimo in pizzo nero.
<<Controllando nell'armadio quella felpa è l'unica che potrebbe starti meno grande. Mentre l'intimo... >> arrosisce di più <<lo ha comprato mia sorella questa mattina>>
Mi avvicino lentamente al letto, prendendo la felpa e l'intimo in mano.
<<se vuoi mi giro...anzi, è ovvio che mi giro! Cioè, sempre se a te va... Ma che dico, è ovvio che a te vada che io mi giri!... Dannazione>> impreca a bassa voce, nella speranza che io non lo abbia sentito mentre mi lascio sfuggire una risatina.
<<Ok, mi giro>> conclude girandosi verso la finestra, dandomi la privacy necessaria.
Togliendo l'asciugamano indosso l'intimo, anche se il reggiseno mi sta leggermente piccolo.
Prendo il maglione infilandomelo.
È più grande di quanto pensassi.
Mi arriva fino a sopra il ginocchio, e le maniche mi coprono anche le mani.
Nonostante questo, subito mi riscalda avvolgendomi in una nube di calore, mentre il profumo della sua pelle su quel maglione mi invade le narici.
Dopo aver finito di vestirmi mi siedo sul letto, e lui si gira completamente rosso in viso
<<Forse era meglio che non mi mettevo proprio davanti alla finestra>> bisbiglio tra sé e sé.
L'idea che mi abbia visto senza indumenti, fa accelerare il battito del mio cuore.
<<Sono le undici. Sarà meglio mettersi a dormire>> sbadiglia per poi levarsi la maglietta. Brividi mi percorrono la colonna vertebrale.
Si leva anche  i pantaloni rimanendo con i boxer neri. Altri brividi mi percorrono la colonna vertebrale.
<<Per te non è un problema se resto così giusto? >> faccio no con la testa, mentre spegne le luci della stanza e mi raggiunge sul letto.
Si sdraia sul materasso, facendomi segno di fare lo stesso.
Obbedisco mentre sento il  mio cuore galoppare per l'improvvisa vicinanza.
Senza proferire parola o chiedere il permesso, mi abbraccia stringendomi forte contro il suo petto.
Con voce flebile e a malapena udibile, decido finalmente di parlare.
<<Aiden? >>
<<Si? >>
<<Grazie>>
Ed è così, che mi addormento.
Cullata dal battito dei nostri cuori.

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