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Lo smalto viola che stavo cercando di mettere sulle unghie cade rovinosamente a terra, rompendosi e macchiando il pavimento. Faccio un respiro profondo e cerco di non urlare.
Possibile che non me ne vada bene una?
Cercando di non ampliare il disastro che già ho creato, mi allungo fino a prendere la carta igienica e pulisco il rigagnolo viola che si espande sulle piastrelle del pavimento e su parte del davanzale su cui stavo provando a farmi una manicure. Dopo aver pulito quanto riuscivo, mi guardo allo specchio: non mi convincono né la mia faccia né i miei capelli.
Sospiro, scavando nel profondo per cercare un briciolo di forza di volontà per andare a scuola.
Mi aggrappo all'idea di rivedere le mie migliori amiche, che come sempre mi solleveranno il morale con le loro risate e le battute stupide.

«Lucrezia, se arrivi un'altra volta in ritardo a scuola nessuno ti salverà da una bella punizione!»
Mia madre, ansiosa come al solito, pensa ancora che io in terza liceo non sappia badare a me stessa. Forse ha ragione, ma cerco di convincermi che in realtà sono abbastanza autosufficiente per gestire la mia vita da sedicenne che sembra sempre più noiosa e complicata allo stesso tempo.
Per evitare di essere richiamata di nuovo, decido che è meglio uscire sul momento ma mia madre ha ancora qualcosa da ribattere: «Non fai colazione?»
«Mangerò qualcosa al bar davanti alla scuola con Raquel e Stella!» strillo io in risposta già fuori dal portone.
Metto il mio giubbotto e lo zaino su una spalla, e mi avvio verso quella che sarà un'altra giornata come le altre.
Il sole nascosto dietro le nuvole e l'aria pungente di fine Novembre mi fa pentire di non aver messo una seconda felpa. O di non essere rimasta sotto le coperte fingendomi malata.

Lungo il tragitto per arrivare alla fermata dell'autobus, mi perdo in quei pensieri troppo profondi che mi ritrovo di solito incastrati nella mente: chissà se un giorno percorreró questa strada con i miei figli ed esordiró con un teatrale 'questa è la strada che facevo per prendere il pullman e andare al liceo linguistico che ho frequentato!', oppure se mi trasferirò con la mia famiglia dall'altro capo del mondo e non passerò mai più di qua, o se mai avrò una famiglia. I soliti problemi che tutti i sedicenni, incapaci di vedere il proprio futuro con certezza, si fanno spesso, no?

Quando finalmente arrivo davanti al grande cancello della mia scuola, mi accorgo che le mie amiche non sono ancora arrivate e, dopo aver guardato l'ora ed essermi mentalmente congratula con me stessa per i 25 minuti di anticipo, decido di sedermi su una panchina ed ascoltare un po' di musica. Srotolo con non poca difficoltà gli auricolari e inizio ad ascoltare la mia playlist con le canzoni dei Måneskin... Il modo giusto di sistemare una giornata partita con il piede sbagliato.
Le note di 'Le parole lontane' mi fanno quasi dimenticare dove sono, sperando un giorno di avere qualcuno a cui dedicare frasi così profonde e sincere.

𝘊𝘰𝘮𝘦 𝘭'𝘢𝘳𝘪𝘢 𝘮𝘪 𝘳𝘦𝘴𝘱𝘪𝘳𝘦𝘳𝘢𝘪

𝘐𝘭 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘰 𝘤𝘩𝘦

𝘛𝘪 𝘯𝘢𝘴𝘤𝘰𝘯𝘥𝘦𝘳ò 𝘥𝘦𝘯𝘵𝘳𝘰 𝘧𝘳𝘢𝘴𝘪 𝘤𝘩𝘦

𝘕𝘰𝘯 𝘴𝘦𝘯𝘵𝘪𝘳𝘢𝘪

𝘊𝘩𝘦 𝘭'𝘦𝘳𝘳𝘰𝘳𝘦 𝘵𝘶𝘰 è 𝘴𝘵𝘢𝘵𝘰 𝘢𝘮𝘢𝘳𝘮𝘪

𝘊𝘰𝘮𝘦 𝘴𝘦 𝘥𝘰𝘮𝘢𝘯𝘪

𝘐𝘭 𝘮𝘰𝘯𝘥𝘰 𝘧𝘰𝘴𝘴𝘦 𝘶𝘨𝘶𝘢𝘭𝘦

𝘈 𝘤𝘰𝘮'𝘦𝘳𝘢 𝘪𝘦𝘳𝘪

Mi sembra quasi di essere in un universo parallelo quando qualcuno mi scuote con energia per una spalla. Tolgo le cuffiette e sorrido a Raquel e Stella, le mie migliori amiche.
«Mi avete spaventata!» Dico guardandole con finta rabbia.
«Sembravi su un'altra pianeta, Lu!» mi risponde Stella barcollando in modo drammatico davanti alla mia panchina prendendomi in giro
«Sapete che è l'effetto che mi fanno i Måneskin...» Provo a giustificarmi. «Beh adesso che siete arrivate, andiamo a mangiare quelle brioches al bar qui davanti o mi fate digiunare?»

Le parole lontaneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora