due

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Ben mi guarda dolorante, il suo sguardo é pieno di dispiacere ma sul suo volto compare ancora una smorfia di superiorità.
"Woah Emma calmina!".
"Non provare a dirmi di stare calma Ben!" gli sbraito contro con rabbia alzando la mano chiusa a pugno.
Lui fa un passo indietro quasi spaventato da questo mio comportamento.
Alle mie spalle i Segugi sghignazzano tra di loro e tutti gli altri nell'arena ci lanciano occhiate a dir poco piacevoli.
"Beh? Che avete da guardare?".
Sono molto arrabbiata e un'onda di tristezza e solitudine mi avvolge.
I miei pensieri si focalizzano sulle uniche persone responsabili della mia recente litigata: i miei genitori.
Non li vedrò mai più.

C'è da sapere che qui, oggi, nel 3187, le famiglie sono solo a scopo educativo.
I genitori dei bambini, una volta che questi sono nati, hanno 7 anni di tempo per istruirli al meglio, dando loro un'educazione e fornendo loro le nozioni principali per la sopravvivenza.
Quando i figli raggiungono il settimo anno di vita vengono separati dai loro genitori e trasferiti sulla Luna.
Qui lavorano per 13 anni in centrali termiche e di estrazione di materiali dal suolo lunare.
Raggiunti i 20 anni di età, vengono assegnati ad una persona del sesso opposto al loro, in modo tale che possano procreare e portare avanti la specie.
La legge qui è molto rigida: si può avere uno ed un solo figlio.
Nel caso in cui questo non avviene uno dei due deve essere eliminato e viene perciò spedito sulla Terra per alimentare qualche belva feroce vivente sul pianeta natale.
Poi, vengono spostati nuovamente su Marte, pianeta sul quale erano nati, per concludere la loro vita lavorando duramente fino alla morte.

Uno spintone mi fa riprendere dai miei pensieri e mi rendo conto di essermi addormentata lì, nel bel mezzo del caos dell'arena per un tempo che non saprei definire.
Il Segugio che mi aveva condotto dentro mi prende per un braccio e mi tira su: "Forza ragazzina, è ora di confessare".
Per la prima volta in tutta la mia inutile esistenza mi rendo conto di avere paura, paura di morire.
Mi faccio coraggio e trascinata dal Segugio lo seguo fuori dall'arena.
Mi guida attraverso un lungo corridoio, le pareti sono scure e led intermittenti rosse sono le uniche fonti di luce.
Camminiamo per un tempo che sembra interminabile e alla fine arriviamo ad una porta nera, con una grossa maniglia circolare.
Il soldato la fa ruotare per tre volte a sinistra e subito dopo un rumoroso suono la porta si apre su una stanza grandissima e piena di gente.
Segugi, politici e un signore che mi spaventa parecchio: é alto, magro, il viso allungato, sembra un topo. Le braccia sono smilze e le gambe sottilissime, porta degli occhiali rotondi e mi scruta dall'alto in basso attentamente.
Dopodiché mi dice: "Siediti prigioniero numero 7934, è ora di parlare un po' , non credi?".

La superficie è fredda e un brivido mi attraversa la schiena, il Segugio che mi aveva accompagnato mi fa accomodare con violenza su quella che si potrebbe definire una sedia.
Appena mi rendo conto della struttura sotto di me ho già le mani legate dietro la schiena.
La seggiola si illumina totalmente di blu e in quel momento tutta la sala si fa silenziosa.
L'unico rumore che sento è il martellante battito del mio cuore e il mio respiro affannato.
L'uomo ratto mi guarda attraverso le lenti dei suoi occhiali.
La sua espressione è agghiacciante, ed è pienamente sicuro di sé.
Cosa mi hanno portato qui a fare se tanto mi faranno quello che vogliono loro?
Cerco di raccogliere le idee e di focalizzarmi su ciò che devo dire riguardo all'omicidio che ho commesso.

"Bene, allora, passiamo subito al dunque, la navetta per il pianeta Terra partirà domattina e tu, stanne certa, ci salirai, con le buone o con le cattive" mi dice lo schifoso uomo topo.
"Mi presento, sono il signor Johnson e sono stato chiamato per giudicare la terribile azione da te commessa".
Non ha per niente l'aspetto di un giudice.
Porta una giacca verde salvia, i pantaloni viola e i capelli all'aria.
Sotto gli si intravede una maglia bordeaux, in pratica ha un pessimo gusto nel vestire.
Mi guarda storto, lo ammetto, ma la cosa è reciproca.
Dista da me solo qualche decina di centimetri ma la sua puzza incredibile, come quella di chi non si lava da giorni, giunge facilmente al mio setto nasale.

"Perché hai ucciso il soldato 67?"

Ecco.
La tanto attesa domanda è stata posta.
La paura inizia a crescere dentro di me ma mi faccio coraggio e rispondo.

"Perché se lo è meritato".

"Non è una risposta valida, argomenta di più prigioniero 7934"

Che odio, ancora si limita a chiamarmi per numero.

"Ha ucciso i miei genitori, e io ho ucciso lui".
Grosse lacrime si stanno formando nei miei occhi, non di tristezza, ma di rabbia.

"Ora parlo io." dice il giudice.
"Dal video della sorveglianza risulta che il giorno 15 del mese 82 anno 3187, a 35 giorni da oggi, il prigioniero 7934 ha ucciso il soldato 67, noto con il nome di Jim Cattle, utilizzando come arma un martello, portato precedentemente nella sua cella per riparare il buco da lui realizzato nel muro per nascondere il cibo rubato dalla mensa.
Il prigioniero, inoltre, non si è limitato a privare della vita un soldato, ma ha persino nascosto il cadavere sotto il pavimento in attesa del suo rinvenimento 4 giorni dopo.
Secondo l'articolo 573, il prigioniero è condannato all'esilio totale sul pianeta Terra."

Le parole mi attraversano con una potenza tale che probabilmente non le sento nemmeno.
Avrei dovuto lasciare quel posto terribile, per andare in uno ancora peggiore.
La mia vita poteva essere considerata un disastro totale.

Sento il Segugio che mi spinge da dietro con una mano per riscuotermi dalla mia posizione.
Il giudice mi guarda dritto negli occhi, sulle sue labbra un sorriso di vittoria e le sue mani congiunte un segno di goduria.

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