Capitolo II - Vita amara

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Chiedere a Fabio di fare qualcosa raramente sortiva l'effetto desiderato, anzi, di solito succedeva l'esatto contrario e quella sera non fece eccezione.

All'ennesimo guaito, poiché non potevano considerarsi gemiti quelle urla strozzate che si diffondevano per tutto l'appartamento, Cecilia si sedette sul letto urlando un infastidito: «E basta!» che non fu minimamente ascoltato.

Essendo ormai le due di notte passate, si trasferì in camera della sua coinquilina che per posizione era la più silenziosa della casa, dove riuscì finalmente ad addormentarsi.

Il mattino seguente la situazione non fu migliore: il soggiorno era ridotto alla stregua di un campo di battaglia, probabilmente le effusioni, o colluttazioni, era difficile da capire, erano iniziate lì, a giudicare dai cuscini buttati per terra e dalla posizione delle stoviglie sul tavolo.

«Lo hanno fatto sul tavolo?» si domandò, inorridita solo all'idea.

Fu lo stato della cucina a farla pentire di essersi svegliata quella mattina: diverse pentole e padelle, ancora sporche, erano accatastate nel lavello e sul ripiano della cucina insieme ad altre posate.

«Com'è possibile che cucini per due e sporchi per quaranta!» s'innervosì, osservando le condizioni in cui versava la cucina.

«Non ti preoccupare Ceci, poi pulisco tutto.»

La voce mezza assonnata del suo coinquilino la fece trasalire, non lo aveva sentito arrivare.

«Sarà meglio per te» rispose con finto tono minaccioso. «Sei già sveglio?» si sorprese, notando che era in anticipo di almeno quaranta minuti sulla sua solita tabella di marcia.

«Sì, dovrei arrivare prima al lavoro e comunque Vanessa doveva studiare» spiegò laconico mentre preparava la moka.

«Quindi Vanessa è sveglia?»

Fabio annuì girandosi verso di lei.

«È in bagno.»

«La rivedrò ancora?» domandò Cecilia, fingendo un tono indifferente.

L'altro strabuzzò gli occhi, scuotendo la testa. «No, per carità! Hai sentito come urla?»

«Sì, credo di aver sentito qualcosa» ammise ridacchiando. Come il resto del vicinato.

«Dai! Nemmeno al macello...» affermò Fabio, facendo ridere la sua coinquilina.

«Buongiorno!» s'introdusse la 'gradita' ospite, rivolgendosi a Fabio e ignorando del tutto Cecilia che si morse la lingua per non dire qualche cattiveria.

La vide avvicinarsi al ragazzo tutta sorridente, inconsapevole che ormai quelli sarebbero stati i suoi ultimi minuti nell'appartamento. Gli stampò un bacio sulle labbra, lasciandosi palpare persino il sedere sotto lo sguardo incredulo di Cecilia, che roteò gli occhi infastidita.

«Lei è la mia coinquilina Cecilia» la presentò Fabio, indicandola con un cenno del capo.

La ragazza si voltò, facendo un sorriso di circostanza senza staccarsi da Fabio, e Cecilia sollevò un sopracciglio con aria contrariata. Non solo non l'aveva fatta dormire, ma addirittura era una maleducata!

«Bene, io vado al lavoro» affermò, alzandosi in piedi per porre fine a quella ridicola scena.

«Oh, okay! Allora a dopo!» la salutò Fabio, tentando di svincolarsi dalla presa della sua ultima conquista senza molto successo.

Cecilia ricambiò e uscì dall'appartamento afferrando le chiavi del suo cinquantino un po' sgangherato.

Non era il mezzo più affidabile a cui potesse ricorrere, uno dei freni funzionava a malapena e ogni tanto il motore faceva uno strano rumore, ma era in tremendo ritardo ed era sicuramente più veloce della metro.

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