Capitolo VI - Mettersi in gioco

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Nello stesso momento

Alla Sede centrale di UniMedia

24 Percy Street, London

Lorenzo De Tommasi batteva nervosamente il piede contro il pavimento. Era stanchissimo e non ne poteva davvero più dei commenti del suo capo Nathan Wilson.

Era tutto il giorno che l'uomo si lamentava della scarsa considerazione che un cliente riservava nei confronti del loro lavoro e, nonostante avesse perfettamente ragione, Lorenzo era stufo di ascoltarlo.

«Capo, ti capisco, ma non risolveremo nulla, o perlomeno non oggi, quindi suggerisco di farci una birra e lasciarci tutto alle spalle» sentenziò il ragazzo, facendo un sorrisino malandrino.

Sapeva che il suo capo non avrebbe mai rifiutato una birra, considerando che avevano fatto parecchio tardi e che erano ben oltre il loro normale orario lavorativo.

«Sì, hai ragione. Let's go!» acconsentì alla proposta. «Voi italiani siete decisamente più svegli» affermò con tono quasi stupito, che non sfuggì a Lorenzo il quale decise di sorvolare.

Ai due si unì un altro ragazzo del team, Daniele, anche lui italiano come Lorenzo.

Dopo una breve consultazione, decisero di andare al The Four Thieves, un pub situato nel cuore di Clapham Junction. A proporlo fu lo stesso Lorenzo che abitava più o meno a una ventina di minuti a piedi da lì.

Non appena i tre misero piede nel pub, si precipitarono al balcone. Il tragitto aveva messo loro una certa sete e non vedevano l'ora di buttare giù un paio di birre.

Lorenzo, il più sboccato e scomposto dei tre, si allungò lungo il balcone, per riuscire a reggere la sua testa con la mano sinistra senza rinunciare a parlare con i suoi amici, finendo così per urtare il boccale di birra della persona accanto che vacillò sul bancone senza cadere.

«Ehi!» lo richiamò una voce femminile un po' arrabbiata.

Il giovane, che aveva finto di non accorgersi di aver urtato qualcosa, si voltò al suono di quella voce e fissò la sua interlocutrice.

«Ti spiacerebbe prestare più attenzione?» continuò la ragazza, assottigliando gli occhi per il nervoso.

Lorenzo la fissò per qualche secondo senza proferire parola. Ci stava provando, stava seriamente provando a non ridere, ma non ci riuscì. Era stato più forte di lui, le italiane a Londra che lo sgridavano in inglese con quell'accento chiaramente non british erano esilaranti.

«Ma sei italiana?» le chiese quando si ricompose.

Alla sua interlocutrice la reazione non piacque molto, ma la persona che la ebbe sì.

Lorenzo non si accorse della lieve incrinatura della voce di Cecilia alla vista di lui, ma se n'era innamorata all'istante. Lo trovava perfetto, esattamente come aveva sempre immaginato il suo uomo ideale, che non credeva avrebbe mai incontrato.

I capelli color miele, portati leggermente lunghi e po' spettinati, il viso incorniciato da un sottile filo di barba non molto curato, ma nemmeno lasciato allo sbaraglio, che gli donava particolarmente, mentre gli occhi nocciola erano invece nascosti dalla montatura nera dei suoi occhiali da vista.

Lorenzo tossicchiò per richiamare la sua attenzione e Cecilia riuscì finalmente a reagire.

«Sì, sono italiana» confermò. «Sei abituato a ridere in faccia a tutte le ragazze italiane dopo aver urtato le loro birre?» chiese acida, ricordandosi improvvisamente del motivo per cui stavano tenendo quella conversazione.

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