Capitolo IV - Pronta, partenza... via!

1.7K 76 60
                                    

Londra, 25/07/2018

«Ladies & Gentlemen, welcome to London. Atterreremo all'aeroporto di London Heathrow tra meno di quindici minuti. Vi preghiamo di rimanere seduti e di allacciare le cinture di sicurezza. Il tempo è soleggiato con temperature intorno ai venticinque gradi Celsius. Vi auguriamo un piacevole soggiorno e speriamo di riavervi presto a bordo. A nome della British Airways, vi ringraziamo per averci scelto.» La voce metallica del comandante di bordo risuonò in tutto l'aereo, risvegliando la ragazza dal suo viaggio mentale e informandola che non era tutto un sogno.

Londra era vicina, troppo vicina.

Il cuore di Cecilia prese a martellare nel petto a ritmo inferocito, aggiungendosi a una leggera sensazione di ansia che s'intensificava a ogni metro di discesa del velivolo.

Sua madre Anna, accortasi del suo stato d'animo, le strinse la mano per rincuorarla. «Andrà tutto bene» sussurrò dolcemente.

Un debole sorriso nacque sulle labbra della giovane, che inspirò profondamente per darsi coraggio.

Ad accompagnare Cecilia furono sua madre e Giusy, la sua migliore amica, che non si sarebbe persa per nessuna ragione al mondo il trasferimento di Cecilia nella grande metropoli londinese.

Quando l'aereo toccò la pista atterraggio di Heathrow, facendo saltare leggermente tutti i passeggeri sui sedili a causa dell'impatto, Cecilia si morse l'interno delle guance per non lasciarsi sfuggire un gridolino.

Cazzo, erano arrivati. Central London era a meno di cinquanta minuti di distanza, lei era a meno di cinquanta minuti da Central London.

Si sentiva sul punto di svenire, era talmente sopraffatta dall'ansia da arrivare a pensare che sarebbe stato meglio ritornare a Roma seduta stante.

«Ceci, dai! Muoviti» la incitò Giusy, mentre tirava fuori i loro bagagli a mano dalla cappelliera sopra le loro teste.

Anche sua madre si alzò e dopo aver controllato di non aver dimenticato nulla sul sedile, sollevò la figlia da un braccio.

«Andiamo! Hai voluto la bicicletta? Ora pedala!» le ricordò con tono sarcastico.

La giovane si alzò e s'incamminò lungo lo stretto corridoio dell'aereo che l'avrebbe condotta all'ingresso del gate A7.

La sequenza di eventi che la portò dall'uscita del Terminal 5 al non pulitissimo sedile in stoffa della Piccadilly line le era completamente sconosciuta.

Quasi rimpiangeva gli autobus scassati dell'Atac...

Non ricordava di essere passata per i lunghi corridoi bianchi di Heathrow, di aver letto i diversi cartelloni pubblicitari su cui campeggiavano i vari messaggi Welcome to London e London is open, con cui si cercava di trasmettere il segnale positivo che la città era ancora aperta a tutti: inglesi e non, europei ed extra-comunitari, nonostante il giorno del giudizio, in cui la famosa Brexit sarebbe entrata ufficialmente in vigore, fosse ormai sempre più vicino.

Non aveva nemmeno memoria di essere passata attraverso il fast check del suo passaporto ai gate di sicurezza e di essere salita sulla Tube, l'iconica metropolitana londinese. In parole povere, non ricordava nulla.

Lo sfondo nero dei lunghi sotterranei della metropolitana le scorreva davanti agli occhi, senza che lei se ne accorgesse minimamente, intervallandosi con le varie stazioni che la avrebbero portata a Piccadilly Circus, la loro destinazione.

Aveva deciso di non badare a spese per quel trasferimento; perciò, scelse un hotel in pieno centro per girare la città e godersi appieno quei primi giorni londinesi, nonostante fosse consapevole che avrebbe dovuto cercare una sistemazione definitiva altrove. Poteva concedersi un hotel centrale solo per qualche giorno, poiché non avrebbe potuto permettersi di pagare cifre stratosferiche per uno spazio per sé. Non per ora, almeno.

«Ceci, siamo quasi arrivate!» trillò entusiasta Giusy, che non aveva fatto che parlare durante tutto il tragitto, elencando i posti che avrebbe voluto visitare. Era la sua prima volta nella capitale inglese.

In quel preciso istante fu annunciato l'imminente arrivo alla stazione di Piccadilly, facendo scattare in piedi sua madre e Giusy.

Le due donne si affrettarono a raccogliere i loro bagagli – non molti, per fortuna, dato che Cecilia aveva deciso di farsi spedire la sua roba una volta sistemata – e dovettero alzare di peso anche la stessa Cecilia, che ancora una volta era caduta in uno stato di totale catalessi.

Si avviarono verso l'uscita seguendo a tratti il flusso di persone e i diversi cartelli che segnalavano il giusto percorso da seguire.

Tutto andava incredibilmente veloce; le persone si muovevano a una velocità disarmante che scioccò sua madre, abituata ai ritmi ben più calmi di Latina.

A Londra non c'era tempo per le esitazioni; bisognava correre sempre.

Talento che anche Cecilia avrebbe sviluppato di lì a breve. Erano banali tattiche di sopravvivenza, d'altronde.

Fu proprio allora che la potenza energetica di Londra si scagliò con prepotenza contro di lei, provocandole la prima vera reazione della giornata.

Un gruppetto di ventenni si riversò nelle scale mobili della Tube, in direzione opposta alla loro, cantando e ballando Jump di Madonna con tanto di speaker Bluetooth a tutto volume.

Get ready to jump.

Don't ever look back, oh baby!

Yes, I'm ready to jump.

Just take my hands.

Get ready to jump, are you ready?

Nel pronunciare l'ultima parte di ritornello, uno dei ragazzi puntò dritto negli occhi della giovane, quasi avesse intuito che avesse bisogno di incoraggiamento. Fu proprio allora che Cecilia si sentì rinascere, caricata da quell'energia positiva che avvertiva scorrerle nelle vene.

Sì, era pronta; era decisamente pronta a saltare.

Quando meno te lo aspetti | Ora su AmazonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora