Der große traum - (Willem)

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Willem si voltò a guardare il grande orologio a pendolo appeso su una delle quattro pareti spoglie e bianche che li circondavano. I dodici rintocchi segnalavano l'inizio della notte e, quindi, un'altra ora in meno da passare in quel posto. Chissà quando finalmente sarebbero potuti uscire da quella scuola e respirare aria fresca, invece di quell'aria sudicia e puzzolente che brulicava di ormoni adolescenziali in preda al panico e alla noia.

Erano rinchiusi lì dentro da almeno una settimana e non volevano per nessuna ragione al mondo andarsene, almeno fino a quando qualcuno non gli avesse ascoltati. Era una protesta, che ricordava in un certo qual modo quelle che erano solite essere fatte nel lontano '68, e Willem - trascinato contro la sua volontà da suo fratello maggiore - era raggomitolato a terra in disparte da tutti. Si teneva stretta la sua coperta, che lo proteggeva dal freddo autunnale di novembre, e osservava con quei suoi occhi glaciali tutte le altre persone che, invece di preoccuparsi delle forze dell'ordine proprio sopra le loro teste che sarebbero potute entrare in qualsiasi momento, pensavano solo a bere, fumare e divertirsi. Le solite cose da adolescenti, insomma.

Willem, alla sola età di quattordici anni, non si curava molto degli aspetti divertenti della vita. Era solo un'altra macchina dello stato, che veniva lentamente manovrata come un burattino dai suoi genitori fin troppo opprimenti e severi con lui. Eugène - suo fratello -, invece, era l'esatto opposto di lui: era uno spirito libero, nulla avrebbe potuto fermarlo dal fare qualsiasi cosa. Tutto, fuorché meno la morte.

Forse era proprio per questo motivo che veniva attaccato così morbosamente dai suoi stessi genitori: avevano forse paura che anche lui potesse diventare come suo fratello e distaccarsi da quella famiglia che, almeno all'apparenza, poteva sembrare perfetta. Non avrebbero potuto sopportare un altro abbandono. Ma Willem probabilmente non sarebbe mai diventato come lui, era troppo serioso e pensava solo e solamente allo studio, dimenticando certe volte perfino di mangiare per potersi immergere in quel centrifugato di conoscenza. A quattordici anni pensava solo al futuro, era quello che gli avevano inculcato per tutta la sua breve vita i suoi cari e, non conoscendo altre soluzioni, decise di optare sempre per quella. Eugène, però, voleva a tutti i costi farlo vivere. Non sopportava di vederlo ogni giorno con quello sguardo così assente, sempre malinconico e immerso tra i suoi mille pensieri; non voleva che facesse la stessa fine di tutte le altre persone controllate da quello che era il loro maledetto sistema, obbligandolo ad una vita grigia. Avrebbe cambiato il suo futuro, portandolo ad una delle manifestazioni - o, in questo caso, occupazioni - a cui era solito partecipare.

《 Dovresti divertirti di più. 》l'alito puzzolente di alcol del maggiore gli inebriava le narici, portando una sensazione di disgusto nel biondo che partiva direttamente dallo stomaco e che minacciava di salire fin sopra all'esofago. Willem, a quell'affermazione, si strinse sempre di più nel suo sacco a pelo, nascondendo metà della sua faccia sotto di esso: non ne voleva proprio sapere di "divertirsi", almeno non in quel modo. Ovunque si girasse, vedeva cicche di sigarette e non solo sparse a terra, centinaia di bottiglie di vari superalcolici ormai vuote gettate con noncuranza sul pavimento e persone che erano intente a farsi di qualsiasi tipo di droghe. No, di certo tutto quello non era adatto per un topo di biblioteca come lui.

《 Avanti, fratellino, alzati. 》e, detto questo, tolse con un semplice gesto scattante la sua unica copertura dal freddo di quei sotterranei, da lui. Lo stava obbligando a fare una cosa che non gli andava, di nuovo. Ormai aveva perso il conto delle volte in cui lo faceva e non lo sopportava proprio in quei momenti. Ma Willem era troppo debole anche solo per iniziare una discussione con lui, quindi dopo uno sbuffo di esaurimento si alzò da terra, sistemandosi i vestiti sgualciti dal provvisorio letto.

《 Bravo ragazzo. Ora vieni con me, ti faccio conoscere delle persone. 》contro la sua volontà, suo fratello lo strattonò per quasi tutto quel corridoio che sembrava essere infinito, fermandosi poi davanti ad una comitiva di cinque persone, due femmine e tre maschi. Le prime avevano le braccia di due dei ragazzi attorcigliate al collo, attaccate ai corpi di essi con fare quasi morboso. L'unica particolarità che, però, colpì sul serio l'olandese era l'unico ragazzo non avvinghiato alle donne: i dread lunghi gli scivolavano sulle spalle e ondeggiavano ad ogni movimento che faceva; sembrava essere noncurante della situazione in cui si trovava, magari troppo sballato per poter pensare un minimo lucidamente - e si notava dagli occhi dipinti di un colorito rossastro e le profonde occhiaie sotto di essi che gli davano un'espressione quasi cadaverica - o forse semplicemente perché era intento a leggere un libro sulle pietre magiche. Insomma, aveva a tutti gli effetti l'aspetto di un hippie degli anni '70, con la camicia dai mille ricami colorati sopra, degli occhiali tondi alla John Lennon e una canna tra le labbra di cui prendeva qualche tiro ad intervalli irregolari.

𝗦𝗨𝗕𝗟𝗜𝗠𝗘⠀,⠀𝗈𝗇𝖾𝗌𝗁𝗈𝗍s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora