ISMAEL MALAK AL - MAWT odorava di crisantemi, pace eterna e fuoco, più una nota dolciastra di fondo che faceva sempre rizzare i peli sulla nuca ai vivi.
In quel momento si sentiva una lei e il lungo saio nero cascava sul suo fisico androgino come petrolio, in netto contrasto con la carnagione dal pallore quasi lunare e i lisci capelli argentei. L'orlo della gonna le sfiorava le caviglie sottili, ossute, e il laccio in cuoio dei sandali bassi. Nonostante la polvere e il sangue, l'urina e le feci, i suoi piedi erano immacolati e la calura del sole pomeridiano pareva quasi rimbalzare sul suo corpo slanciato. Niente poteva più riscaldarla, ormai.
Ismael si muoveva, indisturbata, tra i soldati caduti e le mosche affamate, le labbra sottili distese in una smorfia priva di ironia mentre scandagliava quell'esercito di moribondi. Davvero pensavano avrebbe fatto una qualche differenza, morire in nome di D... di D... morire nel Suo Nome? Sospirò, annoiata con l'idiozia umana. Avrebbe voluto scrollarli per le spalle e inculcare loro un po' di senso, ma non poteva; non era lì per quello.
Due soldati egiziani, tanto giovani da poter a stento essere considerati uomini, le passarono accanto senza vederla, le mani imbrattate di sangue e fango che a fatica mantenevano la presa sulle maniglie in legno della barella di fortuna. Il corpo su di essa aveva perso qualsiasi somiglianza con la persona che doveva essere stato prima del conflitto - Ismael non ricordava quale fosse, aveva da secoli perso il conto - e la sua uniforme era stata quasi completamente disintegrata dallo scoppio della fougasse (1) oppure fusa alla carne. In certi punti, la pelle carbonizzata era ricoperta di vomito - non era chiaro se il suo o d'altri - e i portatori di barella già avevano provveduto ad amputargli le gambe, bendando poi i moncherini con le garze più pulite che avessero trovato.
'Non è comunque abbastanza' pensò lei con un velo di tristezza, scavalcando un cadavere per poter seguire i tre militari in quella tetra processione.
Il campo di battaglia di quel giorno era avvolto da un silenzio innaturale, elettrico, quasi l'aria stessa stesse trattenendo il respiro mentre ammirava tutto quell'orrore.
I crateri creati dalle mine terrestri erano innumerevoli, molti di essi erano ancora fumanti, altri - troppi - erano circondati da viscere, arti e schegge d'osso e Ismael non si sarebbe mai abituata a quella vista. Quelle immagini la tormentavano nei suoi sonni senza sogni, ma un parte di sé, la sé codarda, le preferiva a certi altri ricordi più intimi, personali; erano passati millenni, ma il sapore dell'acido ancora le irritava la gola.
La cosa sulla barella si lasciò scappare un lamento e un fiotto di bile e sangue mucoso si riversò dalla fessura che era stata la sua bocca. Gli era rimasto un solo occhio e questo era puntato sul volto disumanamente perfetto di lei. Nella follia del dolore, il moribondo provò uno strano senso di pace e appartenenza, vedendola.
«Shh» soffiò amorevole la creatura d'argento e inchiostro, chinandosi sulla barella mobile per potergli sfiorare con delicatezza materna la fronte incassata. La sua voce bassa venne percepita come un soffio di vento dai lettighieri e un lieve profumo zuccherino di crisantemi punzecchiò le loro narici.
I due arrancavano con sempre maggior urgenza tra le macerie e i cadaveri, ma quando raggiunsero il tendone dell'ospedale da campo, era ormai troppo tardi.
Il loro compagno ferito era rimasto indietro, stretto con estremo riguardo tra le dita di ghiaccio del Mietitore.
C'ERA UNA DONNA, dentro la tenda. Una creatura di bronzo e oro liquido che pareva quasi danzare tra brande, materassini e barelle in tela.
Profumava di temporali e sandalo e portava una stella al collo. Il soldato ora sotto le sue cure si convinse di star sognando.
«Non voglio morire, madame.» piagnucolò l'uomo, mentre l'altra gli fasciava l'addome con bende di un cotone morbidissimo e di un bianco tanto puro da risplendere, quasi. Era bassa e minuta, eppure lo aveva messo a sedere sul giaciglio senza quasi toccarlo.
«Non morirai.» assicurò la donna con un sorriso appena accennato sulle labbra piene.
«No di certo, se tu continui a rubarmi il lavoro.» una nuova voce, bassa e invitante, simile a un cattivo presagio. Il soldato sentì un brivido risalirgli lungo la schiena e, quando batté le palpebre, una figura scura e minacciosa si era portata al fianco della sua angelica infermiera. Anch'essa indossava saio e velo, ma erano rigorosamente neri; tanto neri che parevano quasi assorbire la luce già fioca della tenda. O forse era la sconosciuta stessa a farlo.
«Non puoi salvarli tutti, mal'akh » rivelò la donna d'argento, studiandolo con un sopracciglio pallido lievemente inarcato.
«Non puoi ucciderli tutti» ribadì quella di bronzo, senza mai sollevare lo sguardo dal proprio lavoro. Avrebbe potuto guarirlo da ogni male con una mera preghiera, ma questo avrebbe attirato l'attenzione degli altri e, tecnicamente, lei non avrebbe nemmeno dovuto trovarsi lì. Ismael non mancò di farglielo notare, infastidita, ma anche appena appena incuriosita, dalla sua intromissione.
«Prendo solo quelli per cui è giunto il momento e tu non dovresti interferire. - fece un cenno impercettibile verso l'uomo che seguiva quello strano scambio di battute con sguardo non del tutto focalizzato, non capendo cosa si stessero dicendo. - La sua clessidra era ormai vuota e tu hai interferito.» riferì con un tono che trascendeva l'insofferenza.
«Ha dei figli.»
«Se dovessi risparmiare tutti i moribondi con famiglia, Inferno e Paradiso non avrebbero una singola anima da contendersi.» fu il duro commento del Mietitore, incrociando le braccia sinuose a un petto privo di curve. Avrebbe comunque potuto prendere con sé l'uomo, ma quell'angelo impiccione lo aveva portato fuori pericolo e sarebbe stato davvero doloroso strapparlo alla vita. Praticamente come lacerare con sadica lentezza dei punti di sutura da una ferita appena ricucita.
Non se ne sarebbe andato in pace e si potevano dire tante cose su Ismael Malak Al - Mawt, ma non che godesse della sofferenza degli uomini. Sospirò.
'Come se non avessi già abbastanza di cui preoccuparmi.'
«In questa tenda ci sono altre diciassette anime pronte al trapasso, vedi di starne fuori.» si limitò allora ad avvertire, dando loro la schiena.
Il soldato chiuse le palpebre un solo secondo, ma, quando le riaprì, della donna argentata non c'era la minima traccia.
(1) Una fougasse - o fugas - è una mina improvvisata (quindi non industriale) costruita facendo un buco nel terreno o nella roccia e riempiendolo di esplosivi. Tali dispositivi vengono utilizzati in guerra dal XVI secolo.
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Penitent
Romance(SOSPESA) Tanto tempo fa, contro ogni regola e previsione, Vita e Morte si innamorarono. • Ismael Malak Al-Mawt è uno dei pochi angeli caduti che, pentitisi sinceramente della propria Ribellione, scontano l'eternità al servizio dei morenti come mie...