GLI ALTOPARLANTI DEL BELLEVUE Hospital frusciarono e gracchiarono, schiarendosi la voce per richiamare l'attenzione dell'intera, frenetica, struttura. Il personale medico tese le orecchie, chi intento a firmare un documento di rilascio, chi a iniettarsi in corpo della scadente caffeina da distributore automatico e chi, ancora, battendosi fin quasi allo stremo per salvare qualche vita. Era la Vigilia di Natale e nessuno dei presenti voleva prolungare ulteriormente il proprio turno serale, quindi in tanti pregarono silenziosamente di non sentirsi chiamare dalle casse al soffitto. Fortunatamente per loro, avevano inconsapevolmente un Arcangelo per collega.
L A D O T T O R E S S A A M E Š A È R I C H I E S T A A L R E P A R T O D I E M A T O L O G I A
L'U R G E N T E M E N T E non detto aleggiò nei corridoi della clinica, opprimente, simile a una ecchimosi sospesa nell'aria, anche molto dopo la fine dell'annuncio stringato.
ALISA FREEMA AVEVA OTTO ANNI E non era stupida.
Seduta sulla seggiola in plastica dura e tanto liscia da farla scivolare in avanti ogni pochi secondi, la bambina faceva cocciutamente passare lo sguardo dalla porta ermeticamente sigillata alle tende accuratamente tirare della vetrata accanto. Non aveva bisogno di guardare il suo orologio di Hello Kitty per sapere che suo padre, i due infermieri e la dottoressa erano lì dentro da più di quarantatré minuti, ormai.
Stava tenendo il conto a mente.
Il signor Freema, un bell'uomo invecchiato precocemente dalla vita, aveva assicurato alla figlia che avrebbe potuto vederla entro pochissimo, "prima ancora che tu possa sbattere le palpebre", aveva detto, invece erano già passati quarantatr... quarantaquattro minuti e due secondi e nessuno aveva anche solo messo il naso fuori da quella stanza. Avvolta dal silenzio e dalla solitudine del reparto di ematologia, Alisa continuò a contare.
Tre secondi
Quattro
Cinque
Al sei, un'ombra argentea le si sedette accanto. Alisa si voltò immediatamente a guardare, le sopracciglia bionde tanto aggrottate sugli occhi nocciola, da minacciare di sfiorare il bordo degli occhiali. Fino a pochi istanti prima non c'erano sedie accanto alla sua, ne era certa.
La persona – la ragazzina non sapeva decidere se fosse uomo o donna – non stava guardando lei direttamente, eppure si sentiva lo stesso i suoi occhi su di sé. Probabilmente era dovuto alle lenti nere che indossava. Ali non era mai stata una bambina timida e la guardò a sua volta, sfrontata.
«Sei qui per la mia mamma?» la sua vocetta fischiettante riecheggiò brevemente lungo le pareti verde pallido del corridoio vuoto, rimbalzando dalle piastrelle immacolate al soffitto bianco.
«Mh?» fece la persona con tono ponderatamente distratto.
«Sei qui per la mia mamma?» scandì bene la bambina, passandosi consapevole la punta della lingua sugli spazi vuoti lasciati dai denti persi. Le parole avevano un sapore strano, da quando non aveva più gli incisivi.
«In un certo senso. Com'è che puoi vedermi?»
«Porto gli occhiali, ma non sono mica cieca.» fece notare, con l'innocente sfacciataggine tipica di una bambina di otto anni – e non stupida.
«No, non lo sei. – convenne lentamente la persona accomodata su una sedia che prima non c'era. – C'è tua madre là dentro, hai detto?»
«È quello che ho detto, sì. Non parli bene l'inglese? Hai un accento davvero strano.»
Ed era così, in effetti. Una volta era entrata in un negozio d'antiquariato con il padre e la sua cantilena gli ricordava proprio quell'atmosfera polverosa e passata, dalle tonalità del mogano più ricco e della carta vecchia, scricchiolante.
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Penitent
Romance(SOSPESA) Tanto tempo fa, contro ogni regola e previsione, Vita e Morte si innamorarono. • Ismael Malak Al-Mawt è uno dei pochi angeli caduti che, pentitisi sinceramente della propria Ribellione, scontano l'eternità al servizio dei morenti come mie...