Io ammazzerò quei mostri.

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L'isola dove il nostro protagonista viveva non era grande, anzi era proprio piccola. Al centro di questa vi era un villaggio, un luogo semplice e arretrato, con poche abitazioni, ospedale, scuola e altri edifici simili, oltre a una piazza dove si teneva il mercato ogni mattina. Un luogo sereno e felice dove tutti gli abitanti si conoscevano e dove non era mai accaduta nessuna tragedia. Almeno fino a quel giorno.

A circondare il paese vi erano delle campagne non estese che arrivavano fino alla costa. Queste terre erano impiegate da qualche fattoria che le coltivava e da qualche abitazione separata dal villaggio. E in una di queste abitavano Psishiki, il fratello e la nonna.

Erano circa le 7:30, la vecchia si svegliò e chiese al giovane, ancora intento ad allenarsi dall'alba, di andare al villaggio per il mercato, dato che la loro dispensa era quasi vuota. La casa dove abitavano era separata dal paese. Era sulla costa a est dell'isola, perciò sarebbero stati i primi a vedere la catastrofe che stava per sbarcare su quella terra pacifica.

Psishiki obbedì alla nonna e, dopo aver svegliato Ruger che ancora ronfava, si incamminò, non sapendo che quella casa non l'avrebbe più ritrovata.

Per raggiungere il mercato si impiegava un'ora andando a piedi, erano le 8 circa.

La mattinata procedeva serena e monotona come le altre, il ragazzo mentre percorreva il sentiero nei campi per raggiungere il paese salutava i contadini che erano già a lavorare per il raccolto prima dell'inverno. Quando il giovane mutante arrivava al villaggio tutti i bambini gli andavano sempre incontro ad accoglierlo e ad abbracciarlo, lo vedevano come un fratello maggiore che veniva a fargli visita. Infondo in un posto con così poche persone è normale che tutti si conoscano.

Dopo aver comperato il necessario e aver salutato i bambini con un grande sorriso, Psishiki si mise in cammino per tornare verso casa. Quel giorno c'era una tiepida brezza rinfrescante e non si vedevano nuvole in cielo. Nessuno si aspettava che tutto d'un tratto un vento fortissimo si sarebbe messo a soffiare, quasi come se fosse una tromba d'aria, provenendo da est. Il ragazzo era appena uscito dal villaggio, erano le 10 circa.

Psishiki non si scompose, era sovente assistere a cambiamenti climatici improvvisi, soprattutto con l'arrivo imminente dell'inverno. Però a un certo punto il vento, proveniente da dove vi era la sua casa, iniziò a portare un odore pungente. Il giovane ci mise un attimo a capire che era odore di bruciato. Allora si mise a correre a perdi fiato, non era sicuro che le fiamme provenissero da casa sua ma, in qualche modo, forse istinto, sapeva che doveva sbrigarsi. Abbandonò la sacca con i viveri appena acquistati per affrettarsi, e più si avvicinava alla sua dimora e più l'odore di bruciato si faceva forte e si incominciava anche a vedere del fumo nero.

Erano le 11 circa, quando Psishiki assistette a qualcosa di orribile che non avrebbe mai più potuto dimenticare. Era pietrificato. Non riusciva a muoversi vedendo un incendio spaventosamente enorme che avvolgeva la sua casa e i campi circostanti. Non sapeva che fare, ma in preda alla disperazione si buttò nelle fiamme. Doveva salvare Ruger e la vecchina. Anche se non aveva legami di sangue con lei era la persona che aveva accudito lui e suo fratello per sedici anni e ormai era come se fosse davvero la loro nonnina. Non poteva credere che fossero morti.

Allora, una volta entrato nel mare di fiamme, si mise a cercarli disperatamente, ma l'aria era irrespirabile e non si riusciva nemmeno a vedere per via del fuoco e del fumo. Era la fine, non sapeva che fare, sapeva solo che doveva fare qualcosa, lui sentiva che c'era ancora speranza.

Però a un certo punto inizio a barcollare, era da troppo tempo che inalava quei fumi e non riusciva più a respirare. Fino a quel momento era forse andato avanti grazie alla forza della disperazione ma ora doveva uscire in fretta da lì o sarebbe morto. Ma lui non intendeva arrendersi, e continuava a cercarli in quell'inferno tossendo e bruciandosi, fino a svenire.

Erano le 11:30 circa. Psishiki si risvegliò miracolosamente sulla spiaggia dell'isola, in una specie di piccola grotta. Era completamente stato bendato da qualcuno, per curargli le ustioni gravi che aveva riportato su tutto il corpo. Qualcuno lo aveva salvato.

Non aveva ancora ripreso le forze ma lui non si era ancora arreso. Uscì lentamente dalla caverna per assistere a un'altra tragedia. L'incendio si era propagato in modo incontrollabile e tutto ciò che il ragazzo vedeva erano fuoco e fumo, oltre agli scheletri di case carbonizzate.

Orribile tale quasi da sembrare un brutto sogno ma sfortunatamente era la realtà. Tutta l'isola era ormai diventata un cumulo di fiamme, cenere e morte. Psishiki sembrava impazzito, si buttava a terra, urlava, piangeva. Ormai aveva perso tutte le speranze, aveva perso tutto, la sua casa, i suoi amici, la sua famiglia. Era l'unico sopravvissuto. Lo capì dal fatto che anche le barche del porticciolo erano in fiamme.

D'un tratto però, mentre si disperava, vide delle figure uscire dal fuoco. Per un attimo credette che si trattasse di qualche altro superstite e si sentì un po' sollevato, magari era solo un miraggio o la sua immaginazione ma in realtà era ben altro. Capì che quelle sagome erano troppo grandi per appartenere a un abitante dell'isola. Allora si nascose dietro a un masso. Ciò che vide lo stupì e lo lasciò senza fiato.

Da quell'inferno vide uscire dei mostri enormi e spaventosi, che saranno stati una ventina. Questi oltre a ridere si misero a discutere, Psishiki cerco di ascoltare e ciò che sentì lo lasciò senza parole:

-"WAH AH AH AH! Capo sei stato proprio forte!"

-"Già, già! Quei poveracci inferiori come tremavano quando li hai minacciati! IH IH IH"

-"RAH AH AH AH! Sei stato proprio forte a prenderti tutti i soldi loro e bruciare lo stesso u' villaggio!"

Il giovane mutante non capiva più niente, era furibondo. Erano stati quei mostri a creare quell'incubo, appiccando l'incendio dopo aver minacciato gli abitanti di dare loro il denaro, gli oggetti preziosi e i viveri. E dopo aver ottenuto ciò che volevano non tennero fede alla promessa.

A quel punto Psishiki vide farsi strada nel gruppo un mostro diverso dagli altri, questo sembrava essere più "elegante" e si vedeva che era il più potente di tutti. Era il capo. La colpa di tutto era sua.

Il ragazzo non ci vedeva più dalla rabbia, stava per andare ad attaccarli quando una mano lo fermò: "Non fiatare e non fare mosse avventate. Capisco la tua rabbia ma ora devi stare fermo. Non sei abbastanza forte per vendicare nessuno." Psishiki diede retta al vecchio uomo con riluttanza, solo perché capì che era colui che l'aveva salvato dalle fiamme.

A quel punto il capo dei mostri si mise a ridere dicendo: "OH OH OH! Suvvia non mi elogiate tanto! OH OH OH! Chiunque di noi sarebbe in grado di sterminare questa razza inferiore! OH OH OH! Questo è solo l'inizio, anche se il generale ci aveva imposto di restare nell'ombra fino alla destinazione è giusto far divertire un po' gli uomini e ristorarli! OH OH OH! Dico bene ragazzi?!" tutti risposero gridando: "SIIII!!".

Psishiki era furioso ma non si mosse come aveva detto il vecchio, era ferito e non avrebbe vendicato nessuno. Ciò che fece fu imprimersi nella mente il brutto muso di quel bastardo. Aveva una cicatrice a forma di luna crescente intorno all'occhio sinistro. Non lo avrebbe mai potuto dimenticare. Non lo avrebbe mai potuto perdonare per avergli portato via tutto ciò che aveva di più caro.

Una volta che quei mostri se ne andarono, continuando a ridere, sulla loro nave sottomarina, Psishiki, guardando quella landa desolata ancora in preda alle fiamme, che era casa usa, urlò al cielo, con il vecchio come testimone: "IO VENDICHERÒ TUTTI QUANTI! IO AMMAZERÒ QUEI MOSTRIII!".

L'ordine dei SovrammutantiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora