Capitolo 6

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Per fortuna, durante il sonno non ripeté il nome; chi avrebbe sentito poi Marta? Tra gli spasmi e il sudore sognò papà e Vannina invocare lo spirito di Ermelinda nella villa; le loro anime contaminate non permisero alla donna di manifestarsi.

"Forse io posso...". Si svegliò presto quel mattino. "Lei ha detto che la mia anima è candida...". Senza svegliare la moglie si diresse verso la porta di casa. "Sì, sento che è così...". Nessuno del palazzo lo vide uscire con la macchina.

Con il sole caldo che picchiò sull'avambraccio, giunse sulla strada sterrata prima del bosco. Sorpreso, non vide nessun segno di incendio sulla facciata sud ovest della villa, la finestra apparve intatta come l'ultima volta. Senza paura entrò nel fresco e buio pian terreno.

"Ermelinda...". Disse ottenendo una grande eco. "Ermelinda!". Alzò la voce . "Sei tu vero?". Gli rispose un silenzio insolito. Alzando gli occhi vide una luce in cima alle scale, il forte vento proveniente dalla finestra al primo piano mosse tutta la polvere sui gradini; le raffiche giunsero fino ai suoi piedi alzando la sporcizia del pavimento. Infastidito, coprì gli occhi venendo scosso dal vento sempre più impavido.

"Così l'hai scoperto eh?". Una volta cessata la perturbazione, vide il lungo abito bianco e nero avvolto nella penombra. "Sapevo fossi intelligente...". Alzando leggermente la gonna si avvicinò a passi lenti; la bellezza rimase intatta, il dolce sorriso nascose un aria compiaciuta.

"Sei...". Istintivamente Gianni fece un passo indietro davanti alla donna che tornò a brillare di luce propria. "Sei tu che mi hai portato qui, vero?".

"Chissà...". La dama passeggiò tra le macerie, il sorriso assunse un aria maliziosa. "Tu qui sei il benvenuto..."

"Non come Anna e Teo...".

"Vivranno, non preoccuparti..."

"Li hai ridotti male...".

"Si impara a sopportare il dolore, anche se per me ogni volta è difficile. Quando mi si chiama per nome ricordo tutto...".

"Tutto cosa?". Ermelinda si voltò bruscamente, le labbra rosee tremarono leggermente.

"Vieni...". Come in trance, Gianni la seguì sulla scalinata. A metà avvertì un intenso profumo di petali di rosa misto ad acqua di Cologna. La fragranza provenne dal primo piano completamente riarredato con un letto a baldacchino, un lavabo in ferro battuto e mobilia pregiata. Ai lati della porta finestra comparvero due verdi persiane, all'esterno una luce insolita, pura.

"Guarda...". Ermelinda lo invitò ad affacciarsi al balconcino contornato da splendidi vasi di gerani.

"Ma... ma...". Rimase a bocca aperta davanti al giardino rinato: alberi di ciliegio e pesco comparvero in fiore, metri e metri di vite abbracciarono il bosco fatto di eleganti arbusti. In lontananza una campana suonò per otto volte, le romantiche note di un violino vennero portate dalla piacevole brezza.

"E' il diacono". Disse la donna giunta al suo fianco. "Ogni mattina suona per me augurandomi il buongiorno...".

"E'... stupendo". Gianni pianse di fronte a cotanta meraviglia, la lacrima finì tra i petali dei bellissimi gerani.

"Sì... lo era...". Ermelinda rientrò nella elegante stanza. "Sai, anch'io piangevo ogni mattina vedendo le meraviglie di cui ero padrona...".

"Era tutto tuo?". Provando vergogna, Gianni si asciugò il viso accomodandosi nella sedia di fronte al letto.

"Ereditai tutti i beni di mio padre, Egisto Pinotti". Si sedette sul letto. "Il suo cognome fu famoso tra braccianti e agricoltori di un tempo. Ricordo ancora la notte in cui morì: un forte temporale minacciò di distruggere il raccolto... pover uomo! E' morto con il terrore che la grandine ci avrebbe portato via tutto".

"Fu così?".

"Sì, ci vollero mesi per rimettere tutto a posto, ma dopo andò ancora meglio. Con l'aiuto dei miei cugini rimisi in piedi tutto. Un giorno uno di loro si ammalò di tisi contagiando tutti gli altri. Li vidi morire poco a poco, tristemente. Rimasi sola, disperata...".

"Poi incontraste Anton?". Il fulmine distrusse l'indaco cielo trasformandolo in un ammasso di nuvole minacciose. Gli occhi di Ermelinda si tinsero di terrore e dispiacere, l'espressione fece rabbrividire Gianni paralizzandolo sulla sedia. Il vento e la grandine distrussero le foglie delle piante riducendole a scheletri di rami striminziti. La tempesta sembrò voler entrare anche dalla porta finestra per inghiottire la stanza.

"Via di qui!". Istintivamente Gianni si alzò dalla sedia seguendo Ermelinda verso il sotto tetto; in quel punto la grandine parve bucare le tegole. "Tieni! Indossa questo!". La donna gli consegnò qualcosa.

"Ma... c-cosa?". Gianni guardò stupito il lungo impermeabile.

"Ti servirà per ripararti dalla tempesta...".

Con gran fretta, i due tornarono al decadente piano terra. Insieme uscirono dal famoso buco, la pioggia bagnò spietata i loro corpi. Mentre Ermelinda si aggrappò al suo braccio, Gianni si accorse che possedeva una forza sovraumana. A passi lunghi lo trascinò fuori dal giardino, la strada davanti parve tanto diversa. Superato il bosco, la pioggia iniziò a diminuire; la mano della donna scivolò via leggera dal suo braccio, i passi tornarono calmi e lenti.

"E' passato...". Disse sollevata.

"D-dove siamo?". Gianni vide un complesso di case ai lati della strada sterrata; la sua macchina, insieme alla provinciale, scomparvero nel nulla. Sotto il cielo nero, si accesero alcuni lampioni ad illuminare la stretta via; mantenendo un certo silenzio, Ermelinda lo condusse verso quello che emanò una luce rossiccia. 

Una Strana Eredità - Seconda ParteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora