Capitolo 12

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Nel più profondo degli abissi le urla penetrarono il cervello; stridule e tormentose appartennero a uomini e donne terrorizzati. Convinto di impazzire, gridò insieme a loro coprendole. L'urlo prolungato si tramutò in un pianto talmente grande da non essere più ripetuto.

Nascondendo il viso tra le gambe, avvertì un grande freddo intorno a sé. La buia stanza venne illuminata dal chiarore lunare proveniente dall'ingresso ovale delle "prigioni", proprio dove seguì il bambino.

"Grazie...". Una mano leggera si posò sulla spalla. "Ora che le loro sofferenze sono state piante, possono riposare in pace".

"Ermelinda!". Ancora spaventato si rifugiò in un angolo.

"E' solo la mia anima che brucia di dolore". Si avvicinò alzando leggermente la lunga gonna. "Il mio dolore è così grande...". La voce uscì delicata della labbra rosso sangue; il volto apparve sciupato, come invecchiato di cento anni. "Qui molti hanno avuto la più orrenda della morti... una conseguenza di torture, abusi, umiliazioni. Lui voleva che tutte le donne condannate indossassero un abito bianco, il colore della purezza, dell'innocenza... come se dovessero lavare via i loro peccati. Gli uomini invece venivano uccisi quasi subito. Completamente denudati venivano crofissi nel cortile per poi essere sbranati da cani affamati. Le donne... lasciate in vita per soddisfare i loro appetiti sessuali...".

"E'...". Gianni trovò la forza di rialzarsi. "E' stato Anton, vero?".

"Lui creò tutto questo...". Alzò la mano verso le mura oscure. "Tutti sapevano delle "prigioni" e della fine che fecero i suoi nemici, ma per paura nessuno parlò".

"Era un uomo potente?".

"Più di quanto si pensasse". Si voltò osservando la bianca luna dal "buco". "Un giorno si fissò di volere la mia villa e tentò di tutto: mi fece un corte spietata, mi offrì del denaro... poi arrivò a minacce e ricatti".

"Fino ad accusarti di omicidio...". Le toccò la spalla per la prima volta, una elettrizzante sensazione di calore.

"Amavo Samuele come un figlio". Abbassò gli occhi gonfi di lacrime. "Avendo tanti figli a cui badare, i suoi genitori lo affidarono a me. Tutti in paese, quando non potevano occuparsi dei loro piccoli, li portavano da me dove passavano le giornate e si divertivano un mondo...".

"Non... hai mai avuto un marito, dei figli?". Chiese tristemente Gianni.

"No... quante volte ho pianto per questo. Quando arrivò Samuele mi donò quella gioia mai provata. Fu il più prodigioso di tutti i bambini, l'unico che apprese tutti i miei insegnamenti. Insieme amammo la natura, la musica... la vita". Chiudendo gli occhi, Gianni la vide correre spensierata tenendo il bambino per mano; il suo volto assomigliò a quello del piccolo che vide scappare poco prima. Attraversando un campo di girasoli cantarono canzoni melodiose. "Non meritava una morte tanto orribile...".

"Ermelinda...". Mentre si chinò piangendo, Gianni la raggiunse tentando di consolarla. Accarezzandole l'abito udì un altro pianto provenire dalla parete di fronte. Porgendo l'orecchio, distinse una voce fanciullesca implorare pietà.

"Che succede??". Uscendo di corsa dalla cella, aprì la porta a fianco di scatto. Grazie ad un luce insolita, vide due uomini tenere fermo un bambino. il terzo, coperto da un lungo mantello nero, estraè qualcosa di appuntito davanti al piccolo che supplicò disperato.

"Nooooooo!!!". L'urlo di Gianni coincise con la recisione della carotide e le conseguenti urla strazianti. Voltandosi, l'uomo dalle pupille nerissime si avvicinò a lui con l'arma grondante di sangue. Poco prima che alzò il braccio per colpire, riuscì a chiudere la porta; la lama, oltrepassando il legno marcio, si fermò a pochi centimetri dalla sua pupilla.

Scappando a gambe levale, si accorse che il suolo scomparve sotto i suoi piedi. Cadendo nella voragine apertasi all'improvviso, attraversò una discesa di luce intensa ed accecante.

Con un gran mal di testa, si svegliò sotto il salice scosso da una vento impetuoso. Le minacciose raffiche lo fecero alzare con l'intento di raggiungere la macchina al più presto.

Quando le prime gocce di pioggia caddero dal cielo nero, chiuse la portiera della Citroen partendo a tutta velocità. Adottando una guida da denuncia, riuscì a essere a casa prima che il temporale scese spietato sulla città. Ancora con il fiatone, corse sotto la doccia per togliersi di dosso l'odore e la sporcizia delle "prigioni". I tuoni all'esterno e il rumore del vento ricordarono la disperazione di quelle anime tormentate che sperò riposassero finalmente in pace. 

Una Strana Eredità - Seconda ParteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora