20. "L'accappatoio"

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Sistemai un pentolino, ricco di latte, su uno dei fornelli della sofisticata cucina di Josie, rischiando di bruciarmi le dita quando accesi il fuoco.

Non avevo mai cucinato, ma scaldare un po' di latte non doveva essere così difficile. Per il caffè, invece, rinunciai totalmente, dal momento che non sapevo neanche come fosse fatta una macchinetta e, ricordando l'avidità con cui Harry aveva mangiato il suo gelato al cioccolato, decisi di sostituirlo con quattro abbondanti cucchiai di cacao in polvere sul fondo della tazza.

Mentre aspettavo che il latte diventasse abbastanza caldo, allineai le fette di pane e Nutella sul vassoio, sistemai un paio di biscotti in un piattino di ceramica e piegai di lato anche una manciata di fazzoletti, sperando potesse bastare.

Harry non mi rivolgeva la parola da tre giorni e, piuttosto, sembrava evitasse accuratamente di incrociarmi per i corridoi di quella grande casa, rendendomi impossibile la possibilità di chiedergli scusa o, almeno, di chiarire il mio pessimo comportamento nei suoi confronti.

"Hai deciso di placcarlo in camera da letto?".
La voce di Philips mi fece sobbalzare e per poco non lasciai cadere a terra il pentolino del latte.

Portai una mano all'altezza del cuore. "Sei impazzito?".

Il biondo si poggiò al ripiano del lavello con la schiena, nascondendo il suo ghigno fastidioso dietro la tazza di latte, che si era riempito.
"Non credo che prenderlo di sorpresa possa essere utile. Harry odia essere imprigionato".

"Non voglio... io- e va bene! Credevo fosse l'unico modo per provare a parlargli! Mi evita come un ragazzino di quindici anni", borbottai, mescolando con eccessiva vivacità il cacao e il latte con un cucchiaino.

"Quello è per lui?", chiese Phil, indicando con un cenno del mento il vassoio.

Guardai le fette di pane e Nutella perfettamente allineate, mentre annuivo in assenso con soddisfazione.

"Non mangerà mai tutta quella roba. E... Latte e cioccolato? Billy, a stento beve il suo caffè amaro la mattina", sorrise, posando la tazza vuota nel lavello.

"Ad Harry piace il cioccolato", ribattei piccata, sollevando il vassoio e pregando di non inciampare. "E... La colazione è un pasto importante!", continuai, anche se non ci credevo neanche io: odiavo mangiare la mattina, appena sveglia e in ritardo.

Tuttavia, lasciai la cucina con aria offesa, prima di addentrarmi nel lungo corridoio, alla cui fine troneggiava minacciosa la porta, ermeticamente chiusa, di quella che era stata la temporanea stanza di mio marito.
Sperai fosse ancora profondamente addormentato, perché avevo bisogno di qualche minuto per sistemare il groviglio di pensieri nella mia testa. Non volevo litigare, né mi andava che, alla fine di tutti i miei sforzi, continuasse ad ignorarmi.

Abbassai piano e a fatica, a causa del vassoio fra le mani, la maniglia dorata, esultando quando la porta si aprì; tuttavia, per poco non mi cadde il vassoio, quando trovai Harry già sveglio, seduto sul davanzale della finestra e avvolto da un accappatoio blu, che lasciava ai miei occhi la chiara visione del suo petto tatuato.
La collana, che un tempo era appartenuta a me, si posava delicata fra i pettorali, solleticata dal sottile e scuro strato di peluria.
Il ginocchio sinistro piegato aveva fatto scivolare l'accappatoio e, se non fosse stato per la coscia tesa, avrei avuto una completa visione del suo-.

"Billy!".
I suoi occhi si sgranarono, prima che prendesse a coprirsi nervosamente con il tessuto morbido dell'accappatoio, tirandone convulsamente le estremità oltre le ginocchia ossute.

Chiusi di scatto gli occhi, sentendo il viso andare a fuoco e il cuore battere con prepotenza in gola, facendomi fischiare le orecchie per l'imbarazzo.

The sins of the father [H.S]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora