Capitolo uno - La vita che cambiaÈ notte fonda, alla centrale dello sceriffo c'è un grande trambusto. Due persone litigano animatamente. Uno dei due è lo sceriffo, August Booth. L'altro è evidente che lo sceriffo lo conosce bene, ma stranamente non ha mai fatto il suo nome, come se gli facesse schifo solo pronunciarlo.
Il secondo, ha una pistola in mano. Anche Booth ne ha una, ma non ha nessuna intenzione di usarla, non senza un motivo preciso. Lui è stato addestrato per sparare solo per legittima difesa o per difendere l'incolumità di altre persone. Ora apparentemente non c'è un motivo specifico, sa bene che colui che ha davanti non sparerebbe mai.
Ma non sa quanto si sbaglia. Soprattutto mai voltare le spalle al nemico, pur conoscendolo bene.
August Booth ha decisamente sottovalutato il problema e prontamente si ritrova con una pallottola nella schiena che lo fa accasciare a terra inerme, ne giunge poi un'altra per dargli il colpo di grazia. Il killer non vuole che lui sopravviva è chiaro ormai, solo così potrà avere la sua vendetta, per la vita da miserabile che gli ha fatto condurre fino a qualche anno fa.
Ha studiato alla perfezione ogni dettaglio, non si è mai tolto i guanti per non lasciare traccia e, se ne va nel cuore della notte, bene coperto da un impermeabile nero, in modo che nessuno possa vederlo, la macchina non é sua, l'ha noleggiata, in modo da porter lasciare il confine senza problemi e tornare alla sua vita di tutti i giorni, dalla sua meravigliosa fidanzata, che pensa che sia fuori città per lavoro.
August Booth esala l'ultimo respiro scandendo una sola parola o meglio un nome: "Lucy", purtroppo nessuno può sentirlo.Come una mattina a casa Jones, la sveglia suona puntuale alle 6:30 del mattino, ma non è una sveglia come tutte le altre, è una sveglia di nome Hope, la monella di casa, che ha abitudine a svegliarsi presto e correre nel lettone dei suoi genitori per svegliare anche loro. Non c'è giorno, festività che tenga, lei ogni giorno alla stessa ora fa il suo ingresso nella stanza dei suoi genitori, saltando sul letto.
Ovviamente, sa bene che si prende almeno dieci minuti di coccole tutte per lei, prima che venga anche Henry. Il bambino, che ormai ha nove anni, arriva verso le 7, per farsi fare anche lui le coccole, ma decisamente non riesce a svegliarsi prima, anche perché essendo più grande la sera ci mette anche un po' di più ad addormentarsi, rispetto ad Hope che ne ha invece tre di anni.
Ogni mattina il rituale è sempre lo stesso, coccole nel letto e poi colazione tutti quanti insieme, prima di andare a scuola e a lavoro. Henry ormai va alla scuola primaria, mentre Hope va all'ultimo anno di asilo nido, le piace molto andare a scuola, ogni tanto fa i capricci che non vuole lasciare la sua mamma o il suo papà, ma è veramente raro, anzi spesso quando è il momento di tornare a casa si arrabbia e non vuole mai venire via. Emma non ha mai provato l'ebrezza di essere accolta in asilo nido da sua figlia, come fanno gli altri bambini che corrono verso le loro mamme felici. Hope al contrario fa finta di non vederla. Solo quando a prenderla è sua nonna Regina, allora corre felice verso l'ingresso. La piccola ha un debole per sua nonna e Regina ha a sua volta un debole per la sua nipotina. Ma Hope ha anche un rapporto stupendo con sua mamma e suo papà. Con Emma passano tanti pomeriggi insieme al parco, in casa ad inventare ogni tipo di gioco. Con Killian è lo stesso. Le giornate passate in famiglia, ovvero Emma, Killian, Henry e Hope sono le più belle.
Si può dire che Hope è davvero una bambina fortunata. Anche suo fratello Henry l'adora e farebbe qualsiasi cosa per lei.
Scendono tutti e quattro a fare colazione, una volta terminate le coccole nel lettone. Killian apparecchia la tavola, Emma cucina pancake e prepara la macchinetta del caffè. Mentre Henry si versa il latte e lo versa anche a sua sorella Hope, mettendole un po' di polvere di cacao, come piace a lei.
Il ragazzo vedendo che i due bambini sono impegnati a fare colazione, si avvicina alla sua meravigliosa fidanzata e le bacia il collo, stringendola da dietro.
«Stamattina sei più bella del solito, love.»
«Ti devi far perdonare forse qualcosa, Jones?» risponde lei ridendo e voltandosi per guardarlo negli occhi.
«Per farti un complimento devo per forza aver combinato qualcosa?» ribatte prontamente fingendosi offeso.
«Non lo so, dimmelo tu.» risponde ancora. Intanto gli ha messo le braccia intorno al collo. Nel vedere la sua espressione finta offesa, non riesce a non ridere ancora più sonoramente, avvicinandosi alle labbra del suo bel pirata per baciarlo. A parte un bacio a fior di labbra che si sono scambiati nel letto prima di scendere in cucina, non ha ancora preso la sua dose di baci mattutina e ne ha assolutamente bisogno. Per Killian é lo stesso, infatti, intuendo le sue intenzioni, la bacia spingendola un po' verso il lavandino e i fornelli, facendo combaciare i loro corpi alla perfezione.
«Potete baciarvi quando non ci siamo noi presenti? Io per giunta ho fame.» é Henry a far allontanare prontamente i due, i quali si, forse si erano lasciati prendere un po' la mano. Inoltre, Henry reclama i suoi pancake, i quali per fortuna non si sono bruciati. Emma ha avuto l'accortezza di spegnere il fuoco prima di lasciarsi trasportare dal bacio.
«Bacio, bacio, bacio.» Hope batte le manine sul tavolo, dopo ciò che ha detto Henry, ridendo furba e felice. È già vestita per andare a scuola, ha una maglietta verde e i codini ai capelli, che la fanno sembrare ancora più monella di quello che già non é. La spilla a forma di stella, che ha attaccata sulla maglia, é la stella del vicesceriffo, che la bambina ha fatto con la sua mamma. Ora finge sempre di essere anche lei un agente di polizia, con la precisione il vicesceriffo Hope Jones. Imita la sua mamma in tutto e per tutto.
«Io sono il vicesceriffo Hope Jones, ordino i panteik, per me e Hetti.» dice con la sua vocina di bambina, facendo scoppiare a ridere di gusto i suoi genitori e anche il fratello.
Si siedono anche loro a fare colazione. Emma in realtà non ha molta fame. Si è svegliata con una strana sensazione di malessere e non riesce a spiegarsi che cosa possa essere. Cerca di scacciare quei pensieri, concentrandosi sulla sua famiglia. Su Killian, Henry e Hope che ogni volta le rallegrano la mattinata, anche se inizia sempre all'alba.
Ogni lunedì mattina, è Emma ad accompagnare Henry e Hope a scuola, perché Killian ha da fare spesso con Regina in quel giorno, ci sono quasi sempre nuovi casi e poi ormai è diventata una sorta di routine che sia lei a portarli, visto che spesso è proprio lui invece a farlo. Lascia prima Henry e poi porta Hope, ma quella mattina, proprio come accade qualche volta, la bambina non vuole lasciare andare via la sua mamma. Forse ha avvertito che Emma non si sente molto bene, in effetti quella mattina si è svegliata con una sensazione strana, anche se non si è riuscita a spiegare a che cosa possa essere collegata. É solo una sensazione negativa, che non riesce a togliersi. Hope, sicuramente ha avvertito che sua mamma é tesa e quindi, di conseguenza non vuole che vada. Lo fa spesso, quando avverte tensione in famiglia, magari dopo una litigata tra lei e Killian.
«Amore, la mamma deve andare a lavoro, ma ti prometto che vengo a prenderti presto e personalmente okay? Tu vai a giocare con i tuoi amichetti e divertiti tantissimo. Io torno prima che tu possa solo immaginare.» le dice dandole un bacio e abbracciandola un'ultima volta, sa che non deve preoccuparsi e farsi vedere a sua volta spaventata dal fatto che non voglia entrare, deve essere naturale e dirle che si divertirà e che lei presto, presto, la tornerà a prendere. Hope non è convinta, ma si lascia ugualmente portare dentro alla stanza dei giochi dall'educatrice. Emma prima che lei possa vederla preoccupata, esce per andare a lavoro. Ma la sensazione negativa, ancora una volta si impadronisce di lei stessa. Arriva alla macchina con il cuore che le batte forte, deve quasi appoggiarsi al suo maggiolino, quando ha quasi un mancamento. Respira profondamente e cerca di riprendere fiato, mettendosi alla guida solo quando si è totalmente ripresa. Direzione ufficio dello sceriffo. Ha molto lavoro da sbrigare ed é anche leggermente in ritardo.
Una volta parcheggiata la macchina, al solito parcheggio vicino all'ufficio, si avvia verso di esso. Si rende conto ben presto che è ancora chiuso e si stupisce che August non sia ancora arrivato, di solito é sempre super puntuale. A volte, fanno a gara a chi arriva prima e chi perde paga il caffè. Stavolta mi sa proprio che dovrà essere lui a offrirglielo.
Apre la centrale e accende la luce, accorgendosi subito che ci sia qualcosa che non va. Poco dopo infatti, trova lo sceriffo, nonché il suo amico, August Booth a terra. Si precipita verso di lui e nota il sangue che si è espanso lungo la sua figura, lasciandolo senza vita.
August Booth, il suo amico August, il suo capo, il suo mentore in questi anni, é morto.
Non riesce a piangere, non riesce a muoversi, non riesce a urlare. É come se tutto improvvisamente si fosse fermato, se anche il suo cuore avesse smesso di battere, nell'esatto momento in cui ha trovato il corpo dell'uomo. Mille pensieri invadono la sua mente, chi possa essere stato, perché. Chi voleva morto il suo mentore, il suo amico, lo sceriffo di Storybrooke, un nuovo rispettato e ben voluto da tutti.
Si sente mancare l'aria e deve appoggiarsi alla scrivania per cercare di regolarizzare nuovamente il respiro. Di nuovo quell'orribile sensazione che le stringe il cuore e solo ora si rende conto del motivo per cui si è sentita così sin da quella mattina.
Solo quando riesce a riprendersi un attimo, decide di chiamare il commissario della centrale limitrofa, che spesso li ha aiutati per i casi più complessi e per il caso Gold/Peter Pan, in particolare modo.
Il commissario le dice che arriva subito e intanto di avvisare lei la moglie dello sceriffo, che sicuramente vuole sentire la notizia da una voce amica, invece che da un perfetto estraneo.
«Tu stai bene, Emma?» sentendo la sua voce scossa, ma anche conoscendo il rapporto che la ragazza ha con il suo capo, un rapporto invidiabile. Immagina che non deve essere stato per niente facile per la ragazza trovare lei il corpo.
«Io... Non lo so.» ammette, guardando nuovamente il corpo senza vita dello sceriffo, ma poi cerca di farsi forza, non può restare in quello stato di shock e cerca di reagire, anche per non mostrarsi debole.
«Ma ti assicuro che farò di tutto per scoprire chi è stato, fosse l'ultima cosa che faccio nella mia vita.» esclama poi determinata, prima di chiudere la telefona e dedicarsi a farne una decisamente più impegnativa. Ad Elsa, la moglie di Booth.
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Take my hand, past the clouds we'll find the stars
FanfictionQuesta storia é il sequel di "There's no storm we can't out run, we will always find the sun" consiglio la lettura della storia precedente prima di leggere questa. Sono passati tre anni, Emma é ormai felice accanto a Killian stanno per sposarsi, ol...