Butterfly Wings

306 28 4
                                    



Questa storia potrebbe iniziare con un "c'era una volta..."; oppure "un tempo un bambino...".
Peccato che queste definizioni sono adatte ad un normale racconto, a una di quelle fiabe che i genitori leggono ai loro bambini prima di dormire, i quali sono ancora in quel periodo dell'infanzia in cui si è coperti da un lieve velo di innocenza; quelle storie che narrano di un eroe che uccide draghi e vince contro le forze del male.
E se questo è ciò che vi aspettate, allora fareste bene a non leggere.

Normale racconto... Normalità. Pensiamo al significato di quest'ultima; è una parola curiosa e allo stesso tempo priva di senso.
Provando a cercare una definizione, si trova: "Condizione di ciò che è o si ritiene regolare e consueto, non eccezionale".
La domanda è: "Perché l'uomo ha deciso che tutto ciò che non rientrava nei suoi standard era diverso, sbagliato? Senza tener conto della preziosità della cosiddetta eccezione?"

Mettendola in questo modo allora, Tiberius Blackthorn non si sarebbe mai sentito normale.
Non era come i suoi fratelli, non era come i suoi genitori. L'unica persona a somigliargli era lui stesso; basti pensare a futili dettagli come il colore dei suoi occhi, grigi come il cielo in tempesta, ben diversi dal colore verde-azzurro del mare che regnava nelle iridi degli altri Blackthorn.
Ty era speciale, unico nel suo genere. Purtroppo, non sempre tutti apprezzano l'unicità.

***

-Il mio Ty. Vieni qui-
Andrew Blackthorn stava tendendo le mani verso il figlio di soli dieci anni, mentre nella Sala degli Accordi era esploso un putiferio.
Tiberius riusciva solo vagamente a percepire la mano della sua gemella Livvy sul braccio.
Lui fece un passo.
Suo padre lo chiamò un'altra volta e Ty avanzò ancora.
Negli occhi gli si leggeva paura e allo stesso tempo stupore; aveva cercato di reprimere il pensiero che suo padre sarebbe potuto tornare.

Una goccia di sudore iniziò a scivolare dalla sua tempia fino a percorrere lo zigomo e la mandibola. Gli occhi gli pungevano, ma strinse le palpebre per ricacciare indietro le lacrime.
Dopodiché non seppe dopo quanto tempo, ma stava urlando. Un grido agghiacciante, pieno di odio, angoscia e disperazione.
Il mondo attorno a lui si era fermato, come se il tempo avesse deciso di congelarsi e lasciargli impressa nella mente quell' immagine che mai nella vita si sarebbe dimenticato: Julian, il suo fratello maggiore Jules, teneva tra le mani la spada angelica da cui gocciolava il sangue di suo padre.
Lo sguardo del più piccolo era fisso sulla lama intrisa di liquido rosso, mentre serrava le mani a pugno con tale forza da conficcare le unghie nei palmi.
Ty gli si scagliò contro, tirandogli colpi sul petto. -Ti odio! L'hai ucciso! Io ti odio!- La rabbia lo stava logorando, la sentiva bruciare nello stomaco e diffondersi per tutto il corpo. Non poteva essere vero. Non poteva essere morto.

Tiberius sentiva tutto. Sentiva le grida, i singhiozzi, le lame che si conficcavano nella carne delle persone e la sua mente lo riportava sempre al momento esatto, al preciso secondo, in cui aveva visto gli occhi di Andrew Blackthorn spegnersi, il tonfo che si era udito quando il suo corpo esanime era caduto sul pavimento in marmo.

Era questo che accadeva nella testa di Ty; ogni suono, ogni parola, veniva registrato e moltiplicato, come se si trovasse in una grotta in cui i rumori rimbalzano sulla parete producendo un eco, mentre Tiberius non ha via di scampo.
Può solo starsene lì, rannicchiato sul pavimento freddo con le mani avvolte attorno alle ginocchia.

***

Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Otto. Nove. Dieci.
Riparti.
Le mani di Ty si muovevano convulsamente ai suoi fianchi come due falene; contava da uno a dieci per mantenere il controllo. Era un'abitudine ormai, lo faceva da quando era molto piccolo.
-Ty, pensa alle farfalle, spiegano le ali e prendono il volo- Gli stava sussurrando Livia, la sua sorella gemella, all'orecchio.
Se c'era qualcosa che Tiberius ha sempre adorato erano gli animali; dai più piccoli come le coccinelle o le lucertole, a quelli più maestosi come i leoni o i ghepardi. Adorava le diversità di ognuno di loro, le loro capacità e ammirava pure i loro difetti. In tutti i suoi tredici anni di vita non riusciva a immaginare un mondo in cui lui non fosse affascinato dagli animali.

Era spesso capitato che Ty si rifugiasse in biblioteca a leggere di quelle creature per ore e ore; così aveva imparato di come l'udito di un  delfino sia così fine da poter sentire i suoni a 20 km di distanza, aveva anche letto che le giraffe non hanno corde vocali e comunicano facendo vibrare l'aria attorno al collo.

Livvy conosceva bene la passione del fratello e sapeva sempre come calmarlo.
Le farfalle erano tra gli animali preferiti di Ty, così belle e furbe, ingannatrici. A volte immaginava di poter librarsi in aria come una di loro e possedere due ali pronte a farlo volare e a proteggerlo dalle persone indesiderate.

Quella sera, anziché scappare in biblioteca aveva deciso di correre. Correre fuori, verso la spiaggia, sentire l'aria che gli sferzava il volto e l'odore di salsedine perforargli i polmoni.
Si fermò a riva, lasciando che le onde del mare gli bagnassero i piedi mentre lui scrutava l'orizzonte.
Non ricordava nemmeno perché si fosse arrabbiato, ma in quel momento non importava, nulla importava.
C'erano solo lui e il mare.

***

Le aspettative fanno parte dell'essere umani, chi il primo giorno in una nuova scuola non ha mai pensato di trovare amici fantastici?
Andiamo, abbiamo avuto tutti delle aspettative, no?

Sfortunatamente, spesso, tutte le nostre speranze vengono ridotte in frantumi.
Questo Ty lo sapeva bene, specialmente avendo a che fare con le fate.

Cinque anni prima, durante la Guerra Oscura, suo fratello maggiore Mark era stato rapito dalle fate, in quanto possedeva sangue Seelie.
Le fate non restituiscono mai niente e, se lo fanno, non è mai come è stato lasciato; sono le più grandi truffatrici del Mondo Nascosto.
I ricordi che Tiberius aveva di Mark riguardavano un ragazzo sorridente, con braccia possenti, ma quando lo rivide per la prima volta dopo anni, il primo pensiero che gli passò per la testa fu: "Lui non è mio fratello".
Decise di reprimere quelle parole.

Mark pareva gracile, con una massa indistinta di capelli biondi e ossa sporgenti.

-Il mio fratellino Ty è un bambino!- Aveva urlato.
Tiberius avvertì quella esclamazione come un pugno dritto nello stomaco.
Si ricorda un bambino di dieci anni, si ripeteva Tiberius in continuazione, per cinque, quindici, venti volte.

Aveva un rapporto speciale con Mark, a volte gli era sembrato che lui lo capisse, che lui comprendesse tutti i suoi comportamenti; quando contava con le dita, quando si rannicchiava abbracciandosi le ginocchia o quando, come in quel momento, sussurrava frasi che lo aiutavano a trovare un senso a tutto ciò.

Un senso per quel treno che correva nella testa di Ty, senza lasciargli un secondo per riflettere alle troppe informazioni.
Un senso per quel mondo, troppo superficiale per poter accogliere una persona come Tiberius Blackthorn.

***

Forse per essere un eroe non serve un'armatura e non si deve vincere contro i draghi; a volte è più importante sconfiggere il nemico che risiede in noi, quello che ci fa sentire un errore che va cancellato.
Solo così potremo considerarci veri eroi.

Butterfly Wings-Ty BlackthornDove le storie prendono vita. Scoprilo ora