Just a piece of paper

Goodnight Moon

Buonanotte a te.

A te, che non sai lasciare lei per stare con me.
Che poi tanto non potremmo mai essere felici.
Dovremmo dare sempre troppe spiegazioni, difenderci dagli sguardi di chi è pronto a giudicare, sopportare il dolore che causeremmo alle persone che ci vogliono bene.
Non potremmo mai fare questo a lei.
Tu sei la sua luce.
È vero, fa finta di nulla, ma so che ci tiene davvero e che è innamorata.
Forse per la prima volta nella sua vita.
E lei è la tua.
Ti ha salvato, quando non pensavi neppure di avere qualcosa per cui valesse la pena andare avanti, svegliarsi ogni mattina.
Non posso chiederti questo.

E quindi cerco di non pensarci.
Ma poi mi vengono in mente le sere in macchina.
Quando ci siamo solo noi.
Quante volte ci siamo incontrati a metà strada,
Quante nottate a nascondere gli occhi, troppo sinceri per proteggerci.
Quell'insieme di motori e sospensioni ci isola dal resto del mondo, mi aiuta a non pensare alle conseguenze delle mie azioni.
E mi abbandono a te, a cui basta un semplice tocco per farmi impazzire.
Cambia tu la marcia, mi dici. E poi sali su, dal braccio fino al mio cuore.
E a volte non basta dirmi che è sbagliato, che merito di più, che la felicità non è questa e non porta il tuo nome.

Hai cominciato a invadere la mia mente piano piano.
All'inizio ho avuto tanta paura.
È stato strano, non pensavo che il mio cuore potesse arrivare a battere così veloce, specialmente in tua presenza.
E poi piano piano mi sono abituata.
Forse è questo l'amore?
Una strana pazzia che alla fine diventa quotidiano, ogni volta dà i brividi, ha il vizio di cambiare ad ogni sospiro.
Routine e novità.
Un ossimoro irrinunciabile.

E poi mi ripeto che siamo solo amici.
E dopo due secondi rido da sola.
Perché noi amici non lo siamo stati mai.

Hai presente quella sera in hotel?
Quel pomeriggio avevo deciso di parlarti, di mettere fine a quell'inferno che avevamo creato.
Abbiamo deciso di ricominciare. Di lasciarci liberi e di riscoprirci, sotto una lente mai vista.
Un rapporto nuovo, senza secondi fini.
Artefici del nostro stesso destino.
Protagonisti di un sentimento talmente forte da avere la capacità di bruciare in fretta, al ritmo delle ore passate insieme. Tra le urla e i graffi.
Io scherzavo con Mario, a cena, al nostro tavolo.
Ma sentivo te.
Sentivo il tuo sguardo percorrermi, alla ricerca di una spiegazione.
Un'attrazione fatale.
Ci siamo incrociati, sei scappato ancora.
Ma la pelle era rovente.
E le tue vene pulsavano di rabbia.

Qualche giorno fa.
Lei è bellissima.
Balla benissimo, sembra una dea.
Quel commento.
Quel cuore, che pensavo fosse il tuo modo per rendermi speciale.
I piccoli gesti, non sei mai riuscito a capirne l'importanza.
Ma è necessario che lo legga anche io?
Che il mondo sappia quanto tu mi stia facendo soffrire, nel silenzio di questa mia cameretta?
L'ho sentita sai, la gelosia?
Saliva, piano piano, come un demone che si incastra sotto la pelle. E si muove per te, come se possedesse il tuo cervello.
Ti avrei spaccato quel sorrisetto che hai se ti avessi avuto sotto mano.

Fammi del male, sii indifferente.
Ma non illudermi, ti prego.

Perché io non so dimenticare.
Ricordo quel lento.
Noi, in mezzo a quelli che in pochi mesi sono diventati famiglia.
Non ci siamo detti nulla.
Abbiamo solo ondeggiato, stretti.
Odore di casa.
E mia madre che mi dice "sareste perfetti".
Quel senso di fastidio e piacere in sync.
Solo tu.

Perchè mi ritrovo, in ogni verso delle tue canzoni.
Vuoi negarmelo ancora?

"Era quasi fine maggio
quando è cominciato tutto
mentre adesso che ci penso
non me n'ero neanche accorto"

All'inizio eravamo come bambini di fronte alle vetrine delle pasticcerie.
Troppo presi dalla novità del contesto, la fama veloce che diventava ingestibile.
Ci siamo scottati, poi siamo tornati indietro.
Abbiamo riscritto pagine su cui neanche noi avremmo scommesso.
Questo come si chiama, Albe?
Ti ho aspettato, ti aspetto.