Prologo

27 1 0
                                    

 Richie Tozier era un adolescente normalissimo.. e grazie tante.

Aveva i capelli corvini e un po' mossi, quasi ricci, era mingherlino e magrolino per la sua età ed era una persona normalissima. Certo, non aveva molti amici, ma lui stava bene da solo, non c'era davvero nessun problema in questo o almeno il ragazzo si era convinto di questo molte volte durante gli anni e sapeva benissimo che non fosse la verità, ma doveva andare avanti perché i suoi genitori erano assenti e lui doveva fare come meglio poteva, ma la verità era che aveva dei problemi a scuola e la sua vita non era per nulla perfetta, ma doveva andare avanti come meglio poteva.

Era perseguitato da Henry Bowers e dalla sua banda di bulli, lo picchiavano, ma lui aveva imparato a difendersi e ora le cose erano un po' migliorate, bhe dopo la Tragedia le cose erano migliorate e peggiorate.

Migliorate perché non era più preso di mira da quei bulli e peggiorate perché dopo la Tragedia le persone lo evitano anche più di prima e lo chiamavano 'pazzo', ma lui era normale, lo era davvero: essere diverso era brutto, e lui voleva essere a tutti costi una persona normale. Voleva finire le scuole superiori e poi se ne sarebbe andato da quella cittadina del Maine, si sarebbe rifatto una vita New York, la città dei suoi sogni: doveva sopportare solamente altri due anni e non sapeva se poteva farcela, ma doveva tenere duro ed andare avanti.

"Richie", disse una voce gentile, una voce di donna "è okay non stare bene, tu puoi dirmi tutto lo sai".

"Solo perché i miei la pagano", rispose Richie in tono strafottente "non credo che le interessi davvero sapere come sto".

"Richie invece mi interessa", rispose la donna con tono comprensivo "ti sentirai strano".

"No", rispose subito il ragazzo "io devo essere normale".

"Devi?", gli chiede la donna mettendosi più comoda sulla sedia.

"Per i miei genitori, per i miei compagni di scuola".

"Per i tuoi amici no?".

"Io non ho amici", disse Richie "non gli ho mai avuti e non credo che gli avrà mai".

"Dopo la Tragedia per te è stato difficile", disse la donna " ma sono sicura che con il tempo..", disse e guardò l'orologio "è finita l'ora mi sa, ma devo parlare con i tuoi genitori".

Il ragazzo si alzò, per una volta sua madre lo aveva accompagnato dalla psicologa e dal momento che lui era ancora minorenne la psicologa che lo seguiva da dopo la Tragedia voleva parlare con la madre.

" Io aspetterò fuori", disse Richie con tono piatto e aprì la porta, sua madre stava aspettando nella sala di aspetto.

"Madre", disse Richie salutando la donna.

"Richard", rispose lei con tono duro

"Signora Tozier?", disse la sua psicologa rivolgendosi alla madre "Venga nel mio studio".

Richie si sedette su una sedia nella sala d'aspetto vuota e aspettò che le due donne parlassero di quello che dovevano parlare.

Non ne poteva più, andava da quella psicologa da più di un anno, ma non serviva a nulla: le crisi non sparivano, i suoi pensieri erano sempre più cupi e non sapeva se ne sarebbe mai uscito, sapeva che la medicine erano importanti, ma non ne aveva più voglia, non aveva più voglia di fare nulla.

Odiava tutto, la sua famiglia, la scuola, i compiti, la sua vita. Perché restare al mondo quando a nessuno importa di te? Perché continuare a vivere questa vita che non poteva chiamarsi tale? Era stato bullizato per la maggior parte della sua vita e non aveva mai avuto amici, Henry Bowers aveva impedito che ciò accadesse. Per 16 anni della sua vita si era sentito chiamare nei modi più brutti come 'checca' 'frocio' 'femminuccia' 'poppante', ma ultimamente era solo ' Il Pazzo' e la gente lo evitava, avevano forse paura di lui? Richie si sentiva molto solo. Vedeva persone nella sua scuola che si baciavano, si innamoravano o semplicemente ridevano insieme e lui niente, stava sempre da solo, a scuola mangiava da solo e passava tutto il suo tempo libero da solo a volte faceva battute per mascherare il suo stato d'animo, ma la verità era che si sentiva solo. Richie voleva innamorarsi, voleva amare ed essere amato, ma sopratutto voleva degli amici, amici veri persone che si interessassero a lui. Forse al college in un posto dove nessuno lo conosceva si sarebbe fatto una nuova vita? Ma sarebbe riuscito a sopravvivere per altri due anni?

"Richie?", lo chiamò la sua psicologa "vieni dobbiamo parlarti".

Il ragazzo dai capelli corvini si alzò ed entrò di nuovo nell'ufficio da cui era uscito qualche minuto prima.

"Cosa c'è?", chiese sedendosi su una sedia, la madre era seduta sull'altra.

"Ne ho parlato a lungo con la dottoressa", parlò sua madre per la prima volta con più dolcezza "e siamo giunti alla conclusione...", continuò la madre scambiandosi uno sguardo con la dottoressa "... che forse è meglio che tu ti faccia aiutare più seriamente".

"Cosa volete dire?", chiese Richie "ditemi la verità".

"Pensiamo..", intervenne la dottoressa "che forse è meglio che tu vada in una casa di cura per persone come te".

"In un manicomio?", disse Richie alzando la voce "IO NON SONO PAZZO, CAZZO".

"Potresti farti qualche amico lì, ragazzi come te", intervenne la madre "sai c' è questa clinica proprio fuori da Derry e sembra ottima".

"IO NON CI VADO", urlò Richie alzandosi e pestando i piedi per terra "io sto bene".

"Richie", intervenne la psicologa "tu non stai bene, devi farti aiutare in modo più serio".

"M-ma...", Richie voleva dire qualcosa, ribellarsi perché in quel posto non ci avrebbe messo piede ma vide la stanza girare, sentì caldo tremendo e poi cadde a terra svenuto.







Questa storia non so dove andrà a parare, è la prima Reddie che scrivo e NON ho letto il libro di Stephen King, ma tutti i personaggi sono basati sui due film di IT. In questa versione Eddie è più grande di Richie, ma non vi dico ancora di quanto. Inoltre ci saranno alcuni flashback per scoprire la Tragedia di Richie, spero che la storia vi possa piacere. 

AsylumDove le storie prendono vita. Scoprilo ora