Vedo La Testa

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A gambe aperte

sedotte e spalancate

come un compasso ingessato,

a far defluire

l'acqua dal tubo

che non vede la barella,

ma sente il latrato

a porte sbarrate

a placenta annegata

che scivola meglio

per non cominciare peggio.


L'infermiera in corsia

in attesa anche lei,

il primario in cantina

in attesa anche lui,

ma troppi pancioni

che parlano per una donna

in attesa di nascere

sperando di far nascere,

mentre afferra siringhe

scalcia letti disfatti

ingrossa i denti

e si mangia il sudore

che non si può detergere

se non diluendolo

col fiato del padre,

che le tiene la mano

addolcendola

accompagnandola

sorridendole

vivendola,

nel vero travaglio.


Soffia troppo di luna

bagnando stracci di sangue,

mescolando l'ossigeno

che cerca di essere

con quello delle cannule.


Soffia ancora più forte

sussurrando spasmi,

quegli spasmi a due braccia

occhi in piedi

mezzi chiusi e spenti

un busto di vetro

e qualche lamento,

un lamento perfetto

quasi a fare un favore

al lamento

che ancora non esce,

che gattona piano

sulle pareti ruvide

attraverso la bocca,

quell'altra bocca

che non grida,

ma alza di un niente

il volume del vagito,

appena si vede

la testa.

Camera a brochure di sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora