Il convento di St. Marie si trovava nella parte più alta della città. Secoli prima attorniato da pascoli erbosi e caprette belanti, adesso si stagliava su strade asfaltate e cani randagi, circondato da palazzi più bassi e moderni, come un vecchio re omaggiato da una miriade di figli e sudditi, inginocchiati ai suoi piedi. Un cancello nero e ammaccato stava a guardia della scalinata principale, un tempo maestosa, ora sommersa da foglie rattrappite, lattine lanciate dalla strada, cuori di frutti marci, divorati dalle formiche. Alla fine delle scale, oltre il cento trentacinquesimo gradino, una piazzetta ombreggiata dagli olmi faceva da tappeto rosso alla chiesa, mentre sulla destra dormitori, biblioteche, cucine e chiostri vivevano all'interno di un edificio di pietra rattoppato col cemento, tozzo e disarmonico. L'unica parte del complesso perfettamente visibile dalla strada era il campanile, dito di un corpo umano ormai inghiottito dalle sabbie mobili.
Quando quel campanile batté l'una di notte, Yoongi si svegliò. Si stropicciò gli occhi e guardò il proprio orologio; non era preciso come il mostro grande e rumoroso che lo sovrastava, facendo tremare le campane ad ogni rintocco, ma due minuti di ritardo non avrebbero fatto differenza. Anche se il sonno lo stordiva, poteva fare affidamento sulla propria velocità; il fatto che riuscisse ad addormentarsi poco prima di un lavoro, dopotutto, era indice di sicurezza. O forse solo di un'incompetenza di cui non avrebbe mai ammesso l'esistenza. Uscì dal piccolo magazzino in cui si era appostato, dietro sacchi di patate e cassette di ravanelli. Il corpo snello del campanile lo salutò, la sua ombra allungata e sbiadita nella notte di luna piena sembrava indicargli la meta: puntava dritta al lato ovest dell'edificio principale, alla biblioteca. Yoongi si sistemò la mascherina antismog sul volto, tirò su la cerniera del giubbotto e avanzò, circospetto. Ripassò mentalmente il piano mentre lo eseguiva, come uno studente che avesse imparato una lezione a memoria solo per ripeterla meccanicamente il giorno dopo in classe, apatico e disinteressato. Così il ragazzo arrivò sul lato ovest, trovò la porta secondaria segnata sulla mappa dei propri pensieri, l'attraversò dopo averla scassinata con un semplice serramanico, ed entrò, senza il minimo timore, ma anche senza nessuna eccitazione. Una volta che fu spuntato dalla botola nascosta nella stanza del bibliotecario, lasciandosi alle spalle corridoi e scale oscure, qualcosa cambiò. La sua avanzata si interruppe come lo scorrere tranquillo di un fiumiciattolo che rallenta per lambire le rocce che lo ostacolano. Yoongi affilò lo sguardo e rizzò le orecchie: un pizzicore leggero lo aggredì alla base della nuca, mentre le punte delle dita presero a formicolare; un sottile rivolo di sangue gli scivolò dal naso sulle labbra.
Magia.
Niente d'inaspettato. Invece di cadere nel panico, come un qualsiasi alunno interrotto durante un'impeccabile esposizione, lui schioccò la lingua, infastidito, prima d'inforcare gli occhiali Rivelatori. L'oscurità che lo circondava si fece meno uniforme, chiazzata da aloni azzurri e verdognoli, ammassati lungo le fessure dei cassetti, delle finestre, delle porte, come cumuli di nebbia addomesticata. Incantesimi di Protezione e Respingimento; a giudicare dalle cifre indicate dalle lenti rivelatrici, la loro potenza era abbastanza blanda. Yoongi si pulì il naso con il dorso della mano guantata: avrebbe continuato a sanguinare, ma niente di più. Aveva imparato a reggere incanti del genere a sette anni. Essere un Intoccabile aveva più di un lato positivo, dopotutto: pochi esseri umani potevano vantare la quasi totale immunità alle Forze Magiche Artificiali; e praticamente nessuno avrebbe potuto attraversare incolume lo stanzino come stava facendo ora lui, scavalcando la nebbiolina colorata senza sentire niente più che una scarica elettrica. Quella dote innata andava affinata costantemente con allenamenti sfiancanti, diete ferree e sonni brevi, tutti impegni e restrizioni a cui Yoongi si era sottratto da un po'. Per questo adesso il naso gli sanguinava. E tuttavia la sua potenza in negativo, la forza d'assorbimento del suo organismo e della sua mente erano talmente elevati, così eccezionalmente straordinari anche tra i migliori Intoccabili, che sarebbe stato uno spreco non metterli a disposizione della comunità. Una comunità molto ristretta e pagante, ovviamente, a cui lui vendeva oggetti magici d'ogni sorta, dopo averli rubati ad altri.
L'obiettivo di quella notte era una pietra di Gioia, conservata per secoli nel convento, nato appositamente per proteggerla. In Storia e Proprietà dei minerali Yoongi non era mai stato una cima, durante le lezioni dormiva e i compiti li copiava da Jin, ma aveva una vaga idea del prezzo che avrebbe potuto appioppare a quel pezzo di roccia: abbastanza da potersi ritirare dal giro almeno per due anni.
Pensare alla ricompensa lo convinse a concentrarsi. Scacciò la sonnolenza e si infiltrò nella biblioteca. La sala centrale, vista attraverso le lenti magiche, sembrava addobbata per Natale: i soffusi globi di luce che aveva incontrato nello studio adesso erano sugli scaffali, intorno ai piedi dei tavoli, candidamente appoggiati a dei libri, come lucciole mutanti.
"Parecchi testi proibiti, eh?"
Yoongi si mosse verso la libreria più vicina, sollevando il capo. Il numero degli incantesimi non lo preoccupava, ma la loro luminescenza lo infastidiva; si tolse gli occhiali per leggere i numeri e le lettere delle collocazioni di quella sezione: (S13- U98). A lui serviva la A. Cercò di richiamare alla mente la mappatura della biblioteca studiata la notte prima, superando scaffali e tavoli di legno, lampade spente e pozze di luce bianca, naturale, riversata dalla luna attraverso le finestre. Vagò per qualche minuto come un fantasma intrappolato in un labirinto, non troppo preoccupato di fare rumore, ma adesso decisamente persuaso a concludere in fretta la faccenda: il naso sanguinava più del previsto e la testa iniziava a girare. La lettera A, incisa sul legno dell'ennesima libreria gli fece tirare un sospiro di sollievo. La quinta mensola, al contrario delle altre, era protetta da vetri polverosi, assicurati l'uno all'altro con dei lucchetti. Yoongi la fissò dal basso, inforcando di nuovo gli occhiali: un ammasso sformato di colori si concentrava laddove, tra libri impolverati e ninnoli di nessun valore, il grande abate aveva nascosto la gemma in bella vista: grande quanto un pugno, rozzamente definita, la pietra di Gioia risplendeva di un viola luttuoso, soffocata da tutti gli incantesimi posti in sua custodia.
"Mettere la mano lì in mezzo farà male".
Yoongi lo pensò cavando fuori un altro paio di guanti, il coltellino già tra i denti, le punte dei piedi sollevate, a protendersi verso la sua preda. Fu allora che le ante di vetro esplosero. Un mucchio di schegge piovve sul ladro provetto, che ebbe il buon senso di chiudere occhi e bocca, mentre il frastuono gli si propagava attorno incontrollato, fatale. Quando lo scroscio vetroso cessò, però, qualcos'altro venne a prendere il suo posto: il suono petulante, alto e inconfondibile di una sirena.
"Incantesimo di Rilevazione!"
Yoongi riaprì gli occhi, protetti dalle lenti, per scoprire chi ne fosse caduto trappola. Il vuoto accanto a lui condusse il suo sguardo verso la fonte dell'allarme: sulla quinta mensola, tra cocci di vetro e copertine offese, c'era un gatto.
"Un gatto?"
No, decisamente no. Le orecchie erano troppo lunghe, il muso troppo appuntito. Era molto più grande di un gatto di taglia media, ma abbastanza piccolo da sfilare indisturbato sulla mensola, la grossa coda pelosa come una fiamma sospesa nell'oscurità. Attorno al suo corpo flessuoso, gli occhiali rilevarono un caldo bagliore rosso, in contrasto con il viola buio della gemma che teneva stretta tra i denti.
"La mia pietra. In bocca ad un famiglio. Cazzo."
Come se gli avesse letto nel pensiero, la creatura gli rivolse uno sguardo beffardo, prima di indirizzare gli occhi verdi verso il tavolo più vicino. Yoongi gli fu alle calcagna prima ancora che balzasse giù. Dimentico della sua inferiorità da bipede, corse dietro al gatto-volpe che saettava tra sedie e tavoli, costringendolo a ballare un valzer raccapricciante con la musica della sirena in sottofondo. A quella base già snervante, si aggiunte presto l'inquietante rumore del convento che riprendeva vita: urla scioccate, passi affrettati, luci accese una dopo l'altra, come tessere di un domino elettrico.
«Fottuta palla di pelo!»
Yoongi lo urlò, abbandonando ogni briciolo di prudenza, mentre si calava giù per la botola all'inseguimento della coda rossa: la fiammella generata dal suo movimento si faceva sempre più piccola e distante, mentre Yoongi era sicuro che i suoi, di nemici, fossero decisamente più vicini. Una punta di terrore, misto a rabbia, gli fece digrignare i denti, mentre frugava ansiosamente nelle tasche del proprio giubbotto. Riuscì ad afferrare la pistola solo quando la creatura uscì dal suo campo visivo; imprecò, virò a destra, attraversò la porticina che lui stesso aveva forzato, per uscire finalmente nel cortile, il fiato corto e il sangue sulla bocca indurito dal sudore. Il famiglio fiammeggiante schizzava attraverso la piazza della chiesa, ad almeno cinque metri di distanza.
"Se esce da qui sono fottuto."
Yoongi sapeva che probabilmente gli incanti posti attorno al convento impedivano al gatto-volpe di usare appieno i suoi poteri, ma una volta varcati i confini del terreno consacrato, quell'infido canide avrebbe potuto cambiare forma, confondersi in mezzo agli umani, forse perfino smaterializzarsi. E allora la Gioia di Yoongi sarebbe andata perduta per sempre. Quindi il ragazzo prese un bel respiro e, arrivato sulla cima delle scale, si fermò. Il famiglio saltellava da un gradino all'altro come un coniglietto impazzito.
"È arrivato il momento di riposare, piccolo."
Yoongi strinse le labbra e gli occhi, silenziò l'udito e intorpidì il tatto. Costruì la sua bolla di concentrazione perfetta, prima di sollevare la pistola e prendere la mira. Il famiglio era già arrivato all'ultima rampa di scale, quando il suo cacciatore sparò. Fu un colpo pulito e netto. Yoongi riprese a correre senza neanche assicurarsi di aver fatto centro; non aveva tempo per ritentare. Scese i gradini tre a tre con la pistola ancora in mano, sperando che alla fine avrebbe trovato il suo premio. Man mano che i rumori alle sue spalle sbiadivano, quelli che aveva di fronte si facevano più intensi: motori di macchine, vociare ubriaco, un uggiolio...
«Sì, cazzo. Sì!»
Il senso di trionfo provato alla vista del famiglio fu incontenibile. La creatura era raggomitolata a terra, la coda ritta e le zampe rigide nella morsa causata dal proiettile elettrico che l'aveva colpito; fissava con vitrei occhi verdi il cancello di fronte a sé, baluardo di una salvezza ormai perduta. Yoongi sorrise, chinandosi su di lui, pronto a riempirsi il palmo della Gioia viola che tanto aveva desiderato. Ma la sua mano si strinse a pugno, quando si accorse che la bocca del famiglio era vuota.
«L'hai fatto cadere, gatto schifoso!»
Yoongi gli rifilò un calcio, cercando di dominare la paura che, finalmente, era arrivata. Ispezionò il terreno attorno al corpo immobilizzato e tremante della creatura, spostando foglie e rami secchi, scalciando pattume d'ogni genere, piegandosi febbrilmente sui gradini più vicini. Nessun bagliore viola giunse a salvarlo dalla disperazione. Altre luci però, bianche e minacciose, lo investirono dalla sommità della scalinata.
«Fottuti monaci!» Afferrò il famiglio dal collare e gli sbraitò contro la sua frustrazione. «Non l'hai perso, non sei così idiota. L'hai nascosto mentre filavi via, per farlo trovare a qualcuno, non è vero?»
Ma fu inutile; la creatura era già svenuta e Yoongi si trovava più che nei guai. Riparò sulla destra, tra arbusti incolti e sacchi luminescenti di patatine, e poi scavalcò il muro diroccato accanto al cancello. Per buona misura, si portò dietro l'unica preda che fosse riuscito a catturare quella notte. Se la sua teoria era giusta, forse non tutto era perduto.
Sgusciò nei vicoli rasenti il convento con disinvolta rapidità, ignorando le occhiate curiose rivolte al suo animaletto da compagnia privo di conoscenza. Fece qualche giro a vuoto prima di raggiungere la macchina, per assicurarsi di non essere seguito. Lontano dai fumi colorati della magia, riprese fiato e colorito; finalmente il naso smise di colare e gli occhiali di segnalare pericoli. Li tolse, infilandosi in macchina. Buttò il suo bottino di caccia fulvo sul sedile anteriore.
«Mi hai davvero rovinato la serata, micio» sospirò, abbattuto. Poi mise in moto, pregando che il suo compagno di viaggio non rinvenisse prima che fossero arrivati a destinazione.
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Shine on me (completa)
FanfictionIn un mondo in cui la Magia è come l'aria, Yoongi, incapace di usarla, sopravvive ai margini della società, grazie a furti e traffici illeciti. La sua vita cambia quando, nel bel mezzo di un colpo, la refurtiva gli viene sottratta da una strana volp...