Un giovane rientrava a casa sua nella notte. Lungo l'ultimo isolato del suo percorso si sentiva una fioca musica provenire dal terzo piano di un edificio. Vi si intravedeva anche una luce soffusa. Quella musica era allo stesso tempo così impercettibile all'orecchio umano per via del suo volume in quel momento, ma allo stesso tempo così solenne da destare certi cuori. Così, lettore, c'erano quegli animi che passando davanti all'edificio non percepivano minimamente quelle note fioche che sembravano provenire da qualche realtà lontana. Solitamente ne rimanevano indefferenti e non se ne accorgevano gli animi festosi, quelli che per la testa, lungo quelle strade, la notte, uscivano pieni di pensieri e di fermento, carichi di una frenesìa che impregnava l'aria, che dava vita alla città. Quelle esistenze così frenetiche e così dinamiche di rado avevano il tempo di concentrarsi su una sola cosa, di focalizzarsi massimamente e lentamente su un solo eterno particolare. Chi vive nella frenesìa non si ferma mai. Così quelle persone passavano, e magari percepivano, ma se anche avessero percepito quel leggerissimo incontrarsi di note che pareva venir dal cielo, la curiosità di scoprire di quale melodia si trattasse sarebbe stata subito soppiantata dalla fretta di andare avanti: non c'era ragione, per alcuni, di fermarsi. Così spesso vedevi i singoli passare lì davanti distratti e in tutta fretta e spesso vedevi anche gruppi che passavano lasciando dietro di sè l'eco vivace di schiamazzi e urla di gioia. Perchè soprattutto quando si è in compagnia la propria percezione del mondo cambia, è in solitudine che si riesce a concentrarsi su ciò che ci circonda. È nella solitudine e nel silenzio che si può contemplare.
Alcuni altri animi che si distinguevano grazie all'attenzione per il dettaglio e perchè di tanto in tanto fermavano la frenesìa della vita (perchè in fin dei conti anche l'animo calmo è immerso nel dinamismo della società) per contemplare in silenzio un oggetto qualunque, un luogo qualunque, un cielo uguale a tutti gli altri visti e rivisti nella propria città ogni sera della propria esistenza. C'era il passante curioso, talvolta. Quello che voleva a tutti i costi scoprire di che musica si trattasse. Allora bastava che rimanesse lì, fermo per qualche secondo - sarebbe bastato questo solo sforzo di pochi secondi anche al passante frenetico - e subito coglieva la natura di quella musica. Certo, non tutti indovinavano nello specifico di quale brano si trattasse, nè chi fosse la cantante. Ma non c'era ombra di dubbio. Il curioso scopriva: questo che sto sentendo ora e che pare attraversarmi l'anima è opera. Senz'altro lo è. Alcuni ne coglievano il titolo. E allora spesso si fermavano a fissare la luna, in quel caso. Oppure, semplicemente, allietati da quella scoperta, risanati da quel breve momento, avanzavano.Casta Diva,
che inargenti
queste sacre antiche pianteA noi volgi
il bel sembiante
senza nube e senza velContinuavano nel loro cammino notturno, rincuorati. Come in uno stato di ebbrezza.
Questa era una cosa che succedeva di tanto in tanto. Una volta ogni tanto, quando quel giovane usciva per una delle sue tante passeggiate notturne, decideva di far così. Allora prendeva le chiavi di casa, il cappello e il cappotto se era inverno, e accendeva il giradischi. Usciva per una mezz'oretta. Dalla finestra di casa sua si susseguiva una mezz'ora di brani scelti. Non sempre era opera, sai, lettore. A volte era qualcosa di molto più semplice. L'importante era che quelle musiche così varie e così simili destassero nel cuore dell'ascoltatore un senso di riparo, che lo allietassero. Quasi come se quei brevi secondi che avevano modo di ascoltare casualmente nel loro percorso fossero un rassicurare, quasi assumessero un significato simbolico: come dire, nella vita segui questo percorso, è una corsa, lo so, la tua vita è una corsa, sei sempre in movimento; ti lascio questi brevissimi secondi di arte come pausa nella tua frenesìa, come certezza in un cammino di incertezze. Come luce in una caverna. Cosa potevano essere quelle musiche che fermavano il cuore di certi ascoltatori se non il simbolo della bellezza? La bellezza ha il potere di fermarci, lettore.
La bellezza è l'arte, e l'arte, quando è parte dei nostri momenti di svago, è la nostra pausa. Quel momento in cui il nostro tempo rallenta, perchè quando si riflette il tempo pare più lento.
Così quel giovane tornò a casa. Fece le scale, sfinito di una stanchezza che era non soltanto fisica ma anche, e massimamente, interiore. Aprì il portone, entrò nella sua stanza, spense il giradischi.