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La mattina, i luminosi occhi di Louis erano contornati da spesse e scure occhiaie, ricordo della notte passata.

Quella frase che aveva sentito bisbigliare contro il lobo del suo orecchio non era frutto della sua immaginazione, e questo lo spaventava.

Lo spaventava a morte.

Era sicuro al centodieci per cento che non si trattava di una nuova voce nella sua testa. Generalmente loro si presentavano.

Già, quando arrivava una voce in più essa salutava e raccontava pezzi della sua vita come se fosse una persona in carne ed ossa. Come se fosse reale.

E quasi sempre Louis ci credeva.

Ma quella volta... no.

Era una VERA voce.

Lo aveva capito da come era saltata fuori nel nulla assoluto, e da come lo avesse fatto rabbrividire.

Dato che Louis si vantava di essere il più coraggioso di tutto il manicomio, e anche il più tranquillo, (cosa che ahimè non era per niente vera) decise di voler attendere la notte successiva per indagare sullo strano fenomeno.

Un po' come un investigatore o un acchiappa-fantasmi.

Voleva stupire sé stesso, fare bella figura con le voci. Voleva affrontare qualunque mostro vivesse nella sua camera con una maschera di indifferenza.

Quindi, proprio come un bimbo che aspetta il Natale, passò l'intera giornata a ripetere in modo logorroico quello che avrebbe fatto.

E i suoi vicini di camera non ne potevano più. Quello a destra, il ragazzone, era troppo educato per dirgli qualcosa.

Ma quello alla sinistra era un vero e proprio maniaco. Odiava tutti, dal primo all'ultimo, ed era finito lì per aver ammesso di parlare con il demonio.

L'uomo, a sentire Louis blaterare ogni secondo, finì per avere un attacco di rabbia e lo portarono a suon di calci nella cella di isolamento.

Non prima di ordinare a Louis di stare zitto.

Lui rispose con una linguaccia, che però non ebbe spettatori, e si riconcentrò sul disegno che stava facendo sdraiato a terra con alcuni pastelli colorati.

Raffigurava un bimbo in divisa da ghostbuster che dava un pugno ad un mostro viola tutto melmoso.

Ridacchiò nel vedere il risultato.

Per gli altri quel foglio poteva sembrare un mucchio di linee messe a caso, con colori psichedelici e confusi, ma Louis ci capiva molto bene.

Il pranzo fu tremendamente noioso, come d'abitudine, e il momento migliore fu quando le voci vennero a trovarlo.

La cosa bella di quest'ultime era che tutte si differenziavano dalle altre, sembrando personaggi di una scenografia costruiti da un regista famoso.

Erano più di dieci, ma Louis preferiva concentrarsi su tre di loro: Zayn, Niall e Liam.

I suoi migliori amici.

Quante volte aveva immaginato i loro volti e sperato di incontrarli! Si era inventato delle situazioni divertenti, belle o tristi, e le aveva ripetute così tanto che quelle si confondevano con i ricordi veri.

Anche quel giorno, fu Niall a farsi sentire per primo, dato che era il più rumoroso. Ma Louis sapeva che anche gli altri due erano presenti.

<CIAO LOU!> gridò Niall, nella sua testa, facendolo ridere.

Il timbro più basso e meno alto di Zayn si rivelò:

"Ciao amico. Come stai oggi?"

Lui fu il primo che sentì, quando cominciò ad impazzire. Forse proprio per quello lo considerava come un fratello. Zayn lo capiva, c'era sempre per lui, anche la sera o la mattina. E aveva un carattere costruito apposta per fare pendant con il suo.

«Tutto bene dai. Sta notte ho deciso che distruggerò il mostro cattivo!»

Rispose Louis, fiero e altezzoso, ma con un tono da bambino.

Liam, che parlava veloce ma aveva un carattere pacato e responsabile, gli domandò:

~Sei sicuro di volerlo fare? Non hai paura?~

<LASCIALO IN PACE, LEEYUM! È TUTTO UN GIOCO E TU LO SAI!>

"Siete ridicoli. Siamo ridicoli."

Fu Louis a terminare il discorso:

«No. Io sono ridicolo.»

Sapeva bene che quelle voci che sentiva altri non erano che delle proiezioni di sé stesso.

La parte Liam gli permetteva di pensare alle sue azioni. Infatti era quella che sentiva di meno. Quando mai lui pensava a ciò che faceva?

Poi c'era la parte Niall, che invece era piena di vitalità e lo faceva agire come un tornado di idee e giochi. Infatti era la parte che lo governava di più.

Infine, la sua parte Zayn. Zayn era più un modo per chiaccherare con qualcuno, dato che non lo rispecchiava quasi mai. Con Zayn si accorgeva di essere instabile, capiva tutto. E poi dimenticava.

________

La notte arrivò puntuale, e così arrivarono anche i dubbi e le paure di Louis. L'unico momento della giornata in cui non sentiva le voci, doveva pure sorbirsi qualcun altro.

Si sdraiò con il cuore in gola ed aspettò un orario nel quale sapeva che più o meno tutti dormivano.
Quindi si fece coraggio e sussurrò, rivolto verso nessuno:

«V-vieni fuori! I-io nn-on ho paura di te!»

Disse, con una vocina fintamente da duro, molto tenera.

Nessuno rispose. Solo il silenzio.

Riprovò due o tre volte, acquistando sempre più sicurezza in sé, visto che non si aspettava più una risposta. Ma proprio quando mollò la spugna e  provò a chiudere gli occhi...

«Che fai, ti arrendi subito?»

Fece un salto nel letto, con il fiato sospeso. Sentiva che c'era qualcuno, ma non lo vedeva. Iniziò a fare il broncio, facendo tremare il labbrino come quando era tremendamente deluso. I suoi occhioni blu si stavano già inumidendo. Lui che voleva fare l'eroe.

Bastò una lacrima per attirare il cattivo.

«Non piangere!» gridò un ragazzo.

Ma non era un ragazzo qualunque, quello era ovvio. Anche nella luce tremolante delle lampade il suo volto brillava come se avesse una torcia puntata in faccia. Il corpo era contornato da un'aura misteriosa e azzurrina. Aveva gli occhi tristi e preoccupati, i capelli ricci e lunghi fino alle spalle, due labbra invitanti e...

Aspetta... che?













NIGHTMARE (H.S. & L.T.)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora