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«Si, è Louis. Ed è mio.»

Il diretto interessato arrossì visibilmente, un po' spaventato ma più a disagio. Strinse il braccio forte di Harry con ansia, guardando quel demone che aveva posto la domanda.

Era abbastanza chiaro di carnagione, con due occhi neri senza iride, e tremendamente alto e magro, come un insetto-stecco gigante che hanno costretto a vestirsi da umano.

L'insetto annuì infastidito, solo per fare contento Harry. Quest'ultimo non era più tanto dolce: la pelle bollente e i muscoli tesi.

«L'hai portato fin qui. Non volevi qualcuno per...» fece il tipo, posando gli occhi su Louis. Notando che il ragazzino sembrava non sapere per quale motivo si trovasse lì, terminò la frase sorridendo:

«...per giocare?»

A quelle parole Louis scattò e si lamentò con Harry:

«Quel tipaccio ha ragione! Avevi promesso il cavallo a dondolo!»

Lo disse con una vocina adorabile, ma in quel momento al riccio parve più una stretta al cuore. (Che nemmeno aveva)
Come spiegare a Louis la verità?

«Nick, potresti gentilmente andartene? Anche voi, mostri.»

Recitò, con un sospiro stanco. Loro ubbidirono, nonostante Nick preferisse rimanere ad ammirare quella creaturina innocente che Harry si era comprato.

Quando rimasero solo loro due nella stanza rossa, Louis non stava nella pelle: Harry voleva parlargli, forse di una cosa importante, e si sentiva tremendamente curioso. Cominciò a sbattere i piedini contro il pavimento, aspettando che il riccio, combattuto, parlasse.

Alla fine riuscì a pronunciare quella frase:

«Ti ho mentito, Louis. Non c'è nessun gioco qui da noi.»

L'espressione delusa del giovane fu una delle cose più brutte che egli avesse mai visto. E ne aveva viste, di cose.

«M-ma tu avevi detto... che cercavi un... c-co-compagno di giochi!»

Piagnucolò il ragazzo dai capelli color caramello, però senza lacrimare.

Harry scosse la testa, muovendo in maniera delicata e buffa i suoi lunghi ricci cioccolatosi. Non era più avvolto dalla sua aura, bensì si era trasformato in un comune giovane uomo. Forse a causa dei sensi di colpa che lo facevano sentire orribilmente umano.

«Quando l'ho detto... era solo per portarti con me.»

Louis era così triste, così deluso. Si sentiva ingannato e preso in giro. Lui che si fidava di Harry. Come aveva potuto fidarsi di uno strano essere apparso durante la notte accanto al suo letto?

Il riccio avvicinò la sua grande mano alla spalla di Louis, ma il piccoletto si scansò e, preso da un momento di poca lucidità, aprì la porta e scappò nel corridoio. Nemmeno si chiese come mai all'andata aveva dovuto aprire quindici porte di fila e al ritorno solo una.

Harry, seccato dal comportamento di Louis, cominciò ad inseguirlo. I sensi di colpa avevano lasciato spazio a qualcosa di più distruttivo: la rabbia e il desiderio di possedere qualcosa o qualcuno. E quel qualcuno era proprio davanti a lui, che correva scalzo emettendo degli urletti poco virili.

In poco tempo riuscì a raggiungerlo, lo prese per un polso e lo bloccò al muro.

Louis piangeva a dirotto, le lacrime avevano offuscato la vista ma anche la sua mente che era già abbastanza instabile di suo. E Harry lo teneva fermo alla parete fredda, stringendo possessivamente i suoi polsi magri.

Lo guardava come un ladro guarda il diamante più prezioso della gioielleria, con lo stesso ardore.

E quello sguardo, non più verde ma nerissimo, bruciava su di lui come se fosse nudo.

«Lasciami andare!»

Si dimenava Louis, senza successo, oppresso dalla mole spaventosa di Harry.

«Oh principessa, ti stai comportando decisamente male.»

Sorrise il riccio, ma non in maniera amorevole. Sembrava così compiaciuto di avere la situazione in pugno.

«Cosa ho fatto? Io sono bravo!!»

Fece, stringendo gli occhi per non piangere ulteriormente.

«Ti sbagli. Sei corso via, senza pensare che avresti potuto incontrare qualche incubo per la strada. E in più...»

Si avvicinò a lui, gli occhi bramosi ma pieni di serietà:

«...avresti dovuto chiedermi il permesso.»

Il ragazzino gli sputò in faccia e disse, sprezzante:

«Io non devo chiedere il permesso a nessuno! Sono grande e posso fare da solo!»

Il demone rimase senza dire nulla per qualche secondo, quindi prese entrambi le mani di Louis in una sola e con l'altra si ripulì la faccia dalla saliva.

Fatto ciò, prese un grosso respiro e si riconcentrò sul più piccolo, afferrandogli il volto con rabbia per avvicinarlo al suo:

«Tu non hai ancora capito che adesso appartieni a me.»

I minuti che seguirono furono pieni di calci e spinte da parte di Louis, che poco funzionarono. Harry aveva sempre il coltello dalla parte del manico e nemmeno con una pugnalata si sarebbe fatto male.

Prese occhi azzurri come un sacco di patate e, seppur contro la volontà dell'altro, lo riportò nella stanza rossa con un sottofondo di urla e lamentele.

Dalla stanza rossa ebbe accesso alla sua camera, tutta nera e dorata in stile gotico, dove legò Louis alla tastiera del letto con un paio di manette.

Dopo averlo rimirato ed aver pronunciato inutili scuse poco credibili, gli lasciò un bacio in fronte e si chiuse la porta alle spalle.

Il povero Louis pianse e pianse, fino a dimenticarsene il motivo.

NIGHTMARE (H.S. & L.T.)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora