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Ps: ho aggiunto i nuovi personaggi al capitolo dedicato ad essi. ;-)

Tu sorridi e non ci pensi e chiudi a chiave i sentimenti, è rimasta la paura di non essere abbastanza. Sai, l'amore non esiste per chi è sempre stato senza.
-Ultimo

Nina fece scattare la serratura del grande portone di casa in via Saragozza;che si trovava di fronte a un negozio di camice d'epoca.
Lo spinse delicatamente ed esso emise un rumore stridulo e ferrico. Io lo rinchiusi alla mie spalle.
Lei continuò a parlare senza sosta, riempiendo le mura rettangolari che abbracciavano le scale del condominio, la cui costruzione risaliva a più di mezzo secolo fa.
Stava cercando ancora di capire il perché della mia reazione in cortile nelle ore precedenti e io proseguetti a cederle come risposte solo degli sbuffi annoiati.
Ayla occupò tutti i miei pensieri e non feci altro che riflettere sulle sue ultime parole.
Perché voleva sapere il nome di Nina?
Mi ha parlato perché era già interessata a lei?
La nostra semi conoscenza è stata tutta una falsa?
Sono stata sciocca a fidarmi?
Alzai lo sguardo verso la figura femminile che percorreva i gradini a passi veloci a due a due. Aveva questa stupida fissazione che mettere piede su quelli dispari portasse sfortuna, o ancora, era attenta a evitare tutte le crepe.
Superstiziosa fino al midollo.
Lei si giustificava sempre prima premettendo le sue origini calabresi e poi elencando come una filastrocca i suoi aneddoti scaramantici.
I suoi capelli dorati si muovevano contemporaneamente ad ogni saltello aggraziato.
-Rea, ci sono i miei genitori in casa; quindi non fumare e non accennare a qualunque nostra serata- mi ammunì quest'ultima con lo sguardo, prima di premere con la falange sottile il pulsante del campanello elettrico.
Poggiai una spalla sul muro dell'uscio e sospirai.
-Nina, non ti preoccupare.- parlai dopo il silenzio monacale della mezz'ora precedente.
La porta si aprì e fece capolino la Signora Milani, con i suoi capelli biondo slavato.
Ella era un personaggio, come dire, sui generis. Una perfetta matrona italiana, vecchio stampo. Sosteneva che era ineccepibile assumere qualcuno per sistemare casa; solo la padrona poteva sapere come prendersene cura. Infatti dopo il matrimonio lasciò il suo mestiere da maestra dell'asilo e si dedicò completamente alla famiglia. Sebbene avessi sempre pensato che si fosse licenziata perché non ci sapesse fare per niente con i bambini.
Ogni volta che entravo nella dimora Milani, non c'era niente fuori posto. Non c'era nessun granello di polvere; tutto risplendeva come se fosse fatto di materiale traslucido. Aleggiava nell'aria un odore di candaggina e candele ai frutti di bosco, che mi faceva storcere il naso almeno per una buona mezz'ora; finché anche il mio olfatto veniva assuefatto da quel miscuglio infernale.
Ci accolse all'interno e come al solito, dovemmo lasciare le scarpe sull'uscio.
Ormai tutto il quartiere aveva costatato che la Signora Milani soffrisse di rupofobia cronica.
Sua madre iniziò a gracchiare dicendo cosa quella mattina avesse fatto, e mi parse di sentire che avesse pulito con uno spazzolino le manovelle del forno; ma cercai di non soffermarmi.
Entrammo in camera di Nina e mi coprii gli occhi, come di consuetudine, per non essere accecata dal colore rosa confetto di cui erano dipinte le pareti.
Nina sbattè la porta alle sue spalle e si buttò di peso sul suo letto a baldacchino. Quest'ultima odiava tutto ciò, si vedeva, ma non ebbe mai il coraggio di imporre la sua personalità su quella della madre. Nonostante ella al di fuori di quell'appartamento fosse una tigre.
Si alzò di scatto, come se avesse ricordato qualcosa, mi guardò e io confusa alzai un sopracciglio.
-Rea, ha detto di aver pulito ogni cassetto e se... - iniziò, correndo verso l'armadio.
Cominciò a smanettare tra le scatole e i cassetti furiosamente, finché non fece un sospiro di sollievo. Sembrò avesse trattenuto l'aria per tutto quel tempo.
Si girò verso la sottoscritta, ancora perplessa, e mi lanciò un pacchetto di sigarette. Le afferrai ed erano delle Marlboro Gold Touch ancora con la plastica attorno.
Storsi il naso.
-Se avessi voluto farmi un regalo, hai sbagliato di nuovo. A me non piacciono questo tipo di malboro. - palesai e ricevetti in compenso un cuscino in faccia.
Sì portò un dito alle labbra e arrabbiata mi fece segno di stare zitta.
-Non sono per te, idiota. Sono le mie, le avevo comprate ieri. Me le devi tenere tu, perché se le dovesse trovare mamma... - spiattellò sottovoce e io alzai gli occhi al cielo.
Le misi una mano sulla bocca e finii per lei la frase:
-Sono finita, lo so, lo so. -
Furiosa mi morse la mano e io mi allontanai ridendo. Amavo farla arrabbiare.
La sua pelle dalle goti fino alle piccole orecchie si colorava di un rosso che tendeva al porpora, se c'era qualcosa che la faceva seriamente imbestialire; poi i suoi capelli sembravano per quel lasso di tempo elettrizzarsi e si mordeva il labbro, come se volesse controllare la fuoriuscita di insulti dalla sua bocca.
Mi sedetti sul letto e afferrai il telecomando sul comodino alla mia sinistra, mentre lei ancora si sbracciava per farmi capire la gravità della situazione che sarebbe potuta accadere.
Accesi la televisione e non curante mi stesi completamente.
Lei si arrese e mi seguì a ruota.
-Sabato c'è una festa, andremo- setenziò improvvisamente.
-Non mi va- confessai, senza pensarci.
Avevo già dato troppo al volgo quella settimana, o meglio per quel mese.
-C'è molta gente e poi ho già organizzato il piano perfetto, per non farmi scoprire da Trinciabue- ribadì.
Io sbuffai, facendo finta di non averla sentita.
Sabato avrei voluto stare sola. Avevo già programmato di finire The Book of Folly, accompagnata da una calda pizza della governante Lucrezia.
-No- Ripetei.
-Ci sarà pure il liceo classico, se non tutta la scuola. Ho già dato a Sofia la conferma per entrambe.- cercò di convincermi.
Se ci fosse stata tutta la scuola, ci sarebbe stata anche Ayla. Pensai.
Ma cancellai subito questo pensiero dalla mia testa. Cambiai canale e cercai di concentrarmi su altro.
-Non dobbiamo neanche pagare- affermò.
Risi, la guardai sprezzante e chiesi il perché.
Non mi avrebbe convinto, così facilmente.
-È a casa di Riccardo Romagnoli- spiegò, abbassando lo sguardo.
Scoppiai in una grossa e grassa risata.
Si era scavata la fossa da sola, non sarei mai e poi mai andata alla festa di quell' energumeno.
Scossi la testa e lei mise il muso.
-Sentiamo un po'. Ti avrebbe invitata lui? - la presi in giro.
Nina stette in silenzio per quello che sembrò un minuto e si morse il labbro.
-No- E a quel tempo, non seppi che mentì.
-E anche per questo che il mio resterà un no. Non voglio trascinarti via dalla festa, perché potreste scannarvi- finsi anche io, consapevole che non era questo il motivo vero.
Avevo paura, di non avere il controllo e la possibilità della presenza di Ayla, avrebbe potuto peggiorare la situazione.
La madre ci chiamò a tavola e io sorrisi soddisfatta, pensando che la questione fosse chiusa.
Ci diriggemmo silenziose in sala da pranzo e il resto della famiglia Milani era già seduta attorno al messale, circolare ben apparecchiato.
Gli altri componenti di quest'ultima, oltre a Nina e la madre, erano il padre, uomo minuto tutto occhiali e debole personalità ; e il fratello Boris, di due anni più grande della sorella, ed era la pecora nera della famiglia.
Infatti appena mi sedetti al suo fianco, mi lanciò uno sguardo languido, guadagnandosi una gomitata dalla bionda. Io sorrisi divertitata.
Andavo molto d'accordo con Boris, aveva una personalità fuori dalle righe. Al giorno d'oggi diremo che forse sarebbe stato un chill guy, con una spolverata di sarcasmo intellettuale che sembrava mettere la ciliegina sulla torta.
Era anche indubbiamente un bel ragazzo. Ciuffo castano agghindato, barba appena pronunciata e fisico asciutto ma allo stesso tempo atletico.
Aveva file di ragazze dietro e purtroppo ne era pure consapevole.
-Mia regina- mi salutò, prendendo la mia mano e lasciandoci un bacio.
-Justin Bieber dei poveri- dissi beffeggiatrice.
Boris era un eterno Peter Pan ed era per questo che non aveva ancora un lavoro, non aveva intrapreso l'università e che continuava a strimpellare con la sua band di fattoni. Erano abbastanza famosi in città. Molto probabilmente solo in centro.
E forse per questo che la Signora Milani focalizzava tutte le sue attenzioni su Nina; che sembrava essere l'ultima sua speranza per riaffermarsi in società.
Margherita portò i piatti in tavola  stracolmi di tortellini in brodo.
Mancò quello di Nina.
-Nina, domani abbiamo un provino per uno spot pubblicitario. Oggi alle quattro devi andare in palestra, poi subito dopo al centro estetico e infine non ti dimenticare teatro- sorrise falsamente iniziando a mangiare.
Boris la imitò per tutto il tempo e io cercai di non ridere sotto i baffi.
-Mi raccomando non ti dimenticare di respirare- le fece l'occhiolino quest'ultimo, cercando di sdrammatizzare. Perché sulla faccia della sorella comparse un'espressione di disappunto.
Se la mia vita sembrava scandita da non presenze, quella della mia migliore amica era imposta da un'autorità quasi dittatoriale.
-Mamma, oggi ho pallavolo. Domani è sabato e la mattina ho la prima partita di campionato, é importante.- disse con gli occhi puntati sul piatto vuoto.
-Nina, sei una bella ragazza e hai la possibilità di poter intraprendere una carriera fruttuosa. E a te non è mai piaciuta la pallavolo. - setenziò, continuando ad abbuffarsi.
La figlia non cercò di rispondere a tono, il padre fece finta di niente, aggiustandosi la montatura a culo di bottiglia sul naso aquilino e invece il fratello strabuzzò gli occhi.
-Nina è il capitano della squadra, è impossibile che non le piaccia.- palesò Boris.
Aveva ragione.
Nina sembrava sempre impostata al di fuori della palestra, invece quando entrava in campo e poggiava le mani su quella sfera, sembrava che fosse stata creata solo per quello. Sorrideva sempre e trasmetteva amore e passione in ogni sua azione.
-Perché mia figlia deve essere migliore in tutto, è una brava ragazza a differenza tua. - sputò velenosa la donna.
La ragazza davanti a me, cercò di afferrare del pane dal cestino, ovviamente affamata; ma la sua mano fu schiaffeggiata.
Guardai in cagnesco la madre che impettita continuava ad avere un'espressione solare in volto.
- Nina, sei una bellissima ragazza, non dovresti mangiare carboidrati. Il tuo fisico se no con il tempo ne risentirà. Non fare il mio stesso sbaglio.- evidenziò ed non so cosa mi trattenne da lanciarle contro la forchetta.
Margherita si alzò e le porse un bicchierone con dentro un liquido pastoso verde.
Aveva un odore disumano.
Nina lo guardò con disprezzo e lo iniziò a bere.
-Se morisse entro un'ora, ti darò la colpa senza esitare- disse Boris, tappandosi il naso disgustato.
Ricevette uno schiaffo in regalo da ella.
-È buono, pieno di vitamine e proteine non contaminate. Ed è giusto che lo beva. È per il suo bene.- motivò la ragazza.
Se non fosse stata la madre, l'avrei presa tranquillamente per un personal trainer montato di testa.
Finimmo di mangiare con sottofondo la voce acuta di Margherita che continuava a fare complimenti alla bionda, che era palesemente a disagio. Sentii anche più volte il suo stomaco brontolare e mi riproposi mentalmente di darle i miei salatini una volta tornate in camera.
-Domani ti accompagno io al palazzetto per la partita- si propose Boris, alzandosi dalla sedia.
Ma la madre si oppose, dicendo che era fuori discussione e che avrebbe partecipato per tutta la giornata ai provini.
Mi aspettai che Nina dicesse qualcosa ma quando il moro le chiese il suo parere, lei annui verso la madre.
Lui la guardò sconsolato e se ne andò, uscendo di casa.
Mi sentii fuori posto, nonostante quelle situazioni fossero diventate abituali anche per me.
Spostai le mie iridi verso il padre, e cercai di analizzarlo; per capire se avesse voluto fare qualcosa.
Ma stringeva soltanto il cucchiaio e riprese a mangiare, con lo sguardo perso nelle bollicine del bicchiere, riempito di acqua frizzante.
Massimo Milani era un ricco direttore di banca dall'aria intellettuale, che invece di trasmettere autorità, sembrava impaurito dalla sua stessa ombra.
I miei problemi, egoisticamente, mi sembrarono più leggeri per un istante.
Nina finì il suo beverone diabolico e si alzò, spingendomi con sé in camera in silenzio.
Appena ritornammo nel suo rifugio, presi dallo zaino i salatini e mi avvicinai a lei, che nel frattempo aveva iniziato a trattenere le lacrime.
Mi sedetti sul bordo del letto, dove si era distesa e glieli porsi sorridendo.
Le sue iridi verde acqua si posarono sulle mie e lessi soltanto dolore e insicurezza. Sentii una stretta al cuore e l'unica cosa che voletti fare era abbracciarla; e lo feci.
Cercai di darle tutto il poco calore che avevo; perché le avrei dato complessivamete me stessa, se le fosse bastato per stare bene.
Ed ero consapevole che quella non era semplice amicizia; ma io non le seppi dare ancora un nome o una forma.
Stettimo così fino all'orario faditico prestabilito dalla madre, per poi essere costretta ad andarmene.
Quando mi avviai verso il punto di incontro con Omar, sentii improvvisamente il telefono vibrare.
Lo aprii e notai una notifica proveniente da instagram:

"Ayla_Monti ha iniziato a seguirti"

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Ehi, bellozzi e bellezze!
Non ho potuto aggiornare settimana scorsa perché l'ho passata in giro per Halloween e non ho aperto proprio watty. Vi dico soltanto che in un giorno mi sono fatta tutte le giostre di Raimbow. Fantastico.
Comunque spero non mi abbiate perso e che vi stia piacendo la story.
A martedì prossimo.

Chiara<3

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