RITROVARSI IN UN BUCO NERO E NON SAPERE COME USCIRNE

100 4 6
                                    

Ornella scese dal treno e si fece largo tra la calca di pendolari fermi davanti alle porte del vagone. Quella mattina indossava un paio di scarpe nuove.Tacco largo, ovvio. Uno stiletto le avrebbe garantito una goffa camminata e dolorose vesciche su entrambi i metatarsi entro la pausa pranzo. Del resto, non le importava granché di mettere in mostra curve e scollature. Più che altro era una questione di credibilità professionale.

Ornella lavorava in centro, negli uffici di un'importante azienda nel campo della consulenza. Registrava fatture.

Definirlo un lavoro alienante non rendeva bene l'idea. Ornella era oltre l'alienazione, oltre la noia, oltre la mancanza di stimoli. Era nel suo personale buco nero del niente.

E mentre risaliva in superficie pensava che fosse proprio un bel guaio, perché da un buco nero non ne esci facilmente.

Ma quella era la sua vita. Si era scelta il lavoro, una casa in cui abitare e tutti i vestiti che indossava. Tutto frutto di una deliberata presa di posizione, che la riportava sempre lì, in quel dannato buco nero.

Quella mattina il cielo azzurro faceva da sfondo alle cime dei grattacieli e, nonostante tutto, Ornella si sentiva di buon umore.

«Buongiorno.» augurò sorridente alle sue vicine di scrivania, mentre appendeva la giacca all'attaccapanni «Avete già bevuto il caffè?».

Lucia le sorrise «Sì, gioia. Eravamo con Paola alla macchinetta fino a 5 minuti fa. Che peccato che tu sia arrivata solo ora.»

Paola era il loro capo. L'incarnazione dello stereotipo della donna in carriera: alta, elegante, bionda e con la risposta sempre pronta.

Lucia incrociò le braccia e si appoggiò alla schienale della sedia, dondolandosi leggermente «Ci ha detto che alle 10 siamo state tutte convocate per una riunione con il big boss e che dovresti preparare un report sulla fatturazione degli ultimi sei mesi.»

«Ok, no problem.» rispose, fingendo un totale controllo delle emozioni. In realtà Ornella avrebbe voluto gridare "Oh, merda". Tra l'altro, Lucia sembrava aver colto il panico nei suoi occhi, considerando il sorrisetto stampato in faccia.

Ornella cercò di ignorarla e si mise subito al lavoro per preparare il report. Non era quella la parte difficile, sapeva esattamente come Paola voleva il documento. Il vero problema era il perché di quella riunione e come mai il presidente volesse parlare con tutte loro.

Cercando di ignorare le lame rotanti che le solcavano le viscere, Ornella si concentrò sul respiro per ritrovare la calma. Odiava le riunioni e ancora di più l'idea di trovarsi al centro dell'attenzione. Per quanto fosse improbabile che qualcuno le chiedesse un'opinione su qualsivoglia questione di lavoro, il solo pensiero la faceva stare male.

Mentre cercava di scansare i pensieri paranoia, le capitò tra le mani una fattura. A prima vista appariva regolare, ma il suo istinto le diceva che c'era qualcosa di stonato. Ornella decise che poteva pensarci dopo la riunione, a mente serena.

Finì il suo report e lo portò a Paola.

«Oh. Eccoti qua Ornella.» forse si sbagliava, ma quel giorno Paola le sembrava nervosa. «Quello è il mio report?» le chiese, allungando una mano aperta.

Ornella si riscosse come da un sogno ad occhi aperti «Ecco.» rispose, porgendole il documento «Siamo perfettamente in linea con i KPI del semestre.»

«Non avevo dubbi, cara.» Paola sfoggiò uno dei suoi sorrisi straripanti di sicurezza «Del resto siamo un'ottima squadra e io, modestamente, so fare bene il capitano.»

Ornella annuì. Sì, era la solita Paola.

Ritornò alla sua postazione, cercando di dominare l'agitazione per l'imminente riunione. Del resto avrebbe dovuto resistere per un'ora al massimo e poi la pausa pranzo sarebbe arrivata in un attimo. E in ogni caso, ricordò a sé stessa che non aveva nulla di cui preoccuparsi, proprio perché nessuno era interessato a lei.

Soci alla pariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora