Capitolo 1: un Nuovo Inizio

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Stella scese dall'aereo che l'aveva portata via dall'Italia fino a raggiungere il Giappone.

Finalmente questo stupido viaggio è finito! Domani dovrò iniziare il liceo in questo nuovo paese. Se non sbaglio qui dovrei essere al secondo anno. Quando ero in Italia andare a scuola non era male perché mi dava l'occasione di stare con la mia unica amica Elyn e potevamo giocare a calcio insieme, ma ora so che non sarà altrettanto bello. Lei, prima di salire sull'aereo, mi aveva assicurato che avrei trovato nuovi amici, ma io non ne sono molto sicura.
In genere faccio molta fatica a relazionarmi con gli altri per via del mio carattere freddo di natura e temprato ancora di più dai terribili ricordi che ho della mia infanzia. Elyn è riuscita a farmi aprire a lei solo grazie alla sua determinazione e al fatto che, un po', ci assomigliavamo.
Prima di trasferirmi in Italia non avevo fatto altro che allenarmi e uccidere. Allenarmi per uccidere. L'unica cosa che mi abbia fatto apprezzare la vita è stato mio fratello Drakorius e il suo amico Lyvai. Insieme, di sera, salivamo sul tetto del dormitorio e guardavamo le stelle. Le adoravamo! Quei piccoli scintillii lontani ci ricordavano i nostri genitori che purtroppo abbiamo perso da piccoli.
Io non ricordo com'è successo. Avevo solo due anni o poco più, ma mio fratello c'era e ogni notte faceva incubi dai quali si svegliava madido di sudore e con il respiro affannato. La stessa cosa che succede a me ora, dopo la Grande Strage.

Stella si guardò intorno: i cartelli stradali, le insegne dei negozi... tutto era scritto con ideogrammi che riusciva a leggere grazie alla sua dote. C'erano grattacieli ovunque; sembrava che tutta la città stesse allungando le sue dita verso il cielo, bisognosa di toccarlo.

Fino ad allora lei aveva sempre vissuto in un piccolo paesino di campagna con non più di trecento abitanti, isolato dal mondo, dove l'edificio più alto era il campanile della piccola chiesetta in piazza. Ci era entrata solo una volta: Elyn l'aveva obbligata minacciandola che altrimenti avrebbe raccontato del suo mondo al professore.

Quanto abbiamo litigato quel giorno... Non le andava proprio giù che non credessi in Dio. Tuttavia... chi crederebbe mai a un'entità superiore che non fa altro che permettere alle persone di morire nei più orribili dei modi?

Sì incamminò verso la stazione degli autobus e si mise seduta su una panchina aspettando che il veicolo arrivasse.

Tirò fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni cominciando a mandare dei messaggi a Elyn. Anche lei conosceva il giapponese, tuttavia le scrisse in italiano. Non voleva che le persone sedute di fianco a lei leggessero ciò che stava scrivendo, neanche per sbaglio.

«Scusami, sei straniera, vero?» le chiese un ragazzo, sedendosi accanto a lei.

Stella annuì distrattamente senza nemmeno prendersi il disturbo di guardarlo in faccia.

«Io mi chiamo Axel Blaze. Tu come ti chiami?»

«Perché ti interessa, Axel?» chiese lei guardandolo per la prima volta dall'inizio della conversazione. Non si accorse neanche di star parlando in giapponese, tanto le veniva naturale comprendere tutte le lingue.

Axel sembrava il tipico ragazzo sportivo: i muscoli delle gambe le facevano supporre che fosse un calciatore.
In lui, però, c'era qualcosa di speciale. La sua aura emanava un calore rilassante che la fece stare bene.
Aveva i capelli di un biondo così chiaro da sembrare fatti di platino; i suoi occhi erano di un azzurro profondo e imperturbabile, ma in essi, un occhio abile come quello di Stella poteva scorgere tantissimi sentimenti come determinazione, decisione, curiosità...

Che ci sarà di male a dirgli come mi chiamo?

«Mi chiamo Stella, Stella Drake.» si presentò la ragazza. Spense il telefono e se lo infilò di nuovo in tasca.

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