Capitolo 1

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Generalmente le persone si dividono in ritardatari cronici e chi è troppo ansioso per perdere tempo.
Io rientro nella seconda categoria.

Sono solo le 7:15 e sono già davanti ad un sudicio cancello, aspettando che qualcuno si degni di aprire.
Il vento di settembre, seppur innocuo, mi fa rabbrividire e stringere nelle spalle.
Chiudo ancora di più la mia vecchia giacca di jeans e passo in rassegna lo spiazzale della scuola. Mi accorgo di essere l'unica psicopatica ad essersi presentata mezz'ora prima dell'inizio delle lezioni.

Non importa, penso.
Mi accuccerò su una panchina e ascolterò della musica, cercando di dimenticare ogni ansia.
Al suono di quella malinconica melodia la fronte si rilassa, i nervi diventano meno tesi e gli occhi si socchiudono.
La tensione dei miei muscoli si allenta, così distendo le gambe per stare più comoda.

Chi lo avrebbe detto che sarei diventata una barbona?

Adesso mi trovo nella mia comfort zone e quelli che spero siano solo pochi minuti si trasformano in un lungo sonno.

Una risata mi desta dalla mia pace profonda, così aprendo gli occhi vedo dei ricci che svolazzano ed un sorriso insolente.
In un attimo mi alzo in piedi e provo a sistemare le ciocche di capelli che conducono vita propria.

Guardo con occhi di sfida il ragazzo davanti a me, ma lui continua a sorridere mostrandomi la sua perfetta dentatura da testimonial della Mentadent.

"Che cazzo sorridi? Coglione" esclamo aggrottando le sopracciglia.
"Allora ti sei svegliata, pensavo fossi entrata in coma" risponde credendo di essere simpatico.
"In coma forse entrerai tu se non ti togli dai piedi" replico.
"Datti una calmata, tesoro. Ogni volta che t'innervosisci, ti si formano tante piccole rughe sulla fronte. Non giova tanto al tuo aspetto" risponde con impertinenza.
"Fottiti" grido scappando via, ma non prima di avergli dato una spallata.

Sento ancora i suoi stupidi occhi seguirmi, ma m'impegno a non voltarmi per rivolgergli altre attenzioni.
Nel frattempo la campanella suona, annunciando l'inizio delle lezioni.
Do un'occhiata al mio orario e noto con grande dispiacere che a darmi il buongiorno sarà proprio trigonometria.

Cammino frettolosamente perché non mi va di sorbirmi uno dei soliti discorsi sulla puntualità del Professor Taylor.
La sua voce fastidiosa indurrebbe alla violenza persino il più fedele dei monaci benedettini.

"Eli, aspettami!" grida una voce a qualche metro di me.
Mi giro e faccio i salti di gioia, riconoscendo tra mille volti sconosciuti i suoi occhi azzurri.

Cora Davis è la sorella della mia anima.
All'opposto di me, è simpatica, gentile, sempre allegra e paziente.
Io invece sono una di quelle bombe ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all'altro a cui nessuno si avvicina.
Ma quando siamo insieme tutti i pezzi s'incastrano e combaciano perfettamente.

"Dov'eri finita?" domanda preoccupata.
"Un cretino mi ha trattenuto fuori" dico sbuffando.
"Almeno era carino?" chiede ammiccando.
"Era solo un coglione, questo basta" rispondo alzando gli occhi al cielo.

"Chi è un coglione?" continua Eve affiancandosi a noi.

Eve, l'altro pezzo del puzzle, è parte integrante della mia vita da ormai tre anni.
Gironzola sempre con delle cuffie in mano, è sempre immersa nei suoi pensieri, ma se solo si provasse ad entrare nel suo mondo, si capirebbe quanto sia fantastica.

"Un ragazzo che si è messo a ridere perché mi sono addormentata su una panchina" affermo.
"Era bello?" aggiunge.
"Sembrate in calore" esclamo, beccandomi delle occhiatacce dal professore.

Mentre Eve racconta della sua conquista estiva, comincio ad entrare in classe.
Mi siedo in fondo, nel posto dé vergognosi, e getto lo zaino sul banco accanto per occupare un posto ad Eve.

"Eli, puoi farmi un favore?" domanda Eve sbattendo le ciglia.
"Ti ho già preso il posto" rispondo.
No, adesso ho letteratura. Devo chiederti qualcos'altro" continua.

"Sentiamo" aggiungo curiosa.
"Mio fratello si è appena trasferito ed ha bisogno di una mano per orientarsi. Io non posso perché devo rimorchiare una del terzo anno, ci pensi tu?" chiede mandandomi dei baci volanti.

"Chiedilo a Cora, lei ha più pazienza di me con le matricole" affermo.
"Cora fa già da guida ad alcune ragazze di primo" constata impaziente.
"Allora accetto la mia triste sorte" dico rassegnata.
"Grazie, ti amo davvero tanto. Sei fantastica, una creatura meravigliosa" continua.
"Lo so" ammetto.

Nel frattempo l'aula si riempie, ma non noto nessuna traccia del misterioso fratello di Eve.
Il professor Taylor inizia a fare l'appello, chiama il nome di un certo Matt Campbell, ma non risponde nessuno.

Solo qualche minuto dopo, appare davanti la porta una figura slanciata.
Se non fosse per la sua faccia del cazzo, potrei definirlo persino un bel ragazzo. Ma ormai lo vedo solo come il cretino che mi ha svegliato.

"Matt Campbell, scusi il ritardo" esclama con la sua voce roca.

A malincuore constato che quello è il fratellino di Eve e non so cosa sia peggio, se dovergli fare da cicerone oppure doverlo vedere ogni giorno.

Supera il professore rapidamente e si dirige nella mia direzione, guardandomi con uno dei suoi sorrisi snervanti.

"Ciao Elisa, da quanto tempo" sussurra.
"Qualcuno mi dia una corda" dico a voce alta.
Il fratellino ride ed appoggia il suo zaino accanto al mio banco, nonostante il mio volto gli suggerisca di volare in Afghanistan.

"Signorina Miller può ripetere, per favore?" domanda il professore accigliato.
"Ehm, niente" rispondo balbettando.

Il professore ritorna alla spiegazione, ma io continuo ad essere nervosa sentendo lo sguardo perenne di Matt su di me.

"La smetti di fissarmi?" domando lanciandogli una penna.
"Ma si può sapere che problemi hai? Se dovessi fissare qualcuno, fisserei il culo di quella, non te" ribatte acido.

Provo un misto tra fastidio e disagio, ma provo a concentrarmi sullo schema che il professore disegna alla lavagna.
Ancora una volta vengo interrotta.

"Sei tu quella che mi aiuterà ad orientarmi?" domanda ridendo.
"Sfortunatamente sì" rispondo infastidita.
"Quindi ti addormenterai durante la lezione o nel tragitto?" aggiunge deridendomi.
"Non ti conosco nemmeno da un giorno e già ti odio. Hai battuto ogni record" ribatto.

"Ti intimidisco, vero?" chiede accennando un sorriso che non preannuncia niente di rassicurante.
"Cosa?" continuo leggermente allibita.
"Dai, sono bello, alto, ho un bel fisico, per non parlare di quanto sia simpatico. Ti senti intimidita e vai sulla difensiva" termina il suo monologo.

Scoppio a ridere e mi tengo la pancia, perché in tutta la mia vita non ho mai sentito una battuta più divertente.

"Sei di bell'aspetto, è vero. Ma sei insopportabile, sei presuntuoso, arrogante e maleducato. L'aspetto esteriore non riesce a compensare una persona vuota dentro.
E per finire, io non mi sentirei mai intimidita da te, sono altre le cose per cui avere timore" replico schiarendomi la voce.

Questa volta il ragazzino non parla, qualcuno gli avrà mangiato la lingua.
Non mi cenna più di uno sguardo.
Stringe i pugni e la sua mascella s'irrigidisce, i suoi occhi neri contornano la sua dura espressione.

Io sorrido compiaciuta e guardo l'orario sul telefono. Anche oggi ce l'ho fatta.

Even the ice melts Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora