Non appena chiusi la porta di casa la mia attenzione ricadde sulla persona al volante. Come al solito il suo aspetto era perfetto, lo era dall'età di tredici anni. Federico Ferraro sarebbe riuscito ad attirare l'attenzione di qualsiasi ragazza anche stando seduto dentro un auto, senza fare assolutamente nulla. I suoi occhi erano attenti, concentrati sulla strada, nonostante si fosse accostato lungo il marciapiede. Teneva una mano appoggiata al volante e l'altra lungo il bordo del finestrino. Era rilassato, non sembrava assillato da nessun pensiero o paranoia, eppure di lì a 30 minuti avremmo dovuto tenere la simulazione di matematica. Il suo atteggiamento era strafottente, ma del resto quella non era una novità. Non mi capacitivo proprio di come quel ragazzo fosse riuscito a passare senza esami ogni anno dopo la sua bocciatura in seconda. In tutti quegli anni che lo conoscevo, l'avevo visto si e no due volte con un libro in mano, la parte restante del tempo la trascorreva a dormire, giocare ai suoi stupidi giochini al telefono ed a combinare disastri in giro per la città insieme ai suoi amici. Della scuola gli importava relativamente poco, il suo unico scopo era quello di diplomarsi, in quanto, come da lui detto, non sarebbe riuscito a resistere un altro anno tra quei banchi. Non sapevo neppure quali fossero i suoi piani per il futuro, sempre che ce gli avesse. Federico Ferraro era l'esatto opposto di me, senza alcun programma, zero preoccupazioni e una fortuna immensa. A lui in qualsiasi caso andava tutto bene, passava sempre come l'eroe e veniva elloggiato da qualsiasi persona lo conoscesse, perfino mia madre era una sua super fan. I nostri genitori essendo vicini di casa si frequentavano spesso, di solito i miei invitavano i signori Ferraro a casa nostra ogni venerdì e quindi, in quelle poche occasioni in cui Federico ci degnava della sua presenza, mia madre lo celebrava facendolo passare come il miglior ragazzo sulla faccia della terra. Peccato che fosse esattamente l'opposto, era soltanto, un grandissimo arrogante e pallone gonfiato. La sua sicurezza e strafottenza mi davano sui nervi.
Dovevo stare calma. Dovevo respirare. Dovevo soltanto far finta che lui non ci fosse. Sì, avevo deciso, lo avrei ignoranto. Presi un sospiro e salii dietro nel lato passeggero vicino al finestrino. Non appena, io e mia sorella ci sedemmo, Giulia si girò a salutarci con un amplio sorriso, cosa al quanto in solita per lei, dato che le volte in cui accennava ad un mezzo sorriso erano alquanto poche. Lei infatti, a differenza di suo fratello, era una ragazza abbastanza timida e riservata. Non trasgrediva alle regole e di certo non andava pazza per i cambiamenti. La verità è che Giulia era una ragazza abbastanza chiusa nel suo piccolo guscio e le volte che decideva di abbandonarlo erano relativamente molto limitate. Non era una che tendeva dare nell'occhio, preferiva passare inosservata e non stare al centro dell'attenzione. Esprimeva a fatica i suoi pensieri e faceva molta fatica ad aprirsi con le persone, tendeva a non sbilanciarsi mai. Ammetto che all'inizio fu difficile fare amicizia con Giulia, quando si trasferì vicino a casa mia tendeva a non parlare molto, stava rinchiusa la maggior parte del tempo in casa e quando ci vedevamo era abbastanza distaccata. Con il tempo le cose erano cambiate, io e Sara eravamo diventate i punti di riferimento di Giulia, per ogni problema si rivolgeva a noi, insomma, eravamo diventate le sorelle che non aveva mai avuto.
-" Giulia sta mattina ti sei alzata di buon umore" commentò mia sorella ridendo.
-" Sicuramente saranno state i pancake di sua mamma" continuai io assecondando mia sorella. La sera prima infatti, eravamo andate a mangiare a casa di Giulia e Marianna, sua madre, a fine serata ci aveva preparato dei pancake.
Giulia si girò e ci fulminò con lo sguardo, facendoci segno di finirla. Era chiaro che non volesse far saper a suo fratello il motivo per cui io e Sara la stavamo prendendo in giro, infondo noi avevamo capito fin dall'inizio il significato di quel suo sorriso. Avevamo passato l'intera serata a convincerla a scrivere a Michele, il ragazzo per cui aveva una cotta da tre mesi a questa parte. Era stata un'impresa davvero ardua, Giulia era veramente testarda quando ci si metteva, non voleva sapere di scrivergli. Diceva che sarebbe passata per una delle tante ragazzine sfigate che gli scrivevano, peccato che non era così. Giulia era veramente una ragazza stupenda, non aveva bisogno di truccarsi o mettersi vestiti aderenti, lei riusciva a risplendere nella sua semplicità. Avrebbe potuto indossare anche un sacco delle immondizie e sarebbe comunque risultata perfetta. La cosa triste però, era che Giulia non si rendeva conto di tutto questo, non si rendeva conto che ogni volta che passava per i corridoi, durante il riposo, gran parte dei ragazzi si girava a fissarla, non vedeva gli sguardi d'odio che le rivolgevano le ragazze ma soprattutto non si era resa conto che da ormai tre settimane Michele aveva cercato ogni singola scusa per parlarle. Addirittura l'altro giorno aveva cercato di iniziare una conversazione con lei utilizzando la scusa della verifica di matematica con la Turchi. Già, peccato che lui non avesse la Turchi e soprattutto non fosse della stessa classe di Sara e Giulia: infatti Michele, nonostante fosse del loro stesso anno, era rimasto una classe indietro per motivi sportivi. Il bello era che Giu non se ne era neppure resa conto, gli aveva risposto senza neanche pensarci e poi se ne era andata con la scusa che aveva dimenticato la merenda in classe.
-" Giu ma non ti rendi conto che quel ragazzo è perso di te! Ieri ha pure utilizzato la scusa della Turchi, dai più palese di così" le aveva detto mia sorella la sera prima.
-" Già io non capisco perché tu non gli abbia ancora scritto" insistetti.
Giulia mi guardò con aria di rimprovero mentre cambiava canale.
-" proprio tu parli che prima di scrivere a Lorenzo ci hai messo una vita" mi rispose lei.
-" Era un'altra cosa" sintetizzai, cercando di rimuovere le immagini di me e Lorenzo che mi passarono per la mente.
-" Comunque se gli interessassi mi avrebbe scritto lui, no?" Rispose seccata. Io guardai mia sorella incitandola a dire quello che entrambe pensavamo ma lei scosse la testa, facendomi capire che avrei dovuto dirle la verità.
-" Senti Giu, secondo me lui non ti scrive perché tu sei diciamo... un po' fredda con lui"
-" Ma che cosa stai dicendo? Io non sono fredda con lui" mi disse sconvolta.
-" È vero" continuò Sara " Tu sei distaccata con tutti ma con lui sei proprio fredda".
Giulia restò in silenzio, non aggiunse altro. Sapevo benissimo che in quel momento mille pensieri le passavano per la testa. Forse eravamo riuscite a convincerla che Michele fosse interessato a lei. Passammo cinque minuti nel silenzio più totale, le uniche voci che si sentivano erano quelle della televisione, poi d'un tratto Giulia prese in mano il suo telefono.
-" Gli scrivo" ci aveva detto. Non riuscimmo neppure a risponderle perché in quel momento la porta si aprì e la visione di Federico mi fece venire il volta stomaco.
-" Noi dobbiamo andare" avevo commentato e poi eravamo uscite velocemente senza più sapere come fosse andata a finire quella conversazione appena iniziata.-" Certo i pancake, santo cielo, quanto sei banale Alice. Che cosa hai cinque anni? Ti prego come se fossi stupido. Non occorre che parli con la lingua dei Puffi, so perfettamente a che cosa vi state riferendo." Intervenne Federico in tutta la sua arroganza. Mister simpatia si era alzato proprio bene quella mattina, la sua acidità era più accentuata rispetto al solito, non che normalmente fosse poi così diverso. In quel momento avrei voluto scendere dalla macchina e mandarlo in quel posto, avrei voluto urlargli dietro di tutto. Sapevo benissimo che il suo commento non era altro che una provocazione per indurmi a litigare. Faceva così ogni volta, in qualsiasi contesto riusciva a trovare un modo per farmi perdere la testa. Era il suo passa tempo preferito: come rovinare la vita ad Alice Coloni. Quella volta però, non gli avrei dato soddisfazione, dovevo resistere, sì, dovevo proprio ignorarlo. Era la miglior soluzione.
Decisi così di prendere dal mio zaino le cuffiette e le attaccai al telefono, intenta ad ascoltare musica, ma purtroppo una voce profonda attirò la mia attenzione.
-" Hai perso la lingua per caso?" Mi chiese Federico, con un certo sarcasmo.
-"Ragazze ma lo sentite anche voi questo ronzio insopportabile?"Grande Alice, meno male che lo dovevi ignorare.
-" Sì bhe, adesso ne ho la certezza, stiamo andando all'asilo." Continuò mister simpatia mentre sterzava il volante per prendere la strada per il centro.
-" Veramente Federico, tu dall'asilo non ci sei mai uscito e adesso potresti finirla con questa pagliacciata". Non avevo alcuna intenzione di sentire uscire un' altra parola dalla sua maledetta bocca. Volevo solo stare tranquilla, da lì a poco avrei affrontato un vero e proprio incubo, non avevo bisogno di viverne un altro poco prima.
-" Adesso il pagliaccio sarei io? Ma ti sei sentita prima? Dai Alice se hai da parlare con mia sorella della sua vita sentimentale puoi parlarne tranquillamente, sai quanto mi interessa"
-" Già perché a te non interessa niente altro che di te stesso." Federico si fermò al semaforo, ed i suoi occhi, che fino a quel momento erano stati incollati sulla strada, incrociarono i miei. In quel momento mi domandai come fossimo finiti in quella situazione, due persone che un tempo erano amiche, adesso non facevano altro che discutere. Avrei voluto tanto domandargli come mai le cose tra noi erano cambiate, perché lui si era allontanato così tanto da me. Avrei voluto conoscere la verità, avrei voluto sapere il motivo di così tanta rabbia nei miei confronti. Alzai nuovamente lo sguardo e mi andai a ribattere in quelle due pozze marroni e per un secondo mi domandai se lui avesse intuito i miei pensieri, perché per un attimo i suoi occhi si adolcirono, ma purtroppo fu solo un breve istante.
-" Di certo non mi frega niente di quello che mi stai dicendo."
-" Per questo mi infastidisci sempre?" Lo stuzzicai nuovamente, lui rise e fece la manovra per parcheggiarsi.
-" Lo faccio perché mi diverto, sei così scema che te la prendi sempre. Sia chiara una cosa Alice, di certo non lo faccio perché mi frega qualcosa di te" alzò la testa e mi guardò nuovamente nello specchietto che dava sul retro ed io tremai, mi stava distruggendo.
-" Se non vi dispiace dovreste scendere siamo arrivati" conclude lui aprendo la porta.
Per l'ennesima volta Federico era riuscito a vincere la partita, per l'ennesima volta mi aveva ferita senza neanche dispiacersene.
-" Allora esci?" Mi chiese lui aprendo la mia portiera. Guardai Giulia e Sara, entrambe erano già uscite. Presi le mie cose e usci dall'auto sbattendo la portiera. Guardai Federico con tutto il disprezzo che avevo nel mio corpo e poi mi diressi verso la scuola.
-" Alice vai al diavolo" mi urlò lui.
-" Ma vacci tu, idiota!" Gli risposi svanendo tra la folla.

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twenty
Teen FictionQuando sei vicino alla fine del liceo tutta la tua vita comincia a cambiare, così, all'improvviso. Nessuno ti da un libretto delle istruzioni, nessuno ti dice cosa devi fare. Semplicemente un giorno ti svegli e passi dall'essere un adolescente spens...