Prologo

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Quando la tua vita é un viaggio continuo, la cosa più difficile da fare è fermarti.
C’è chi viaggia per lavoro, chi per piacere, chi per scappare e chi per ritrovare se stessi.
Poi ci sono io che viaggio per tutte queste ragioni messe insieme e nessuna allo stesso tempo.
Ho iniziato scappando, l’ho fatto per lavoro, ho ritrovato me stessa in un viaggio e mi ci sono persa in quello successivo...ho continuato ancora e ancora, semplicemente perché non potevo più farne a meno. L'idea di mettere radici mi terrorizza e per quanto sia innamorata del mondo intero, non ho ancora trovato il mio nido, o forse non l'ho mai cercato veramente.

Viaggiare per me non è una vacanza, non dura una settimana e non è all-inclusive.

E’ ricominciare da zero. E’ come aver trovato il tasto “reset” nella mia vita. Quando il solletico sotto i piedi ricomincia e quella voglia, quel bisogno profondo di andare via, diventano insostenibili, premo quel tasto e il più delle volte corrisponde ad un volo di sola andata per una meta sconosciuta. Quel bisogno innato di scoprire di più, di andare alla ricerca della vita nascosta tra le emozioni che solo viaggiando riesco a provare, mi corrode dall'interno e lo sento divorarmi l'anima ogni vota in cui rimando. L'esigenza di uscire allo scoperto ed abbandonare le futili distrazioni che ci tengono imbambolati dietro ad uno schermo, a convincerci che passare il tempo a guardare, commentare e condividere cose, sia quasi meglio che viverle in prima persona. Io comunque non sono da meno, mi sono adattata senza nemmeno rendermene conto e questo mi spaventa. Per questo devo partire, devo lanciarmi nel vuoto e lasciarmi tutto alle spalle, devo dare una svolta, scrollarmi di dosso questa mentalità materialistica che non mi appartiene ed immergermi nei valori profondi racchiusi nelle storie che i miei viaggi mi racconteranno, sussurrati in un orecchio.

Sono cresciuta a Wildwood in New Jersey, una piccola città sul mare a poco più di mezz’ora da Ocean City e cinquanta  minuti circa da Atlantic City. Quelli come me sono cresciuti con la sabbia tra le dita dei piedi e la dipendenza psicologica dai tramonti sul mare.
Mio padre è un ex soldato americano, dedito alla patria molto più che alla famiglia, invece mia madre è più italiana degli spaghetti e la pizza messi insieme ed è forse per questo che sento un legame fortissimo con l’altro lato del pianeta, infatti gran parte delle mie fughe hanno avuto una destinazione europea e quando ne ho bisogno, in Italia ho sempre un appoggio dalla famiglia di mia madre: i nonni, gli zii e i cugini. Per fortuna ho un’ottima predisposizione nell’apprendere altre lingue e per questo motivo gli spostamenti sono risultati sempre più semplici, almeno dal punto di vista della comunicazione. I miei si sono conosciuti al college, mia madre era venuta qui per studiare e non è più ritornata se non dopo la nascita di mia sorella  maggiore, anche se i parenti italiani non hanno aspettato molto per venirci a trovare in tutte le feste possibili ed immaginabili, alternandosi tra i vari gradi di parentela in base all’importanza delle festività e per questo casa mia è sempre stata una specie di bed &breakfast all’occasione. Specialmente mia madre lo adora, dice che avere tutte quelle persone intorno la fa sentire a casa, in Italia. Diciamo che di questa metà genetica ne vado particolarmente fiera, specialmente per le mie arti culinarie, tramandate di generazione in generazione.
Ok, sto esagerando, non sono il tizio di “Master-chef”, ma sono abbastanza brava, specialmente con la pasta. Mia madre è una cuoca eccezionale ma mia nonna è la vera maga e lei mi ha insegnato tutto quello che so sui fornelli.
Il problema è che adesso odio cucinare solo per me stessa. Se c’è anche solo un’altra persona, mi ingegno a preparare l’impossibile, se sono da sola invece, anche un semplice toast sembra uno spreco di energie. Credo che anche questo sia dovuto alla metà latina del mio sangue. Cresciamo con la convinzione e l’abitudine che mangiare non può essere solo un atto fine a sfamarsi, ma anzi, va ben oltre: è un momento di riunione e di condivisione, è il sedersi tutti insieme a tavola per conversare, ridere, litigare. Significa stare in famiglia e viverla appieno. E per chi come me cambia spesso paese, le serate di toast o pizza in compagnia della tv o di un libro diventano, a malincuore, piuttosto frequenti e onestamente non ci ho ancora fatto l’abitudine.
Insomma, saper cucinare italiano è un vero vantaggio per tanti aspetti e poi mi hanno insegnato che per conquistare il cuore di un uomo, bisogna conquistare prima il suo stomaco. Non l’ho mai appurato direttamente e perché ovviamente non ne cerco uno, sia chiaro, ma mi piace pensare che possa essere davvero così semplice far breccia nel cuore di un uomo.
In ogni caso, a questo punto, nessun uomo sano di mente aprirebbe il suo cuore ad una donna "geograficamente instabile" come me, una con la valigia sempre pronta, che scapperebbe dall'altro lato del pianeta piuttosto che affrontare una routine secolare, che non sa mettere radici perché è figlia del mondo. Chi vorrebbe legarsi a qualcuno che inevitabilmente ti lascerà?
Io dal canto mio, non voglio nessuno da aggiungere alla breve lista di coloro che mi mancheranno, perché quello è un sentimento che non ho mai imparato a gestire. Fa male e non mi piace. Quindi sto bene così, basto a me stessa al momento. Quello che voglio veramente?
Ho bisogno di sentirmi libera, libera di scegliere di diventare chi voglio e soprattutto di andare ovunque mi porti l’istinto. Sono stanca di seguire la massa, di cercare disperatamente di rientrare nella categoria dei "giusti", di trovare un briciolo di me stessa in una società che non mi rispecchia affatto. Voglio vivere in una realtà spoglia delle inutili apparenze, priva di pregiudizi e incontaminata dall'odio e dal senso di insoddisfazione che si respira per strada e che leggo sul volto stanco e stressato della gente che corre inutilmente contro il tempo, che lotta una vita intera per riuscire forse a viverne una minima parte in pace. Io non voglio vivere così: arrabbiata, ansiosa, sempre in lotta...voglio vivere davvero, voglio viaggiare e scoprire cosa c'è la fuori,  ricercando l'amore che il mondo ha nascosto negli angoli più remoti ed inimmaginabili. Ho l'esigenza di andare e toccare con mano le storie e le incredibili esperienze che il pianeta ha da raccontarmi. Quando penso a come vorrei vedermi in un futuro, immagino quattro ruote e uno stemma con due meravigliose lettere incastrate fra loro “VW”,  mentre il sole risplende amplificando l'odore dell'estate e le note di "these streets" di Paolo Nutini, che gentile mi accompagna tra le strade deserte e aride, mentre inseguo felice l'orizzonte. Nessun orologio, nessun appuntamento, nessun bisogno di guardare ripetutamente il cellulare, perché la fuori è molto meglio. Solo il camper e il mio cane, alla ricerca di emozioni da immortalare e condividere con chi sa guardare oltre la carta fotografica.
Continuo a ripetermi che dopo tutto quello che mi è capitato, se ce la metto tutta, forse un giorno la vita mi ripagherà realizzando questo mio unico grande sogno di libertà. 

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