-tu sempre mangi?

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~un paio di ore prima~
C'era un'atmosfera pesante ed il cielo aveva un colore innaturale, scarlatto.
Le nuvole, prima ammassate sull'orizzonte, ora si accalcavano sopra di esso e si spingevano una contro l'altra. Erano grosse e cupe.
Il sole era opaco e torbido, come se un filtro lo schemasse.
Lui odiava le cose opache: non erano nel suo stile.
Non faceva ne caldo ne freddo, non tirava vento.

Era sdraiato sul letto, i capelli rosa poggiati sul cuscino, sperando in qualcosa.
Qualsiasi cosa.

Sentiva le palpebre diventare pesanti e chiudersi ed un forte senso di tranquillità gli annebbió la mente.
Ma non poteva dormire, non ancora.

Aprí faticosamente gli occhi guardando le pareti lillà di camera sua:
Aveva lottato duramente contro i suoi genitori per avere quel colore stampato sulle mura di casa.
Alla fine, l'aveva dipinta lui, e si era anche Divertito. Ma la reazione dei parenti non era stata molto divertente...
Non sapeva se fosse gay. Probabilmente no. Ma nessuno puó prevedere il futuro:
Magari il futuro gli riserverà in bellissimo marito, un gatto Sphinx e magari una figlia.
Nessuno potrebbe mai sapere...

Pensava già all'indomani ed alla sua interrogazione di latino, sapeva che sarebbe stata una giornata pesante.

~il giorno dopo~
Quando la luce del primo mattino inizió a farsi vedere, era già sveglio.
Con il libro di scuola poggiato sulle gambe e la schiena ricurva.

Prese coraggio e si decise ad uscire.

Le luci della metropolitana erano fioce e treballanti, si era seduto su un piccolo posto singolo, in fondo al vagone.
Si guardava in torno e vedeva solo cartacce e gomme da masticare appiccicate ovunque.

Quando finalmente la metro la metto su fermó, poté scendere alla sua fermata.

Per terra il suolo era pieno di pozzanghere che, come mine, aspettavano pazientemente il suo arrivo per bagnargli le scarpe nuove. Una trappola innocente.

Secondo il suo punto di vista le pozzanghere assomigliavano alla scuola: non capisci quanto sono profonde finché non ci immergi il piede dentro.

Immerso nei suoi mille pensieri continuava a camminare con lo zaino sulle spalle.
Quando sentí una voce chiamarlo alle sue spalle.

-stre? aspetta amico!
quel cespuglio di capelli azzurri erano difficili da non notare.
Un ragazzo abbastanza alto stava correndo vesto la sua direzione.

Il ragazzo dai capelli rosa si voltó,facendo una smorfia esausta e stufa. Di lui?

-Tu sempre mangi?
gli chiese vendendo un pacchetto di patatine stetti fra le sue mani.

-lo sai che mi piace. E poi é quasi mezzogiorno.
rispose
-piuttosto, perché stai balzando?

-interrogazione di latino.
disse.
Dopo tutte le ore passate a prepararsi e a studiare l'ansia aveva avuto la meglio. Ed anche se fosse stato tranquillo, quelle dannate declinazioni non gli sarebbero entrare in testa.

-Tu?
domandó freddo.
Nonostante tutte le volte che gli aveva risposo male continuava a volergli bene. Dall'altra parte, Alex, vedeva Strecatto come un'ispirazione: il fatto che era sempre coerente con sé stesso, riusciva ad esprimere la sua personalità sempre, non usciva dal suo personaggio neanche quando doveva bere un bicchiere d'acqua. Per non parlare del suo fisico magrissimo, e la sua attenzione alla linea.
Sognava infatti di diventare un modello, ma non si sa pee quale magia si fosse ritrovato al quinto anno di un noiosissimo istituto tecnico.

-cosí, perché no?
rispose tranquillamente alzando le spalle.

-Ah, la sai l'ultima? Mi ha chiamato.
-Chi?
-Giorgio.

Sgranó gli occhi: -Chi!?
-Lascia stare
-Quindi?

(leggete piano il seguente pezzo, vi servirà.. :D)

-Mi trasferisco. Ed anche tu. Saremo vicini di casa usciremo tutti i giorni insieme ed io non dovró piú pensare alla cantina di legno in cui ero rinchiuso e tu non dovrai piú pensare ai tuoi genitori la tua camera e le loro opinioni.

Si riprese il polmone che gli era partito dopo aver detto tutto ció che sapeva senza mai riprendere fiato.

Stre rimase immobile

-Co.. Come ha fatto a..
-NON LO SO! Stre é il nostro Angelo custode, la nostra opportunità per andarcene.
Urló di gioia

Iniziarono a ridere.
Non sapevano come gli fosse venuta tutta quella voglia di risate in un mattino come quello.

Stavano per andarsene da quella città che ormai aveva stancato: sempre sporca, noiosa, grigia.
Avrebbero voluto prendere il primo treno disponibile, buttare via i libri di scuola ed andarsene con gli zaini in spalla, ma dovettero aspettare.

-Diamo tempo al tempo..





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