III

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Quel giorno, come quasi tutti gli altri, c'era il sole ma faceva troppo freddo, ancora non era scesa la neve ma Jayson sperava che aspettasse un altro po', così che potesse cadere proprio durante la settimana di Natale. Mancava ancora molto, quindi poteva rilassarsi nonostante fossero tante le cose da fare con Nathan, il quale per alcuni giorni non si era presentato, mandando solo Moose e Nicholas. 
Quel giorno però i due erano impegnati in un altro progetto, per questo si trovarono Jayson e Nathan ad occuparsi del cibo, i regali per gli inviati, e altri punti della lista. Si erano dati appuntamento sotto casa del giovane, e muoversi con una sola auto avevano deciso di girare per i ristoranti migliori, e quelli più conosciuto da Nathan.
«Sai, sono sorpreso di vederti» disse, guardando fuori dal finestrino.
«Perché?» domandò svoltando in una stradina.
«Non ci siamo visti per un po'» rispose vago.
«Ho avuto da fare» spense l'auto, e uscì, così che anche l'altro facesse lo stesso.
«Dove siamo?» si guardò intorno, non riuscendo a riconoscere la strada.
«Ti ho portato in uno dei ristoranti migliori con cui ho avuto a che fare»
Jayson spalancò gli occhi, quando lesse il nome sull'insegna. «Ma è un ristorante italiano!» esclamò contento, seguendo subito l'altro che era già davanti all'entrata.
«Nathan!» disse un omaccione con una barba lunga, e un grande cappello da chef sulla testa.
«Non sapevo saresti venuto, ti avrei preparato un tavolo» lo abbracciò per poi spostare lo sguardo su un Jayson sorridente.
«E questo bel ragazzo chi è?»
«È un mio amico, stiamo organizzando la sua festa di Natale. Abbiamo bisogno di un buffet, sono subito passato di qui»
«Piacere, sono Antonio Tallini, il proprietario e chef di Napoli Mia»
«Il piacere è mio, sono Jayson McLaren»
«Vi faccio preparare subito un tavolo»
«No, no! Non c'è bisogno» si affrettò a dire, Jayson.
«Insisto, non potete andarvene senza aver mangiato qui» poggiò una mano su Nathan. «E questo ragazzaccio lo sa»
Alla fine, Jayson dovette arrendersi, e in poco tempo fu preparato un tavolo per due, però più appartato rispetto agli altri. Jayson non potè far a meno di ammirare ogni quadro, ogni profumo, ogni nome che ricordava la bellissima Napoli; in sottofondo si sentiva anche una leggera musica neo melodica.
Nathan lo fece accomodare, e poi si sedette anche lui. Non potè far a meno di notare la differenza nei modi, negli atteggiamenti tra lui e Marcus.
«Ti piace?» domandò attirando lo sguardo dell'altro su di sé.
«È bellissimo, sembra quasi di stare a Napoli» ammise aprendo il menù, non sapendo davvero cosa scegliere: ogni cibo scritto sembrava la pietanza più buona del mondo.
«Vedrai, anche il cibo ti porterà in quelle strade» sorrise, aprendo il menù. «Posso ordinare una cosa che secondo me ti piacerà?» domandò poi. E Jayson annuì, cercando di ignorare la voce nella sua testa che gli diceva: lui l'ha chiesto, Marcus te lo ha imposto.
Furono subito raggiunti da un cameriere, molto esperto e con un forte accento americano, fortemente forzato per cercare di nascondere quello italiano. Nathan ordinò la pasta con gli scampi, mentre Jayson ordinò una pizza margherita, perché non l'aveva mai mangiato in vita sua e come contorno qualcosa che aveva ordinato Nathan ma che non gli voleva svelare cosa fosse. Furono lasciati di nuovo soli, e Nathan ne approfittò per fare una delle sue solite uscire.
«Allora, possiamo considerarlo un appuntamento questo» affermò, beandosi la scena di un Jayson che per poco non si affogò con l'acqua, e si ritrovò a tossire.
«Sei impazzito? Devo ricordarti che sono un uomo fidanzato?» sbottò guardandolo seriamente.
«Quindi vuoi dire che se non fossi fidanzato con mister tutto d'un pezzo, lo lo avresti considerato un appuntamento?» domandò sorridendo sornione.
«No!» esclamò. «Non— non ho detto questo» ribatté cercando di mantenere un tono di voce fermo. Nathan non smise di sorridere, ma non potè dire altro poiché arrivò il cibo, e le loro bocche furono occupate ad apprezzare quel cibo che solo alla vista sembrava il più buono del mondo. Nathan lo guardava, aspettando che l'altro assaggiasse la pizza, così da avere un verdetto.
«Perché mi guardi?» chiese sbuffando.
«Sto aspettando la tua reazione, io ormai ci vengo spesso qui a mangiare. Ma per te è la prima volta» rispose sorridendo.
Jayson prese il primo morso di pizza, e wow, era davvero buona! Nathan rise vedendo come si stesse quasi ingozzando con la pizza, e finalmente potè mangiare la sua pasta, prima che si facesse fredda.
«Da quanto tempo tu e Marcus state insieme?» domandò ad un certo punto.
Jayson si bloccò, poi alzò lo sguardo su di lui.
«Dici davvero?»
«Che c'è? È una domanda come un'altra» alzò le spalle.
«Tre anni, circa» rispose dopo qualche minuto.
Nathan lo guardò per un po', dopo sospirò.
«È un bel po di tempo» constatò. Jayson annuì. «Noi siamo stati insieme più tempo» disse poi recuperando il sorriso che si era momentaneamente spento.
Jayson sospirò. «Non cominciare. Noi eravamo giovani, stupidi, illusi che tutto potesse andare bene, ma poi è finita, è inutile tornarci sopra ogni volta, okay?»
«Jay, ci siamo amati, non puoi dire di no!» si inalberò, sentendo l'altro parlare in quel modo della loro relazione, come se quello che era successo tra di loro, non aveva avuto importanza.
«Io amo Marcus, ora» scandì bene le parole, e Nathan non ebbe la forza di replicare. Per fortuna - o no? - furono interrotti da Antonio, il quale era passato da loro per chiedere cosa ne pensassero del cibo, e quando volevano parlare di affari.
Jayson si pulì le labbra con il tovagliolo, e gli sorrise, cercando di ignorare il peso che sentiva all'altezza del petto.
«Anche adesso!» esclamò facendolo contento. Antonio si allontanò, e quando tornò aveva dei vassoi con tantissimi dolci sopra, di ogni colore, specie e delizia.
«Allora, parlatemi un po' di questa festa»disse sedendosi, guardando poi i due giovani.
Jayson prese parola. «Vorremmo organizzarla a casa nostra, cioè mia e del mio fidanzato e noi—» fu interrotto dalla suoneria del prop telefono, si affrettò a prenderlo e vide che era proprio Marcus a chiamare. «Scusate, è proprio lui. Puoi continuare tu, Nathan?» domandò e senza ricevere risposta si allontanò per rispondere al compagno.
«È proprio un bel ragazzo» disse Antonio, una volta che vide il giovane allontanarsi.
«Già» rispose solo l'altro, guardandolo mentre parlava animatamente con qualcuno al telefono. Sicuro il suo ragazzo. Fece una smorfia.
«Da quando vieni qui, personalmente, con i tuoi clienti per parlare degli ordini da fare?» lo guardò in modo eloquente. Nathan non lo guardava, ma sapeva benissimo in che modo lo stesse fissando, per questo si affrettò a prendere uno dei dolci messi lì a disposizione per loro.
«Jayson è un amico di vecchia data, quindi voglio riservargli il servizio migliore» rispose vago, non specificando che quello fosse in realtà il suo ex. Nel mentre, Jayson stava parlando con Marcus, il quale si trovava ancora a Londra per questioni di lavoro.
«Lo capisco... ma mi manchi» disse mettendo un tenero broncio, che purtroppo l'altro non poteva vedere.
«Anche tu, ma il tempo passerà velocemente. Hai anche la festa da organizzare, così non te ne accorgerai nemmeno» rispose l'altro, Jayson lo sentì borbottare qualcosa, per poi rivolgersi di nuovo al compagno. «Adesso devo andare, ho una riunione importante. Ti amo piccolo, fai il bravo» Jayson rispose ai saluti, poi tornò dai due che lo aspettavano seduti al tavolo.

Una volta usciti dal ristorante, e dopo aver promesso ad Antonio di tornare di nuovo e non solo per affari, si erano messi in auto per dirigersi verso vari negozi così da scegliere quali regali prendere per gli amici e parenti. Si fermarono poco dopo, e decisero di camminare tra le strade immerse di luci, decorazioni e odori di vario genere.
«Non andiamo nei negozi di qualità?» domandò Jayson, guardandosi intorno.
«Le cose più belle le trovi tra i mercatini» disse guardandolo mentre si aggiustava la sciarpa, e il cappello beige, rigorosamente firmati.
«Smettila di atteggiarti» lo rimproverò.
Jayson lo guardò offeso. «Non mi sto atteggiando, è che non riesco a sistemare la sciarpa» borbottò. Nathan si fermò di colpo, facendo così sbattere Jayson contro il suo fianco, e si posizionò davanti a lui per aggiustargliela. Jayson lo guardò negli occhi, mentre l'altro concentrato era impegnato a sistemargli la sciarpa intorno al collo.
«Ecco, ora stai bene» disse riprendendo a camminare, come se nulla fosse. Odiava ammetterlo, ma quei mercatini era stupendi, e sentire le musiche provenienti da ogni angolo aumentava lo spirito natalizio che era in lui.
«Come hai scoperto questi posti?» domandò standogli al fianco.
«Lavorando in un campo come il mio, devo conoscere ogni luogo in cui è possibile acquistare, a poco prezzo anche. Qui ci sono un sacco di cose artigianali, ben fatte e davvero utili, ho pensato, conoscendoti, che magari facevano al caso tuo» spiegò infilando le mani nelle tasche del giubbotto.
«È davvero bello» ammise, e i suoi occhi furono attirati da una bancarella piena di libri, si avvicinò e il primo che saltò all'occhio fu una vecchia edizione del "Canto di Natale" di Charles Dickens. Alla sue spalle, sentì avvicinarsi Nathan.
«Guarda che bello!» lo prese e glielo fece vedere.
«Ti piace?» sentì chiedere da una bambina seduta dall'altra parte della bancarella. I due alzarono lo sguardo e la guardarono, dondolava i piedi perché non arrivava fino al pavimento e li guardava con grandi occhi verdi.
«Si, ne avevo uno simile da piccolo» rispose con malinconia. Non ricordava che fine avesse fatto quelle copia del libro, forse era andata perduta quando aveva traslocato a New York con i suoi genitori.
«Puoi comprarlo allora» disse facendo ridere i due. Prima che il ragazzo potesse rispondere, lo fece Nathan.
«Lo compro io, se non ti dispiace» guardò Jayson, il quale nonostante ci fosse rimasto male, non disse nulla e annuì solamente. Una signora fece la confezione regalo, e diede il pacchetto a Nathan. Si allontanarono di qualche metro, e Nathan porse il pacchetto a Jayson, il quale lo guardava confuso ma anche quasi contento, come se avesse capito cosa stesse succedendo.
«Andiamo, prendilo» gli disse quasi scocciato, ma in realtà sorrideva. Jayson non se lo fece ripetere due volte.
«Grazie» disse dopo un po'.
Continuarono il loro giro, e Jayson trovò quello che stava cercando: aveva preso per tutti, delle piccole palline di Natale in vetro con all'interno dei regali, un cervo, babbo natale sulla slitta, degli elfi, paesaggi natalizi. Ognuno di loro poteva scegliere quale piacesse di più, anche se per la sua famiglia avrebbe fatto altri regali da aprire la mattina di Natale. Stavano per tornare alla macchina, quando furono attratti da un carellino che vendeva cioccolate calde, biscotti, e tanto altro.
«Vado matto per i dolci» disse mentre dava un morso al suo grande biscotto farcito di cioccolato. Poco più avanti c'erano dei bambini che li guardavano, così Jayson si avvicinò e si accovacciò vicino a loro, sotto lo sguardo di un incredulo Nathan.
«Volete un po' di dolci?» domandò loro, i tre lo guardarono e annuirono quasi contemporaneamente. Li portò davanti al carrellino, e disse loro di prendere tutto ciò che volevano, e una volta scelto pagò per loro. Una volta avuti i dolci, ringraziarono il giovane e corsero via, sparendo dalla loro vista.
«Ci sai fare con i bambini» sentì dire alle sue spalle.
«Ho due nipoti, tu che dici?» scherzò.
«Un giorno potresti usare questa bravura con i tuoi figli» disse e appena finì di parlare si schiaffeggiò per la sua stupidità.
Jayson rimase in silenzio per un po', e Nathan pensò che aveva oltrepassato la linea immaginaria che c'era tra loro, quella che li impediva di parlare di determinati argomenti.
«Sai, non ci ho mai pensato— ai figli intendo. Non ne abbiamo mai parlato ma so per certo che Marcus al momento non ne vuole» alzò le spalle.
«Nemmeno in futuro?» continuò a chiedere.
Jayson accennò quello che sembrava un sorriso amaro. «Si vedrà» rispose vago. Restarono entrambi in silenzio, e a quel punto fu chiaro per entrambi che era meglio tornare a casa.

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