Mi risvegliai completamente frastornato, con i pensieri sparsi a caso tra un ricordo e l'altro e la dannata voglia di far fuori tutti i presenti nel raggio di un metro.
Le ciglia appiccicate mi resero difficile il tentativo di schiudere le palpebre e, quando finalmente ne fui in grado, un fascio di luce fastidiosa m'investì in pieno il volto facendomi rabbrividire. Ed era il neon mezzo fulminato della centrale che mi sfarfallava addosso.
"Ti è già scoppiato il mal di testa?"
"Cristo..."Alzai lo sguardo su Jack e lo trovai in piedi a fissarmi. Una visione così inquietante non ce l'avevo da quando gli strizzacervelli mi guardavano compilare un mucchio di test a crocette in cui mi veniva chiesto se avessi mai nutrito il desiderio di uccidermi.
"Hai passato tutto il pomeriggio a dormire. Il tuo telefono non ha mai smesso di squillare." Bastarono quelle parole a farmi agitare all'istante.
"Perché cazzo non mi hai svegliato?"
Presi il cellulare per controllare le chiamate e ne trovai dieci da parte del Secco. Stavolta a farmi rabbrividire non fu la luce, ma il pensiero di averlo fatto incazzare."Eri fuori di testa, in quelle condizioni non saresti riuscito a combinare niente di buono."
"Tu mi farai ammazzare." Sbraitai mentre raggiungevo la porta.
"Fatti un bagno, è un consiglio." Gli mostrai il dito medio e uscii prima che potesse riprendermi.Montai in sella e tornai a casa alla velocità della luce, dove usai il getto bollente della doccia per ripulirmi dai postumi della giornata.
Era stato un pomeriggio insolito che aveva avuto risvolti parecchio imbarazzanti. Non avrei mai immaginato che invece di finire tra le gambe di Merit sarei crollato tra le braccia dello sbirro, e che mi ero risvegliato sulla vecchia sedia di un ufficio quando avrei potuto farlo nel letto caldo di una donna.
A bagno ultimato ero certo di aver rimosso ogni odore dal mio corpo, eppure non riuscivo a togliermi di dosso quella macabra sensazione di disagio. Era il senso di colpa a mettermi in testa cose che non avrei dovuto pensare? Era stata la sbornia ad impormi quella strana malinconia che ancora in quel momento non mi mollava la mente?
Chiamai il Secco mentre aprivo l'armadio per cercare un cambio pulito. Tuttavia, il telefono squillò a vuoto finché la segreteria non mi comunicò che il contatto risultava irraggiungibile.
Cercando di stroncare sul nascere tutte le seghe mentali che di lì a poco avrebbe partorito il mio cervello, mi tuffai sul divano e misi qualcosa sotto i denti. Il cibo non mi aveva mai allettato più di tanto, ero sempre stato abituato a sopperire alla fame e a campare con pochi e semplici alimenti.
Negli ultimi anni mi ero lasciato un po' andare, la droga e l'alcol avevano fatto slittare l'appetito in fondo alla piramide delle priorità e quindi avevo finito per perdere parecchi chili.
Un tossico non aveva bisogno di nutrirsi, un tossico aveva bisogno solo di farsi. Ti svegliavi la mattina e ti sparavi un fondino di whiskey, poi facevi aperitivo con una pista e se tiravi con impazienza fino al pranzo non era perché aspettavi di mangiare, ma perché la botta aveva iniziato a perdere il suo effetto costringendoti a fartene un'altra.
Nel frattempo continuavi a bruciarti i neuroni e a lasciare che i chili calassero sulla bilancia finché la pelle non toccava le ossa facendoti sembrare un fantasma. Se non ti fermavi in tempo ci restavi impigliato in quel ciclo continuo, come un cane che si mordeva la coda fino a diventarci pazzo.
Io ero riuscito a conservare quelli che da noi venivano chiamati i muscoli della fame, e nell'ultimo periodo mi ero imposto di mangiare con più regolarità perché avevo capito che mantenere un minimo di forza era più utile che diventare uno zombie incapace di ribellarsi a quelli che cercavano di metterti sotto.
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La carta vincente
RomanceScar è uno spacciatore del South Side, marchiato dalle cicatrici di un passato che, oltre a rovinargli la pelle, gli ha anche portato via l'unica persona che abbia mai amato: sua madre. Ella si trascina sulle spalle i suoi diciassette anni insieme a...