Capitolo Primo

75 3 0
                                    

Erano giorni che non pioveva, la mia amata pioggia mi aveva lasciata sola con un gruppo di umani che non mi capiva.
Ero al quanto triste quel giorno, nessuno che mi dava retta, ma continuavo a pensare che dovevano essere veramente impegnati, perché mi rispondevano sempre, quindi mi limitai a sdraiarmi sul letto.
I capelli si sparpagliarono sopra al materasso, misi le mani sopra alla pancia mentre osservavo il tetto, un pensiero mi balenò alla mente e mi alzai come una molla. Dovevo andare a prendere Nathan a scuola!
Guardai l’orario, segnava le 12:55, ero spacciata, la scuola distava un quarto d’ora a piedi e a quest’ora non c’erano autobus, se non arrivavo in tempo mi avrebbe uccisa. Dovevo passarlo a prendere con la macchina, ma quella mattina era servita a mia madre, il suo autista stava male e mi aveva chiesto se potevo prestargliela.
Avevo solo cinque dannatissimi minuti! Presi il telefono, le chiavi di casa e una sciarpa a scacchi blu e rossa dopodiché sgusciai fuori chiudendo la porta con un colpo secco.
Cominciai a correre a perdifiato, nel frattempo cercavo, invano, di sistemare la sciarpa che volava alle mie spalle, tenevo il telefono in una mano e controllavo ossessivamente l’orario, non ce l’avrei fatta di questo passo.
Continuavo a correre, le mie gambe non erano allenate e stavo già crollando, avevo il fiatone, riaccesi il telefono e pigiai sulla cornetta verde per chiamare Eveline, mia cugina, lei abitava davanti alla scuola.
«Esci subito di casa e va a prendere Nathan! Inventa una scusa sensata per giustificare il mio ritardo» a malapena riuscivo a parlare, ero stanca morta.
«Okay, ci penso io» mise giù la chiamata ridendo, ma non smisi di correre.
Arrivai due minuti più tardi e quando lo vidi seduto sulle scale della scuola, ripresi fiato, appoggiando le mani alle ginocchia.
«Ehi, piccolo!» lo chiamavo così, ma lui si arrabbiava sempre dicendo che non era più un moccioso e che sarebbe diventato più alto di me.
Mi guardava male con quell’aria disgustata che aveva sempre quando facevo qualcosa di sbagliato, aveva le braccia incrociate al petto, batteva un piede al terreno, come se aspettasse qualcosa.
Nathan salutò Eveline e passò avanti sorridendo e scuotendo la testa, stava per caso ridendo di me quel piccolo mostro?
Eveline mi mandò un bacio volante e dopodiché corsi verso il mostriciattolo.
«Mostriciattolo!» lo chiamai, si girò con lo sguardo assatanato.
Arriviamo a casa e lui salì in camera sua, quando sbatté la porta della stanza capì che qualcosa non andava, avrei voluto andare su a controllare, ma si sarebbe arrabbiato di più e non era il caso.
Quindi mi buttai sul divano e vidi il mio telefono accendersi, sul display comparve la scritta “Mamma” sorrisi vedendo il suo nome comparire.
«Sì?» risposi.
«Agnes non riusciamo ad arrivare per pranzo. Tuo padre è stato invitato ad un’inaugurazione quindi andremo con lui, viene anche tuo fratello Elliott. Vedi di indossare qualcosa di elegante e lineare, non potrò essere lì per prepararti… non combinare pasticci» la sua voce era veloce ed eccentrica come sempre.
«Okay, mamma, sarai fiera di me!» dissi alzandomi dal divano per andare ad avvertire Nathan.
«Lo so, tesoro» sapevo che stava sorridendo.
«Allora a dopo» le dissi cominciando a togliermi il telefono dall’orecchio, ma poi la sentii quasi urlare: «Ah! Quasi dimenticavo. Elliott viene lì a pranzo, quindi sarà nell’arrivare».
Mi sento immediatamente euforica. Elliott stava per arrivare! Elliott sta per arrivare! Non ci vediamo da un mucchio di tempo e sono sicura che quando lo vedrò mi fionderò fra le sue braccia e gli porrò mille domande, mi manca sempre di più.
«Va bene, a dopo!» sentì mia madre ridere dall’altro lato del telefono e riattaccai.
Salii di corsa le scale e andai in camera di Nathan spalancando la porta, lo trovai sdraiato sul letto, a pancia in giù, gli auricolari alle orecchie, sbatteva i piedi a ritmo.
Lo osservai mettendo le mani sui fianchi, gli girai attorno, mi avvicinai lentamente e con le mani gli sfilai gli auricolari dalle orecchie, lui alzò la testa e mi guardò in malo modo, lo ignorai mettendomi seduta comodamente sul suo letto, incrociando le gambe.
«Che c’è?» domandò.
«Tu dovresti raccontarmi qualcosa» gli risposi.
«Non è successo niente» dice con tono seccato.
Bimbo cocciuto! Non penserà mica di averla vinta, ti estorcerò la verità. «Nathan, non lasciarti tutto dentro, sputa il rospo e magari potrei darti una man-» neanche il tempo di finire la frase che vengo interrotta.
«Non puoi capirlo. È una cosa mia, mia è basta!» urla, arrabbiato.
Lo guardai scioccata e rimasi un po’ sconvolta dalla sua reazione esagerata, capì che non voleva parlarmene perché si vergognava, però urlarmi contro così, direi che era abbastanza esagerato.
Lo fissai dritto negli occhi, ma lui non faceva una piega, rimase arrabbiato. Mi alzai dal letto e prima di uscire dalla sua camera, di spalle, gli dissi: «Ricomponiti, stasera siamo invitati ad un’inaugurazione e vedi di essere pronto per le otto. Ci sarà anche Elliott» uscii dalla stanza sbattendo la porta.
«Non ci vengo!» sentii giungere da dietro la porta.
«Non comandi tu!» urlai guardando al suolo e stringendo i pugni, dopodiché corsi nella mia stanza e dopo averla chiusa con un enorme tonfo girai la chiave.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, ormai non sopportavo nulla, volevo solo essere d’aiuto e lui non voleva accettarlo, mi misi a lanciare tutto.
Sembravo una pazza isterica, ma di quei tempi non mi andava nulla per il verso giusto e non sapevo come risolvere questo dannatissimo problema.
Mi sentivo una stupida, non riuscivo a fare nulla, una parola e già urlavo o mi arrabbiavo, tutto questo per quello stupido del mio ragazzo, se così posso ancora chiamarlo.
Negli ultimi mesi era cambiato molto, non era più il ragazzo che avevo conosciuto e in quel momento capì che aveva indossato una maschera e che i ragazzi erano tutti uguali, prima ti attirano nella loro folle trappola e poi ti mangiano, viva o morta.
Non avevo avuto molte relazioni ma sapevo di certo che ormai non esisteva nessuno per me, così mi ero convita a lasciarlo e a restare single a vita.
Sentii suonare e i pensieri si spensero come una luce.

•Angolo Autrice:
Spero che questo breve capitolo vi sia piaciuto e spero continuerete a seguirmi, e a seguire la storia di Agnes. (Scusate gli eventuali errori)
"" v ""❤•

•Una come lei•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora