Chapter 4

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Le sue labbra sfiorano delicatamente la mia guancia e il mio volto si scalda questo suo inaspettato gesto.
Piano Stash si allontana da me; ritornando poi a guardarmi con quei suoi occhi marroni, profondi e bellissimi.
Quando incontro il suo sguardo e lo vedo sorridere, ricambio il gesto abbassando timidamente la testa.
"Ehi" mi sussurra mentre con le sue dita sotto il mio mento, il più dolcemente possibile, mi fa alzare il volto verso di lui.
In una frazione di secondo, appena il mio sguardo incontra ancora il suo,mi blocco rapita all'interno di un mio flashback che passa fra i pensieri.

~ " Theo basta, ti prego. Mi stai mettendo addosso solo nervoso. Non provare a venire. Ti ho detto di lasciarmi stare." Urlo al quel che era fino a poco tempo fa il mio ragazzo.
" Tu non la passerai liscia. Ti abbiamo negato di provarci, sia io che tua madre. Tu dovevi rimanere qui a Milano. Tu non puoi farlo." Mi risponde di rimando.
"E tu, chi saresti per dirmi questo? Tu, chi sei per impedirmi di realizzare il mio sogno? Io vivo per la danza, tu non puoi capire. E dovresti capirlo." continuo ad urlare dalla rabbia uscendo dalla porta principale dello stabile.
Nella frenesia del momento mi scontro, spalla a spalla,  contro qualcuno ma troppo presa dalla conversazione non mi fermo a scusarmi.
Senza rendermi realmente conto, in tutto ciò, ho abbassato la mano che tiene il cellulare, allontanandolo dal volto e attivando, per sbaglio, il vivavoce; lasciando libere attorno a me le urla di rabbia del ragazzo all'altro capo della cornetta.
"Io sono il tuo ragazzo e mi appartieni. Sono io quello che decide per te. Non ti ricordi cosa è successa l'altra volta?".  A questa sua frase mi blocco, presa da un terrore improvviso che riaffiora dai miei ricordi mentre percepisco una presenza, al tempo stesso quasi rassicurante, alle mie spalle ma non mi volto. Presa dal panico mi sento completamente bloccata.
"Si, che mi ricordo, brutto stronzo. Mi hai preso a botte perché sono solamente tornata a casa tardi da una serata con amici. Tutto per colpa della tua gelosia. E stupida io che non ho avuto il coraggio di denunciarti, per paura della reazione di mia madre. Lei, che stravede per te e non per sua figlia." dico di rimando, cercando di mascherare la paura che ha preso il sopravvento nella mia mente.
" Si, e tutto questo non ricapiterà una seconda volta. Provaci ancora e questa volta sarà un'altra cosa. Devi lasciarmi stare. Io non appartengo a nessuno. Tanto meno a te. Sei l'errore più brutto della mia vita. Lasciami stare. Lasciami vivere la mia vita. Io ti ho amato, tu hai fatto solo finta. Mi hai usata. Non ho mai detto nulla per paura di tue reazioni o di altri. Fai schifo. " sputo acida e ormai al limite della pazienza e della tolleranza.
"Non provare a dire queste cose. Stai attenta. Io-o. Sei solo....sei nulla. Tu.." urla in vivavoce.
Allontano il cellulare dal volto perché la voce di Theo viene sparata fuori dal telefono, amplificata dalle sue urla che fanno male alle mie orecchie a fanno male anche a me.
Un misto di terrore mi attanaglia la gola e il cuore.
È capace di tutto, quel ragazzo.
Col passato che si ritrova, poi.
E mia mamma che vede sempre l'opposto; oltre alla suo smisurato egocentrismo con cui non conosce altro fino al palmo della sua mano.
Spengo la conversazione mentre lui sta ancora urlando.
Un senso di nausea mi attanaglia ogni singola parte di me e per trovare sostegno mi appoggio al muro dietro alle mie spalle.
Sono fuori gli studi di Amici, richiamata per questa telefonata "urgente" che era diretta alla sottoscritta.
Che poi d' urgente, se ci penso, non c'era affatto nulla. Non so che scusa abbia potuto utilizzare per richiedermi il permesso per uscire alla direzione.
Cerco di pensare a qualcosa di bello ma il mio cervello non ne vuole sapere di collaborare.
Intanto, la nauesa non migliora la situazione, tanto che una strana sensazione mi porta ad accucciarmi verso il pavimento del portico e, tenendomi una mano davanti alla bocca, cerco soffocare un conato.
" Ehi, ehi; Cloe tutto bene?!"
Sento una voce maschile che, appoggiandomi delicatamente una mano su una spalla, mi chiama sopra di me.  Cerco di capire chi sia ma non mi viene in mente nessuno in questo stato di storidimento.
Decido di alzare la testa per vedere chi potrebbe essere, ma la nausea, ad ogni mio movimento, aumenta sempre di più.
Senza accorgemente e senza la mia volontà, tiro su la poca colazione che qualche minuto fa avevo in stomaco.
"Okey, no. Non stai bene. Vieni con me dentro" afferma il ragazzo più a se stesso.
Mentre il mio corpo non riesce ancora a reagire a quelle mie poche azioni che il mio cervello pensa, due mani mi prendono per le spalle e piano mi sollevano.
Sono talmente senza forze che appena mi rimetto completamente in piedi, il mio corpo ondeggia in avanti e si ferma contro il petto caldo del ragazzo che è venuto in mio soccorso.
Con assoluta calma alzo gli occhi e, intravedo, tra il suo mento e il suo labbro inferiore un piercing. Solo un nome. Stash.
È il professore Stash.
È colui che, inconsapevolemente, con un sorriso e una canzone mi migliora la giornata.
Uno delle poche costanti della mia vita che proteggo gelosamente e con molto affetto.
Appena i suoi occhi incontrano i miei, sul suo volto nasce un sorriso.
" Vieni dentro che ti riscaldi un po'." Mi sussurra mentre piano mi stringe a se e mi conduce all'interno dell'edificio.
Percorriamo un lungo corridoio e finalmente, dopo pochi minuti che mi sembrano interminabili, si ferma davanti una porta e piano la apre.
" Rimani qui, nel mio camerino mentre ti vado a prendere qualcosa di caldo da bere e da mangiare. Se hai bisogno del bagno, è questa porta qua a destra."
Piano mi aiuta ad raggiungere un divanetto e a farmi sedere tra i cuscini.
" Tieni questa; indossala. È l'unica cosa morbida che ho qui fra i miei vestiti " mi dice mentre mi offre una sua camicia di flanella pesante a scacchi neri e rossi, che sceglie da una rastrelliera piena di indumenti.
"Va benissimo così, Stash. Davvero, fin troppo gentile. Grazie mille ". Sussuro mentre mi sistema la camicia sulle spalle.
"A te, Cloe. Ora rilassati un attimo. Torno subito" mi dice mentre mi lascia un bacio fugace e veloce sulla fronte ed esce velocemente dalla stanza.
A questo suo gesto una scia di calore nasce, dal punto in cui è entrato in contatto con la mia pelle, diramandosi poi in tutto il mio corpo; regalandomi, allo stesso tempo, un senso di tepore.
Con la massima attenzione mi sistemo meglio nell'angolo del divanetto dove i cuscini creano un nascondiglio.
Mi chiudo la camicia di Stash sul petto e sulle braccia e mi porto le ginocchia vicino a me.
Piano e nel silezio della piccola stanza, i miei occhi cercano di rimanere aperti ma invano.
La necessità di riposarmi prevale su tutto.
E mentre mi rifugio nel profumo di rose della camicia di Stash il buio prende il sopravvento.

Sulle Note Di Una Canzone || StashDove le storie prendono vita. Scoprilo ora