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Decidere cosa non fare è tanto importante quanto decidere
che fare
~ Steve Jobs

Il vento gli scompigliava i capelli corvini, le lunghe gambe si muovevano ritmicamente a passo svelto.
Il fiato fuoriusciva dalle sue labbra sottoforma di piccole nuvole di fumo.
Le scarpe risuonavano sui marciapiedi della grande città come risuonavano le zampette di una formica.

In sottofondo si udivano i rumori cittadini. Qualche clacson. Il venditore di giornali che urlava le ultime notizie. Il borbottio dei passanti. Lo stridio di un'automobile sul fondo della strada. Il suono del campanello della drogheria appena sorpassata. Il bambino che piangeva nel suo passeggino. Il ticchettio del tacco dodici di una signora in grigio.

'Bella donna. Sposata da poco. In cerca di un lavoro e con un marito che non la soddisfa', pensò, 'un mese e gli fa le corna'.
Gli piaceva immaginare la storia delle persone solo guardandole.

Aumentò il passo.
Da quando aveva ricevuto il messaggio da Sciay, non aveva fatto altro che correre, non capiva il perché di quelle parole così urgenti.

Le temperature sfioravano i sette gradi, il sole gli lambiva la pelle liscia della fronte, e il profumo di bagel con uova e bacon della bancarella gli solleticava le narici.
Un signore abbastanza alto, forse sul metro e novanta e con un completo  elegante da lavoro, gli urtò bruscamente contro la spalla.
Lo spostò di qualche centimetro.
"Stai più attento a dove metti i piedi ragazzino" disse l'uomo.
"Stai più attento tu bestione" gli rispose con un sorriso sfacciato, sparendo poi velocemente dalla sua vista.

Sentì l'uomo tirare all'aria qualche insulto abbastanza pesate sul fatto 'che i ragazzi di oggi sono tutti maleducati e dovrebbero spedire ogniuno di loro in collegio'.
Sorrise fra sé e se.

La casa di Sciay non era molto distante da dove si trovava in quel momento, era un paio di isolati più avanti.
Si inumidì le labbra secche con la lingua. Aumentò il passo.
Era questione di qualche minuto.
Poi, una macchina accostò di fianco a lui. Appena sentì l'imponente presenza della jeep verde alla sua sinistra rallentò; scostandosi una foglia secca appena caduta sulla sua spalla si volse a guardarla.

"Su, sali" disse Bitzi facendogli un segno.

Salì. Poi, il suo amico disse: "uno" alzò il dito "mi devi 5 dollari per il passaggio", "due ?" chiese lui in modo sarcastico.
"Sai cosa sta succedendo ?" Domandò preoccupato "No, tu ?" "No".

Il viaggio era iniziato da due minuti, due minuti di silenzio, in cui ognuno di loro pensava a quale potrebbe essere stata la causa di quel messaggio sospetto.
Accavallò le gambe, sfiorando leggermente con il piede il porta oggetti sotto la marcia.

"Ehi ehi ehi, attento a dove metti i piedi" lo sgridò Bitzi incenerendolo con lo sguardo, "ma taci, che tuo padre potrebbe regalartene cento di macchine come questa" brontolò lui,
"almeno io la macchina ce l'ho" lo stuzzico l'altro.
"Anch'io ce l'avrei ancora se qualcuno non mi avesse bucato una gomma" mimò con le virgolette 'qualcuno'.
"Dai amico stavo solo imparando a guidare" piagnucolò.
"SI MA NON SI IMPARA A GUIDARE IN UNA STRADINA DI CAMPAGNA PIENA DI RAMI E SASSI !" urlò esasperato lui.

Bitzi ridacchiò punzecchiandolo col gomito.
"Smettila o giuro che ti buco tutte le ruote altro che una" "ok ok".

La conversazione cadde lì.

"Arrivati" canticchiò il rosso scendendo poi dall'auto e andandogli ad aprire la portiera.
Alzò e riabbassò un paio di volte le sopracciglia guardandolo in modo seducente. "smettila" rispose lui in modo seccato, però lasciandosi tradire da un leggero sorriso.

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