Che cosa sarebbe la vita se non avessimo il coraggio di correre dei rischi?
~ Vincent Va GoghPov. Kai
Silenzio.
Un rumore assordante che sentiamo ma non c'è.
Questo è il silenzio
Quello che piombò quando Alyssa parlò così seriamente.
Era un silenzio strano, pieno di parole, di virgole, di punti, di domande.Un fremito mi percosse la schina.
È la mia Alyssa che ha parlato? È sua questa esclamazione ? Questo ordine ? Lei è sempre stata così... Come dire... Così silenziosa, così timida.
Da un po' dava l'impressione di essere cambiata.La sua voce riempì nuovamente la stanza.
"Io e Sciay abbiamo un problema. Vedete... in questo ultimo anno sono successe delle cose..."Questa storia già non mi piace, cioè, non mi piacciono tante cose, però, quando nella stessa frase ci sono le parole 'Sciay' e 'problema' mi piacciono ancora meno.
Issa mi guarda. Le faccio un cenno con la testa per indurla a continuare."Abbiamo bisogno di un favore", "e ci servono più persone" disse Sciay.
Da lì il piano ebbe inizio.
***
Come sarebbe bello volare... Pensava. Come sarebbe bello poter spiccare il volo e sentirsi così leggeri, così liberi.
Osservava il paesaggio collinare all'esterno della sua finestra, l'autunno, l'erba verde ricopriva i campi, vedeva le foglie degli alberi danzare al passare del vento, il sole rifletteva i suoi raggi sul vetro facendo notare dei piccoli granelli di polvere cadere lentamente al suolo.
Che silenzio, pensò, ormai viveva lì da quasi sette mesi; non era brutto come posto, certo c'era molto silenzio, e l'odore di letame certe volte non era molto gradevole, ma non si lamentava.Nives aveva appena raccolto da terra la sua matita a mina leggera con la stampa di una città orientale, quando qualcuno bussò alla porta. Si era messa retta e con un mugolio aveva dato consenso ad aprire. Sua madre aveva fatto capolino nella stanza con dei fogli in mano. Fermandosi davanti alla scrivania l'aveva squadrata da capo a piedi con un sorrisetto sghembo, un accenno di rughe si era formato al lato dei suoi occhi e un profumo familiare si era propagato intorno alla donna.
A Nives non era mai piaciuto il sorriso della madre, non era bello per lei; nonostante tutti lo trovassero attraente o cordiale, a lei aveva sempre fatto disgusto. Certo, i denti erano bianchi e dritti, le labbra sembravano essere state fatte di pasta di zucchero per quanto fossero piene e lisce, e al suo viso donavano particolarmente. Ma a lei non piaceva, non era per la sua forma o per il colore rosato sempre accentuato da un gloss, ma per ciò che trasmetteva, l'aveva sempre trovato inquietante. Finto.
All'interno della Chic ne aveva visti a centinaia di sorrisi come il suo, pieni di invidia e di astio per il prossimo. Sorrisi finti, perfetti, sfoggiati in ogni situazione per fare bella figura o per inganno; sorrisi che ti portavano al baratro, che ti trasmettevano finta fiducia per poi abbatterti un secondo dopo e trasformarsi in un ghigno.
Sua madre aveva dei semplici jeans neri a fasciarle i finachi, una camicetta color cipria lasciava intravedere il suo prosperoso decoltè e un tacco del medesimo colore la alzava di qualche centimetro.
"Ti sei fatta bruttina" aveva ridacchiato. Nives la ignorò. "Ma come. Ignori la tua mamma?" Aveva continuato stizzita, "Cosa vuoi Elizabeth?". La madre sorrise perfida. Tamburellava le unghie laccate sul vecchio legno, poi, le aveva lanciato i fogli che teneva nella mano destra. La ragazza prontamente li aveva afferrati. Sgranò gli occhi. Com'era possibile? Cosa stavano a significare? Alzò lo sguardo verso la madre con occhi supplicanti.
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Vorrei essere di più...
RomanceCos'era ? Cosa voleva essere ? Cosa voleva diventare ? Chi voleva diventare ?