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« Com'è che ti chiami? » chiese alla Vastaya, mentre era intenta a ripulire le ciotole dai residui di cibo.

La fissò straniata, come se la domanda posta fosse molto più complicata.

Da quando avevano avuto quel breve dialogo si era allontanata nuovamente da lei, parlandole solo nei momenti di assoluta necessita. La stava evitando, non aveva più tentato un approccio.

E lei era sicura che temesse farlo.

Si ricordava bene il loro vero primo incontro, cercava di nascondersi da lei. Doveva esserle successo qualcosa per averla spinta in quella direzione e lei non aveva intenzione di sforzarla. Si era dimostrata anche gentile e probabilmente non lo sarebbe più stata se lei avesse iniziato a porle domande sul suo passato.

Il suo nome, però, glielo doveva, era una pura questione di praticità data la loro convivenza.

« Non te l'ho detto? » le chiese confusa.

« No, è da giorni che ti sto chiamando "ehi tu". »

La donna tornò a fissare la ciotola vuota, gli occhi di nuovo colmi di malinconia. Aprì la bocca, ma non vi uscì nessun suono. Aveva paura di dire quella semplice parola, forse temeva l'avrebbe legata a lei, come quella treccia che ricadeva sulle sue spalle.

Le aveva confessato di non essere brava a relazionarsi con le persone, ma era una bugia. Lei semplicemente non lo voleva fare, si era isolata in quella caverna per restare lontana dal mondo esterno. C'era qualcosa che la legava in quell'oscurità, un voto che aveva infranto quando l'aveva trovata in mezzo alla foresta.

Sbuffò e si voltò, lasciandola perdersi nei suoi problemi personali. Doveva prima occuparsi dei suoi, soprattutto ora che stava migliorando. La sua mira con la mano sinistra si era affinata e riusciva a colpire parecchio vicino al suo obiettivo. Si sentiva pronta ad andare all'esterno del tempio per osservare i movimenti dei monaci, probabilmente l'avrebbe già fatto il giorno seguente.

Sentiva l'impellente bisogno di tornare a respirare l'odore della foresta e di vedere l'immenso cielo azzurro distendersi sopra di lei. La libertà le mancava chiusa in quella grotta, era troppo piccola per le sue esigenze. Non poteva correre, non poteva arrampicarsi e non riusciva a percepire completamente la magia vitale della natura di Ionia.

Finché era stato per la sua inabilità a difendersi l'aveva accettato, ora non più.

« Ahri. »

Quel nome la fece precipitare all'interno della sua realtà, in quella spelonca in compagnia di una Vastaya che aveva appena parlato. Le era uscito dalla bocca, era stata più che sicura che non l'avrebbe mai sentito.

Non le suonava familiare, non la conduceva a nessuna delle tribù che conosceva, come il suo stesso aspetto. Forse doveva semplicemente smetterla di domandarsi da dove provenisse.

Interruppe il suo allenamento e le si avvicinò, accucciandosi a pochi centimetri e cercando di fissarla negli occhi. Lei si ritirò, agitando nervosamente le sue code, ma continuò a fissarla con i suoi occhi da volpe. Attendevano una sua reazione o una sua parola, non serenamente. Supplicavano in silenzio di non continuare una conversazione, di tornare entrambe alle loro singole mansioni.

« Sei strana... », le disse alzandosi, « Comunque domani esco e vado a farmi un giro per la zona. Ho bisogno di luce e di respirare. »

« Perché me lo stai dicendo? » le chiese confusa.

« Perché così non ti preoccupi se non mi trovi. »

Un silenzio cupo piombò tra loro due. Le sembrò che nessuna respirasse, congelate in quel momento colmo di tensione.

Un semplice gesto lo ruppe: Ahri con rabbia gettò la ciotola nell'acqua e si voltò verso di lei. Ebbe paura di lei, non riuscì a negarlo a sé stessa. Aveva percepito la forza della sua energia, non sarebbe mai riuscita a sopraffarla se si fosse messa contro di lei.

Ciò che la spaventava di più, però, era il movente per quella reazione. Non le sembrava di aver detto nulla di male, era stata corretta nei suoi confronti. Chiunque si sarebbe preoccupato, dopotutto non era mai uscita dalla grotta.

« Perché lo rendi così difficile?! » le urlò, avvicinandosi.

I suoi occhi, prima annebbiati dalla malinconia, ora risplendevano della scintilla della collera. Una rabbia che non comprendeva e che non sapeva affrontare.

Mosse istintivamente la sua mano verso le sue piume. Non voleva davvero attaccarla, ma non vedeva altre opzioni davanti a sé. Sembrava impazzita, vittima di un incontrollato cambio di umore.

« Perché cerchi di avvicinarti a me? Perché... »

Ahri si nascose il volto tra le mani, nascondendole quegli occhi pronti a piangere.

Allontanò la sua mano dall'ala, la Vastaya non aveva mai avuto intenzione di attaccarla. Non capiva cosa le passasse per la mente, non sapeva come consolarla. Si era isolata, era evidente ed ora lei aveva disturbato quella fragile armonia che aveva creato per sé stessa.

Forse era giunto il momento che trovasse un nuovo nascondiglio ed ognuna prendesse la propria strada.

« Scusa, non volevo dire niente di male. Forse domani... »

Ahri scosse la testa e alzò il volto, asciugandosi una fugace lacrima con una mano.

« Non è colpa tua, sono io il problema. Te l'ho detto no? Non sono brava con le persone », le disse, sorridendole amaramente, « Forse è meglio se ti lasci la grotta e mi trovi un altro nascondiglio. »

Si stava comportando da vittima, autocommiserandosi del suo pessimo carattere. E lei detestava chi si sforzasse di essere compatito. Metteva in luce le sue debolezze per ricevere attenzioni, per venire consolata con parole opposte alle sue.

Le avrebbe quasi creduto, se non fosse andata a cercare un guaritore per curarle il braccio che lei aveva malamente steccato. E non poteva dimenticarsi dell'empatia che era riuscita a creare pochi giorni prima, quando lei le aveva acconciato i suoi capelli. Erano stati tutti gesti dettati dalla sua volontà, quella che ora stava propendendo per un desiderio di allontanamento.

« Fai quello che vuoi. Se te ne vai, però, ti volevo ringraziare per tutto quello che hai fatto. »

« Ti prego, ti ho evitata per tutto questo tempo. » le ribatté, soffocando una lieve risata.

Sentì la rabbia montarle dentro e cercò di calmarsi. Doveva giocare al suo gioco o avrebbe sentito ancora quelle vuote lamentele.

« Ma mi hai anche salvato la vita e questo non lo fa chi non è bravo con le persone» concluse, passandole affianco, « Era quello che volevi sentire, vero? »

Non aveva resistito, non era riuscita a domare la sua voglia di provocarla. Detestava un comportamento simile, la reazione era stata quasi istintiva.

Ahri l'afferrò per la spalla destra e poi le posò una mano sulla guancia, obbligandola a girarsi.

« Non giungere a conclusioni troppo affrettate quando non conosci qualcuno. »

Ciò che vide nei suoi occhi non era più una tacita richiesta di essere commiserata, ma una tagliente sincerità. Quelle parole le pensava veramente, molto più che tutte quelle precedenti.

Ritornò sulle sue posizioni, era una persona strana, forse troppo. Non riusciva a capirla a fondo e aveva quasi paura a farlo. Eppure c'era qualcosa che la spingeva verso di lei, un senso di avvicinamento ad un suo simile dopo tutto quel tempo.

Un suo simile rimasto solo come lei.

Aveva valutato di andarsene, ma non era ciò che voleva veramente. Gli occhi di quella Vastaya non avevano solo il suo stesso colore, riflettevano anche lo stesso senso di solitudine. Non riusciva ad abbandonarla al suo destino, le sembrava di fare del male a sé stessa.

« Sei strana, ma non mi dispiace la tua compagnia. Però se preferisci andartene non sta a me decidere. » le disse, scostando la sua mano.

La lasciò alle sue spalle, dirigendosi verso l'uscita della grotta. Si sarebbe appostata sotto le grandi foglie per godersi un po' d'aria fresca, sperando che la donna si sarebbe schiarita le idee.

Memorie di Xayah - Il passero sperduto e la volpe solitaria ( Original Version )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora