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GIORNO 13
Oggi è il tredicesimo giorno.
Il mio nome è Josh, solo Josh.
E sono passati 5 anni dal giorno in cui mi dissero che sarei morto.
Avevo 14 anni quando incontrai la cotta colossale della mia vita, un ragazzo dai capelli corvini e dallo sguardo vispo, proprio un bel tipetto.
Ci conoscemmo al Seattle Grace Hospital, mi avevano diagnosticato una cardiomiopatia virale, malattia che causava spesso degli scompensi cardiaci. Andai in ospedale quando arrivò la possibilità di un trapianto di cuore e lì lo vidi. Fu la prima cosa che vidi nella mia stanza di riabilitazione, aveva gli occhi più luminosi che avessi mai visto.
Erano passate 3 settimane da quando le nostre voci animavano quella noiosa stanza d'ospedale, quando mi disse che la sua gamba era stata operata per via di una grave infezione. Era la sua determinazione che ammiravo. Ogni giorno lo andavano a trovare i suoi familiari, soprattutto suo fratello con cui discutevo spesso. Ma nonostante il dolore affrontato era sempre sorridente e ottimista. Lo stavano per dimettere dall'ospedale quando la gamba, in precedenza salvata, iniziò ad andare in necrosi. Gli amputarono la gamba e lui entrò in coma per 30 giorni. Il 31esimo si svegliò riniziando a sorridere come prima, ma con un solo problema definitivo. Il cervello non superò il trauma e i ricordi svanirono come cenere. La chiamarono amnesia.
Ci dimessero entrambi, ogni per la propria strada. Non esistevo più per Ethan. Come se non ci fosse stato nulla tra di noi. Niente più sguardi, niente più scherzetti, niente più mano nella mano, niente più Josh e Ethan.
Vuoto.

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