~Prologo~

217 33 14
                                    

La piccola Christine sedeva su una panchina del parco comunale, ormai screpolata dal lento ed inesorabile passare del tempo, tenendo lo sguardo fisso nel vuoto.

I suoi occhi non trasmettevano più ormai quel bronzeo splendore di una volta, capace di sottomettere qualsiasi sguardo.

Ero cupi, spenti, rispecchiando in modo impeccabile, quasi sorprendente la sua anima, ormai triste, disconnessa dal mondo.

L' azzurro dei suoi occhi incuoteva quasi timore.

Un colore scuro, freddo, impassibile, che celava tempesta.

Le pagliuzze giallastre che coronavano l' iride sembravano essersi dissolte nell' immenso mare dei suoi occhi cerulei.

Erano passati solo due mesi, eppure neanche la forza misteriosa del tempo era riuscita in qualche modo ad attutire il dolore nella ragazza.

Dio le aveva tolto l' unico fiore nel suo piccolo giardino di felicità lasciandolo all' abbandono, in preda alle erbacce, privandola della pienezza vitale di cui prima godeva.
Era il suo unico punto fisso in una vita senza certezze. L' unica gioia in una vita di sconfitte.

La ragazza sbatté fra di loro le palpebre, riducendo poi gli occhi a due sottili fessure, sospirando.

Si alzò sbattendo le mani curate, di un nitore quasi impressionante sulle cosce, producendo una piccola nuvoletta di polvere.

I suoi stivaletti in pelle battevano sul marciapiede un ritmo ordinato, monotono.

Le strade erano quasi deserte, dato l' orario.
Probabilmente erano tutti nelle loro case a pranzare, in famiglia, essendo ora di pranzo.

Gli alberi, ornati di piccoli fiorellini abbellivano con il loro profumo le strade di Palgon.
Gli uccellini diffondevano un idilliaca melodia fra le strette viuzze, allietando l' atmosfera.

Il sole aveva ripreso il suo folgore e e irradiva con il sul luminoso calore sui tetti delle case di paese aggrappate sui poggi.
Tutto era rinato. La vita era ripresa a scorrere fluida nelle vene della natura, lasciandosi alle spalle il lungo e freddo inverno.
Quell' aria felice, gaia rievocò in Christine dolorosissimi ricordi.
Alzò gli occhi al cielo nella speranza di trattenere le lacrime.
Un forte bruciore partì dalla gola, diffondendosi come una fiamma sul petto.
Si morse in vano il labbro in modo rude, quasi selvaggio, senza però riuscire a fermare quella piccola goccia salata che ormai era sgorgata dai suoi occhi.
Tirò ancora una volta il labbro con i denti, asciugandosi la lacrima, depositatasi ormai sulla guancia, con il dorso della mano.
Buttò fuori tutta l' aria nei suoi polmoni, producendo un respiro smorzato, irregolare.
Abbassò gli occhi verso le scarpe serrando le labbra tumide in una linea dritta.
Era distrutta internamente e fisicamente.
Non era riuscita ad accettare la scomparsa di Ashton e, probabilmente non ce l' avrebbe mai fatta.
Ashton, un ragazzo riccio dai semplicemente tratti stupedi che folgoravano chiunque lo guardasse e, quegli affascianti occhi verde smeraldo, simili, in molti aspetti a quelli di Christine.
Aveva l' eleganza dentro di sé, nei suoi modi di fare, nella sua rigorosità.
In lui ardeva vispo il fuoco della vita, senza spegnersi.
Lui ,con la sua tenacia e la sua costanza d' animo aveva lasciato nel cuore della gracile Christine un impronta troppo profonda per essere cancellata.

Spazio autore

Ciao:)

Eccomi quì a scrivere la mia quarta storia.

Non so perché ne ho cominciata un altra. Sentivo il bisogno di farlo.

Consigli? Critiche?

Fatevi pure avanti :D

Commentate.

Alla prossima

Gabrylulu

Il profumo della tempesta [l.h]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora